Mottarone, la Gip smonta l'inchiesta, nuove indagini - QdS

Mottarone, la Gip smonta l’inchiesta, nuove indagini

redazione web

Mottarone, la Gip smonta l’inchiesta, nuove indagini

domenica 30 Maggio 2021

Dopo gli interrogatori solo Tadini, che ha ammesso di aver inserito il "forchettone", ai domiciliari. Nerini e Perocchio liberi. La procuratore Bossi, "il procedimento è alle sue fasi iniziali"

Era da poco passata la mezzanotte di ieri quando Gabriele Tadini, caposervizio della funivia del Mottarone, ha lasciato il carcere di Verbania per andare a casa in regime di arresti domiciliari.

Lo aveva stabilito la Gip Donatella Banci Buonamici al termine degli interrogatori di garanzia per la tragedia del Mottarone, che ha provocato una settimana fa la morte di quattordici persone, precipitate con la cabina della funivia.

Accompagnato dal suo legale, Tadini non ha potuto rilasciare dichiarazioni come prevede il regime cautelare. Ma l’avvocato Marcello Perillo ha affermato che gli arresti domiciliari “sono la soluzione che può mitigare sia le esigenze cautelari che la gravità del fatto”.

Ma la vera notizia è che la magistrato ha smontato l’inchiesta condotta dalla procuratore Olimpia Bossi, che aveva chiesto la convalida del fermo nei confronti non solo dello stesso Tadini, che aveva affermato di aver inserito il “forchettone” per bloccare il freno, ma anche di Luigi Nerini, gestore della funivia, e di Enrico Perocchio, direttore di esercizio.

Invece Nerini e Perrocchio sono stati rimessi in libertà.

Mancanza d’indizi su Nerini e Perocchio

“Palese è al momento della richiesta di convalida del fermo e di applicazione della misura cautelare la totale mancanza di indizi a carico di Nerini e Perocchio che non siano mere, anche suggestive supposizioni”.

Così ha scritto la Gip Buonamici nell’ordinanza di ieri, parlando di “scarno quadro indiziario” ancora “più indebolito” con gli interrogatori.

Operaio, Tadini ordinò di disattivare freni

Sarebbe stato Gabriele Tadini, secondo un dipendente della funivia, a “ordinare” di mettere “i ceppi” per bloccare i freni di emergenza della cabina e la loro installazione era “avvenuta già dall’inizio della stagione”, il “26 aprile”, quando l’impianto tornò in funzione dopo le restrizioni anti-Covid.

Il dipendente, sentito come teste nelle indagini dei pm di Verbania, ha rivelato che il tecnico aveva ordinato di “far funzionare l’impianto con i ceppi inseriti”, a causa delle anomalie al sistema frenante non risolte, “anche se non erano garantite le condizioni di sicurezza necessarie”.

Gip, Tadini incolpa altri per condividere peso

Tadini aveva ammesso di aver piazzato i forchettoni per disattivare i freni, sostenendo però che il gestore Luigi Nerini e il direttore di esercizio Enrico Perocchio avrebbero avallato la scelta.
E questo perché sapeva bene, scrive la Gip nell’ordinanza, che “il suo gesto scellerato aveva provocato la morte di quattordici persone” e per questo avrebbe condiviso “questo immane peso, anche economico” con le “uniche due persone che avrebbero avuto la possibilità di sostenere un risarcimento danni”.

Per questo ha chiamato “in correità” i “soggetti forti del gruppo”, per attenuare le sue “responsabilità”.

Le “scarne dichiarazioni di Tadini”, aggiunge la Gip, “rese peraltro di notte, dopo sette ore dalla convocazione in caserma, alla presenza di un difensore d’ufficio”, non hanno consentito “alcun vaglio di attendibilità, né alcuna possibilità di dettagliare e circostanziare le accuse elevate contro i coindagati”. E, prosegue il giudice, “nemmeno alcun riscontro” è emerso “dalle dichiarazioni già rese dai dipendenti della Funivie Mottarone” sentiti nelle indagini il 25 maggio.

Gip, pm sbagliano su pericolo fuga per clamore

Secondo la Gip, inoltre, è “palese” la “totale irrilevanza” del riferimento, fatto dai pm di Verbania nella richiesta di convalida del fermo e di custodia in carcere, al “clamore mediatico nazionale e internazionale” dell’incidente della funivia del Mottarone per sostenere il “pericolo di fuga” dei fermati. Il giudice spiega che non si può far “ricadere” su un indagato il “clamore mediatico”.

Pm, procedimento alle fasi iniziali

“Questa è chiaramente la fase cautelare – ha commentato la procuratore Bossi dopo aver preso atto della decisione della Gip – e il procedimento è alle sue fasi iniziali”.

E la Procura ha fatto sapere che, dopo aver letto attentamente le motivazioni, farà le proprie valutazioni.

“Esistono semmai strumenti di impugnazione” ha sottolineato la pm, aggiungendo di esser stata convinta nell’aver fatto la richiesta di custodia cautelare in carcere per tutti e tre gli indagati.

“Abbiamo programmato – ha aggiunto – nuovi accertamenti nelle indagini, che proseguiranno. Gli indagati restano gli stessi e manca l’accertamento sul perché la famosa fune si è rotta”.

Ora, ha aggiunto il magistrato, “bisogna accertare tutte le responsabilità di chi ha concorso a causare questo terribile incidente e da domani riprenderemo con tutti i passi tecnici che dovremo fare”.

Gip, testi accusano solo Tadini

Dalle dichiarazioni dei dipendenti della funivia del Mottarone, dunque, tutte riportate nell’ordinanza del Gip, “appare evidente il contenuto fortemente accusatorio nei confronti del Tadini”, caposervizio dell’impianto, perché “tutti concordemente hanno dichiarato che la decisione di mantenere i ceppi era stata sua, mentre nessuno ha parlato del gestore o del direttore di servizio”.

Le dichiarazioni dei testimoni, insomma, “smentiscono” la “chiamata in correità” di Tadini nei confronti di Nerini e Perocchio.

Legale Perocchio, il fermo fu forzatura

Poco prima che uscisse dal carcere, Andrea Da Prato, legale di Enrico Perocchio, ha riferito che il suo cliente era “felice” e aveva chiesto di “poter contattare immediatamente la moglie”.

“Il giudice – ha detto Da Prato – ha stabilito che il fermo era forzato. Con un’impostazione più calma e obiettiva si poteva fare diversamente”.

Perocchio, disperato per vittime

“Sono contento di tornare dalla mia famiglia, ma sono disperato per le quattordici vittime” ha detto ai cronisti appena uscito dal carcere il direttore di esercizio del Mottarone.

“L’errore – ha affermato Perocchio – è stato mettere i forchettoni per ovviare a un problema che si sarebbe risolto. Se avessi saputo che erano stati messi non avrei avvallato la scelta, in carcere stavo male per le persone mancate e per la mia famiglia”.

Sempre parlando con i cronisti, l’ingegnere ha poi spiegato di non riuscire a darsi una spiegazione su cosa sia successo alla fune che si è spezzata.

“Tutte le manutenzioni sono state fatte – ha aggiunto – ora vedremo dalle analisi, io quel giorno sono partito immediatamente appena ho saputo della strage, mi sono sentito morire quando ho saputo delle accuse dei pm, ho sentito come un macigno addosso”.

Perocchio ha chiarito come “fisicamente” non toccasse a lui controllare se i forchettoni sui freni erano rimasti inseriti.

“Non so perché Tadini abbia detto che io ho avvallato la sua scelta”, aggiungendo di non avere “mai ricevuto da Nerini”, il gestore dell’impianto, “pressioni per mantenere la funivia aperta”.

“Questa tragedia – ha concluso, prima di andare a casa – la ricorderò per tutta la vita”.

Nerini torna libero

Anche Luigi Nerini, gestore del Mottarone, ha lasciato il carcere di Verbania, ma non ha voluto rilasciare dichiarazioni come hanno chiarito i suoi legali.

Ha detto di essere “contento” all’avvocato Pasquale Pantano che lo difende, aggiungendo che ora “bisogna trovare i responsabili, non c’è motivo di gioire, bisogna capire cosa è successo”.

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