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N come Nascondiglio

redazione

N come Nascondiglio

Franco Gabrielli  |
giovedì 25 Maggio 2023

La vita ha maggiore fragranza se ci conserviamo un nascondiglio

La vita ha maggiore fragranza se ci conserviamo un nascondiglio, un luogo che ci occulti, che non sia fruibile e controllabile dallo sguardo della trasparenza. Ne dobbiamo essere fedeli custodi, parola la cui radice kudh indica “l’avvolgere, il coprire, il difendere, il proteggere”.

Si protegge il proprio nascondiglio, si veglia con cura e assiduità sulla propria singolarità, quando ci si ama, ci si appropria di sé, non ci si espone come merce da usare e gettare via, oppure, mistificando, per qualità che non si hanno, per presunte capacità garantite solo dall’utile, dal tornaconto dei potenti, grandi e piccoli, che popolano il mondo.

Il proprio nascondiglio va curato ogni giorno, addestrato nell’esercizio della bellezza, anche quando sopraggiunge l’umana stanchezza: “In una condizione di stanchezza – scrive Edith Stein -, in cui mi sento quasi senza vita, interiormente irrigidita, prendo un libro o una poesia che amo in modo particolare e vengo colta dall’entusiasmo per la loro bellezza. In un primo momento, forse mi sarà difficile ritrovare l’entusiasmo […] ma, nel momento in cui esso comincia ad affiorare, mi riempie sempre di più fino a invadermi completamente; la stanchezza scompare e mi sento come rinata, mi sento in forma e vivace, piena di stimoli per intraprendere una nuova attività vitale”.

Si badi, custodire il proprio nascondiglio non significa affatto ritirarsi con spirito aristocratico e distaccato in una dimensione interiore povera di mondo, semmai preservare la propria officina del bello dalla sua possibile commercializzazione.

L’erotismo della bellezza richiede pudore, in quanto non si lascia ridurre a semplice presenza, a un oggetto inerte che mi sta davanti perché lo possa manipolare, padroneggiare, riciclare, ma a un segreto, quello del singolo che lo incarna e lo custodisce, in cui abbandonare ogni mia pretesa di dominio.

Eros ama il dischiudersi, l’apparizione fugace, il luccichio di un lembo di pelle scoperta, la bellezza che, irrompendo, si ritrae; non abita la nudità estrema, esposta senza interruzione alcuna, altrimenti sarebbe pornografia.

Eros ci richiama sempre alle logiche dell’abbandono: abbandonarsi con fiducia all’altro, capace di accogliere con gratitudine il nostro talento. Non è forse questa la ricompensa più alta per genitori, formatori, imprenditori, quando sentono riconosciuta la loro opera di bellezza, ne avvertono a fior di pelle la gratitudine?

E viceversa, figli, studenti, lavoratori, non si sentono appagati profondamente, quando sono stati abbandonati dalle pretese signoreggianti di genitori, insegnanti, imprenditori, per lasciare libero spazio al loro amor proprio, alle qualità singolarissime con cui testimoniare la loro dignità, il loro valore?

La custodia del proprio nascondiglio, infine, è vitale esercizio di attenzione. Attenzione alla propria chiamata, alla propria vocazione, alla lucidità con cui renderla operativa, alla passione con cui farla crescere.

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