Natale amaro: aumentano i siciliani poveri - QdS

Natale amaro: aumentano i siciliani poveri

Melania Tanteri

Natale amaro: aumentano i siciliani poveri

mercoledì 21 Dicembre 2022

Inflazione, caro energia e disoccupazione: un mix esplosivo in Sicilia dove la povertà, secondo le associazioni di volontariato, sta ulteriormente crescendo. Alla Caritas aumentano gli insospettabili

Povertà in crescita esponenziale. In Sicilia, come nel resto del Paese, aumentano le persone che non riescono più a fare fronte ai bisogni, a partire da quelli alimentari. Un impoverimento che riguarda una fascia sempre più ampia di cittadini, costretti dalla crisi e dall’inflazione a rinunciare ad alcune priorità pur di arrivare a fine mese, o a rivolgersi agli enti assistenziali. Una situazione economica cristallizzata nei dati dell’ultimo rapporto Svimez e che le previsioni economiche per il nuovo anno non sembra riusciranno a modificare. Non nell’immediato. Secondo il rapporto, nel 2023 il Mezzogiorno rischia la recessione con un Pil che potrebbe contrarsi fino a -0,4% contro il +2,9% di quest’anno. Alla crescita rallentata della produzione industriale si collega la grave congiuntura economica e il caro energia che, sempre secondo il documento, impoverirà ulteriormente le famiglie meridionali, comprese quelle siciliane.

“A causa dei rincari dei beni energetici e alimentari l’incidenza delle famiglie in povertà assoluta potrebbe crescere di circa un punto percentuale salendo all’8,6%, con forti eterogeneità territoriali: +2,8 punti percentuali nel Mezzogiorno, contro lo 0,3 del Nord e lo 0,4 del Centro”, si legge. Sempre secondo le stime Svimez, nelle regioni meridionali si conteranno mezzo milione di poveri in più.

Il caro bollette non è l’unico elemento che pesa nell’economia delle famiglie siciliane. L’aumento degli affitti e dei costi sui generi alimentari aggravano una situazione già delicata. Per la quale, gli enti di assistenza stanno correndo ai ripari. “Il 2022 si chiude in Sicilia con un 10% della popolazione ancora più povera – afferma Emiliano Abramo, presidente della Comunità di Sant’Egidio a Catania -. L’anno si chiude con l’emergenza formazione e una nuova questione femminile – sostiene: in Sicilia, non c’è più una proposta formativa per giovani proprio nella regione con il record europeo di neet e, tra questi, con il numero più alto di donne. C’è il ritorno all’idea della donna a casa che pulisce e stira e sulla quale non bisogna investire in formazione, e questo mi preoccupa”.

Una congiuntura economica delicata, dunque, che senza correttivi, rischia di far precipitare il Paese indietro di secoli. “Siamo tornati indietro – continua Abramo. è tornata la guerra in Europa e queste dinamiche, come emergenza alimentare, analfabetismo, dispersione scolastica e formativa, sono realtà che l’Italia affrontava all’indomani della guerra. Mi sembra, però, che si stiano attivando delle reti di dialogo tra associazioni che hanno prossimità territoriale e istituzioni – la legge sulla povertà nasce così – e questo è positivo. Credo poi che su Catania vi sia un’attenzione importante da parte del Vescovo, l’Università ha dato locali a Sant’Egidio dove si fa distribuzione aggiuntiva di generi alimentari. Insomma, si fa tanto ma questo non è sufficiente perché c’è stata un’esplosone della povertà ma la direzione è quella giusta”.

Secondo Abramo, a Catania il numero dei poveri complessivamente è aumentato. “Sant’Egidio è cresciuta perché è cresciuta la povertà – afferma. E questi sono numeri uguali in tutta la Sicilia, soprattutto nelle grandi città”. Occorre dunque correre ai ripari, anche in vista del prossimo anno. “Il Natale sta liberando molte energie di persone che vogliono servire i poveri – conclude Abramo – ma c’è bisogno dei locali. Noi vogliamo rispondere in modo umano e non disumanizzare le emergenze. Stiamo ampliando il dialogo con le istituzioni, perché c’è bisogno di una rete che alimenti un dibattito con i poveri e sui poveri”.

In molti non hanno nemmeno una casa. Stando alla Federazione italiana organismi per le persone senza dimora, in Italia ci sono più di 50 mila senzatetto, tra i quali nei primi 11 mesi dell’anno sono state registrate 325 morti legate alle condizioni di precarietà in cui vivono.

I nuovi poveri in coda alla Caritas di Catania

Sono prevalentemente italiani (il 70%) e molti di loro sono commercianti, artigiani e qualche libero professionista. È l’identikit dei poveri secondo la Caritas di Catania e le stime relative al primo semestre del 2022 dell’Help center secondo cui, rispetto all’anno precedente, in città si conta il 15% in più di utenti, che diventano il 45 per cento se si considera il numero dei “nuovi poveri”. La conferma arriva direttamente da Salvo Pappalardo, vicedirettore della Caritas Diocesana di Catania.

“Registriamo negli ultimi mesi una crescita delle richieste che arrivano soprattutto dai cosiddetti ‘nuovi poveri’ che sono principalmente piccoli artigiani e commercianti – afferma. In molti, sono stati costretti a chiudere la propria attività perché stritolati dalle conseguenze dell’emergenza sanitaria, dal caro energia, e da una stagnazione dell’economia. Cerchiamo di supportarli – aggiunge – e, quando possibile, di fornirgli una nuova possibilità di fare impresa tramite il microcredito”.

Rosario Faraci
Rosario Faraci, docente di Economia e gestione delle imprese dell’Università di Catania

Il prof. Faraci: “Il 2023 sarà un anno di recrudescenza per la nuova povertà”

Intervista al docente di Economia e gestione delle imprese dell’Università di Catania

CATANIA – Una crisi economica che sembra mostrare i segni della gravità. Crescita a rilento per le regioni del Sud e Sicilia a forte rischio impoverimento. Abbiamo chiesto al professor Rosario Faraci, docente di Economia e Gestione delle Imprese all’Università di Catania, di commentare il dato economico di questa fine d’anno e l’estensione delle difficoltà economiche a fasce di popolazione che, fino a oggi, riuscivano anche a risparmiare.

“Dopo l’effetto rimbalzo dell’economia nel 2021, a seguito del Covid-19, il 2022 è stato un anno di indebolimento della ripresa economica – dice il docente -. Per le famiglie, l’anno in corso si chiuderà con un portafoglio più leggero, nel senso che è stato progressivamente svuotato dall’incremento dei costi per l’energia e dall’aumento dei prezzi al consumo. L’inflazione ha colpito i nuclei meno abbienti per effetto dei rincari nella spesa per abitazione, acqua, elettricità e beni alimentari. Soltanto le misure di sostegno ai redditi familiari e il reddito di cittadinanza hanno contribuito a contenere l’impatto dell’inflazione sui consumi dei beni, altrimenti l’incidenza sarebbe stata maggiore”.

Catania, città con l’inflazione più alta, evidenzia quanto affermato dal docente. “Qui è stata addirittura superiore alla media nazionale e la città risulta la più cara del Paese. Inoltre è scarsa la concorrenza fra le insegne della grande distribuzione organizzata, pur essendoci tante aziende commerciali presenti nel territorio”. Svimez prevede un 2023 a rischio di recessione nel Sud.

Difficile sarà il 2023, soprattutto nei primi sei mesi – conferma Faraci. Dovrebbe esserci un rientro dal picco di inflazione del 2022, ma questo avverrà più lentamente nel Mezzogiorno. In questa area del Paese, permarrà sempre uno sbilanciamento sfavorevole agli investimenti produttivi delle imprese. Qui più che altrove, l’industria è più esposta allo shock energetico. Sempre per le imprese, l’impennata dell’inflazione implicherà una erosione dei margini di redditività particolarmente allarmante. Riducendosi la redditività, molte imprese sono a rischio di sopravvivenza. Tra l’altro – prosegue – dalla crisi del 2008 in poi, dalla quale l’economia meridionale non si è più ripresa, si è registrato un progressivo peggioramento della qualità del lavoro, con l’aumento del precariato e una crescita del cosiddetto working poor, cioè dei lavoratori a basso reddito. Quindi il 2023 sarà un anno di recrudescenza per le nuove povertà”.

Insomma, anche per gli economisti, “la povertà rischia di aumentare e questa rappresenta la vera emergenza economica del Paese – sostiene Faraci – dato che si va pericolosamente allargando ad altre fasce sociali. Infatti, c’è una questione salariale importante, poiché avere un lavoro spesso non protegge dal rischio povertà”.

I numeri del Banco alimentare: meno prodotti freschi

Malnutrizione. L’emergenza nell’emergenza povertà è legata al cibo e alla possibilità di acquistare alimenti freschi e sani. Secondo i dati del Banco Alimentare siciliano, il confronto tra i primi 9 mesi del 2021 e del 2022 evidenzia come vengano raccolti meno alimenti con importanti componenti nutrizionali: latte, frutta e verdura, olio, ad esempio. Conseguenza della guerra in Ucraina ma anche delle condizioni economiche che hanno portano i donatori a contrarre o modificare la tipologia di prodotti da donare.

“I prodotti recuperati, raccolti o donati che ci servono maggiormente sono i freschi, in particolare l’ortofrutta, ma i quantitativi si sono ridotti immediatamente dopo lo scoppio della guerra. Alimenti come pasta, latte e olio hanno avuto una contrazione successiva, dovuta essenzialmente all’aumento dei costi delle materie prime che hanno generato l’inflazione” – spiega il direttore del Banco siciliano, Domenico Messina. “E’ evidente che, quando si verificano aumenti sui beni di prima necessità, il carrello della spesa si compone in maniera diversa”. Messina parla di “condivisione”, per aiutare chi si trova in condizioni difficili e non riesce a trovare cibo.

Un problema che può diventare sociale, se non affrontato. Come spiega il professor Francesco Pira, docente di Sociologia dei processi culturali e comunicativi dell’Università di Messina.

“Il problema della povertà alimentare esiste ed è stato affrontato anche dalla Fao – spiega. La stessa Fao sostiene che sono 4 le condizioni che vanno a determinare la sicurezza alimentare: una è legata alla disponibilità di cibo, una è l’accessibilità al cibo, alla sua utilizzabilità e infine alla stabilità. Queste quattro condizioni di cui parla la Fao hanno determinato una serie di ragionamenti. Oggi la guerra sta generando nuove forme di povertà con flussi che si stanno muovendo anche in Europa. Questo certamente determina una situazione non semplice da affrontare e che forse non ci vede pronti. Oggi vediamo aumentare la richiesta alimentare anche in comunità che non hanno avuto fino a oggi problemi di mancanza di cibo”.

Il problema esiste, ed è collegato anche a quello energetico, e innesca, secondo il docente, un odio sociale che potrebbe sfociare in tensioni forti dati dalla disuguaglianza sociale. Per questo occorre intervenire. “Il problema è che pensavamo che la pandemia e quel che è successo nel corso dell’emergenza sanitaria fosse risolto – conclude -. Ma poi è scoppiata la guerra”.

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