Non solo Palermo e Catania: ecco la pericolosa mafia di provincia

Non solo Palermo e Catania: ecco la pericolosa mafia di provincia

Daniele D'Alessandro

Non solo Palermo e Catania: ecco la pericolosa mafia di provincia

Roberto Greco  |
domenica 16 Aprile 2023

La relazione della Direzione Investigativa Antimafia lascia poco spazio all'immaginazione: la mafia sembra ben radicata su tutta la Sicilia

Nella relazione della Direzione Investigativa Antimafia, che fa riferimento al primo semestre 2022, l’analisi della situazione riguardante la Sicilia mostra un quadro di diffusione capillare sul territorio anche se, ognuna delle province ha una suo connotazione storica. Emerge fortemente il dato che la diffusione delle consorterie mafiose riveste tutta l’isola, non solo Palermo e Catania.

Trapani, mafia a vocazione imprenditoriale e massoneria

Cosa nostra trapanese, si legge nella relazione della DIA, nel conservare le tradizionali connotazioni strutturali conferma la sua spiccata vocazione di tipo economico-imprenditoriale. Con il successo dell’operazione che ha portato all’arresto di Matteo Messina Denaro «figura di vertice della mafia in provincia di Trapani e non solo» lo scorso 16 gennaio, risulta evidente che «le molteplici e ininterrotte attività investigative degli ultimi anni, avviate a carico dei molteplici fiancheggiatori del boss41, hanno contribuito ad indebolire la fitta rete di protezione, rendendone la latitanza sempre più difficoltosa.

Rete di protezione, come dimostrano gli arresti che dai giorni immediatamente successivi al 16 gennaio a oggi, hanno ribadito il calibro e l’importanza della famiglia mafiosa dei Bonafede e l’influenza che il patriarca Leonardo, morto il 22 novembre 2020, abbia avuto su quel territorio, influenza che ha lasciato in eredità alla famiglia assieme alla fedeltà assoluta alla famiglia Messina Denaro.

Il contesto criminale della provincia di Trapani è altresì caratterizzato, si legge nella relazione, da una significativa presenza di “logge massoniche” segrete o deviate che talvolta infiltrano il locale tessuto economico-sociale con interferenze negli apparati degli Enti locali e nella gestione degli appalti pubblici.
Cosa nostra trapanese continua a mantenere l’accertata articolazione su 4 mandamenti e, pur evitando eclatanti episodi di violenza46, persegue i propri interessi illeciti garantendosi un forte legame anche con le consorterie statunitensi. I comuni interessi di esponenti mafiosi e imprenditori ritenuti vicini a Cosa nostra influenzano significativamente l’economia legale. Tra gli interessi di Cosa nostra trapanese, la relazione evidenzia il settore del gaming, straordinario strumento per il riciclaggio dei capitali illeciti.

Agrigento, il contrasto tra Cosa nostra e Stidda

Lo scenario criminale nella provincia di Agrigento evidenzia la compresenza di due realtà mafiose storicamente radicate in quel territorio: Cosa nostra e Stidda che, anche se in passato le due matrici criminali hanno conosciuto momenti di cruenta contrapposizione, oggi convivono senza evidenti contrasti nel reciproco interesse di spartirsi proficuamente le attività criminali nel territorio della provincia.
Non si tratta certo di una novità. La Stidda, una mafia che opera nella Sicilia meridionale, è attiva in quel territorio dalla fine degli anni ’80. Nel 1987 a Gela iniziò un violento conflitto tra una banda stiddara, capeggiata dagli ex pastori Salvatore Lauretta e Orazio Coccomini, che entrò in contrasto con gruppi mafiosi Rinzivillo ed Emmanuello, guidati da Giuseppe “Piddu” Madonia.

Le ragioni dello scontro erano la spartizione dei sub-appalti riguardanti il secondo lotto relativo alla costruzione della diga Disueri.

Esistono però, si legge nella relazione della DIA, «pericolose “frizioni” tra esponenti ai vertici di Cosa nostra e alcuni stiddari attivi a Palma di Montechiaro (AG) sorte sul controllo e sulla gestione di attività illecite connesse con il mercato ortofrutticolo. Tali evenienze potrebbero, nel tempo, rimettere in discussione il tacito accordo di non belligeranza che contraddistingue da anni la cosiddetta “Valle dei Templi”».

Nel contesto agrigentino risulterebbero, inoltre, attivi anche alcuni gruppi criminali su base familiare, denominati “famigghiedde” e “paracchi”, che agiscono secondo le tipiche logiche mafiose operando autonomamente rispetto a Cosa nostra e alle consorterie stiddare.

Cosa nostra agrigentina risulta tuttora articolata in 7 mandamenti (Agrigento, Burgio, del Belice, Santa Elisabetta, Cianciana, Canicattì e Palma di Montechiaro) nel cui ambito opererebbero 42 famiglie.

Negli ultimi anni si assiste a un singolare fenomeno, quello della cosiddetta emigrazione criminale, basato sulla propensione della mafia agrigentina a trasferire i propri interessi illeciti al di fuori dei tradizionali con ni di competenza.

Questo dato è emerso «nell’ambito dell’operazione “Nautilus” condotta in provincia di Agrigento, di Salerno e in altre zone del territorio nazionale dai Carabinieri. L’indagine ha fatto luce anche su una serie indeterminata di delitti in materia di giochi e scommesse illegali con l’aggravante, per taluni di questi reati, di aver agevolato il clan camorristico dei “Casalesi”».

Caltanissetta, mafia infiltrata del tessuto economico-sociale

Anche nella provincia di Caltanissetta sembra oramai consolidata la tendenza della criminalità organizzata a prediligere una silente infiltrazione del tessuto socio-economico in luogo dei più tradizionali metodi violenti.

L’articolazione di Cosa nostra nissena sarebbe rimasta invariata: nella parte settentrionale della provincia i mandamenti di MUSSOMELI e di VALLELUNGA PRATAMENO sotto l’influenza dei MADONIA e sul versante meridionale i mandamenti di RIESI e GELA. Nell’ambito di quest’ultimo mandamento, oltre alla famiglia di NISCEMI, operano le locali famiglie di cosa nostra degli EMMANUELLO e dei RINZIVILLO.

La Stidda invece continua a conservare la sua influenza nei territori di Gela e Niscemi.

Come nell’agrigentino, anche a Caltanissetta coesistono Cosa nostra e Stidda i cui rapporti si mantengono tendenzialmente pacifici a seguito di reciproci accordi per la spartizione economica derivante dagli degli affari criminali. Altre evidenze investigative, si legge sulla relazione, hanno documentato l’operatività di altri sodalizi criminali non direttamente collegati alle famiglie di mafia, verosimilmente con il placet di Cosa nostra e Stidda per operare nei medesimi contesti territoriali.

Nel semestre di riferimento della relazione, si sono registrati diversi casi di attentati incendiari, atti intimidatori e di tentata estorsione, segno che il tessuto sociale e imprenditoriale non solo risulta permeabile alle infiltrazioni mafiose ma viene tenuto “sotto scacco” dalle consorterie mafiose.

La relazione evidenzia come anche il ciclo dei rifiuti continua ad essere un settore particolarmente vulnerabile all’interferenza d’interessi privati «nella gestione del servizio che spesso culmina con gravi ingerenze di Cosa nostra nei preliminari processi decisionali della Pubblica Amministrazione».

Enna, terra di conquista da parte della mafia

La fotografia della relazione relative alla provincia di Enna la raffigura come «territorio di espansione per le organizzazioni di Cosa nostra nissena, catanese e messinese».

Il contrasto operato dalle forze dell’ordine in questi ultimi anni alle consorterie mafiose e che ha colpito le famiglie ennesi, ha favorito l’inserimento soprattutto «dei catanesi che, approfittando della minore forza dei sodalizi locali e in assenza di una riconosciuta guida operativa, si sarebbero spinti nella provincia per stringere alleanze con la criminalità locale».

Sotto il profilo strutturale, Cosa nostra ennese risulta articolata in 5 storiche famiglie che agiscono tra Enna, Barrafranca, Pietraperzia, Villarosa e Calascibetta. A queste famiglie risultano collegati alcuni gruppi attivi nei territori di Piazza Armerina, Aidone, Agira, Valguarnera Caropepe, Leonforte1, Centuripe, Regalbuto, Troina e Catenanuova.

Gli interessi principali della criminalità ennese riguarda il traffico, lo spaccio di stupefacenti e le estorsioni. Il principale settore cardine dell’economia legale nella provincia di Enna è rappresentato dal comparto agro-pastorale che richiama le consorterie mafiose interessate all’indebita percezione di contributi comunitari per il sostegno allo sviluppo rurale.

Siracusa, territorio spartito grazie a interessi comuni

Il territorio siracusano risulta caratterizzato dalla presenza di due macro gruppi di riferimento che esercitano la loro influenza in ambiti geografici ben definiti. Nel quadrante nord della città di Siracusa è presente il gruppo SANTA PANAGIA, frangia cittadina della ramificata compagine NARDO-APARO-TRIGILA a sua volta collegata alla famiglia SANTAPAOLA-ERCOLANO di Cosa nostra catanese.

Nel contesto urbano si colloca anche il sodalizio dei BOTTARO-ATTANASIO legato anche al clan etneo dei CAPPELLO e molto attivo nelle estorsioni e nello spaccio di sostanze stupefacenti che costituisce la principale fonte di guadagno anche per le altre consorterie. È, di fatto, stata concordata una logica di spartizione territoriale per gestire in piena autonomia le piazze di spaccio di stupefacente prevalentemente approvvigionato dai sodalizi mafiosi etnei.

Permane l’influenza della citata famiglia NARDO, seppur pesantemente colpita dalle operazioni delle forze dell’ordine, nella parte settentrionale della provincia (Lentini, Carlentini ed Augusta) mentre zona sud prossima ai centri di Noto, Pachino, Avola, Rosolini ed altri ancora, appare da tempo sotto il controllo del clan TRIGILA che conserva la sua posizione dominante nel settore del trasporto su gomma di prodotti ortofrutticoli, della produzione di pedane e della produzione e commercio di prodotti caseari.

Nella frazione Cassibile, a sud della città di Siracusa, risulta attivo il sodalizio dei LINGUANTI, articolazione dei TRIGILA, mentre nei territori di Pachino e Portopalo di Capo Passero prevale l’egemonia del clan GIULIANO, “vicino” al clan TRIGILA, del quale sono stati accertati, in pregresse attività d’indagine, radicati legami con i CAPPELLO di Catania ed i cui interessi criminali convergono nei settori delle estorsioni e nel controllo delle attività legate al commercio dei prodotti ortofrutticoli. La zona pedemontana della provincia aretusea, compresa tra i Comuni di Floridia, Solarino e Sortino, risente invece dell’influenza criminale degli APARO, consorteria particolarmente attiva nelle estorsioni, nell’usura e negli stupefacenti.

Altre organizzazioni, non qualificabili di tipo mafioso, rivestono una rilevanza nel panorama criminale provinciale con interessi che continuano a manifestarsi nei tradizionali settori del traffico e dello spaccio di stupefacenti, delle estorsioni, del gioco d’azzardo e dell’usura. Quest’ultimo ambito si conferma tra le forme delittuose più ricorrenti talvolta connesso con lo “sfruttamento” della ludopatia favorita dal sistema delle piattaforme on-line di gioco e scommesse.

Ragusa, sotto scacco della Stidda

Anche in provincia di Ragusa coesistono distinte organizzazioni ma ose. Da una parte la già citata Stidda, prevalentemente radicata nei territori di Vittoria, Comiso, Acate e Scicli, dall’altra cosa nostra che risente significativamente dell’influenza delle consorterie catanesi.

A Vittoria si registra un assetto sostanzialmente stabile dell’organizzazione stiddara in cui il clan DOMINANTE-CARBONARO si confermerebbe quale sodalizio di maggiore rilievo. In antitesi a questa consorteria, nel territorio ibleo opera invece la famiglia PISCOPO, legata alla famiglia EMMANUELLO di Cosa nostra nissena. A Scicli permane l’influenza del gruppo dei MORMINA, propaggine della famiglia MAZZEI di Catania, dedito prevalentemente al traffico di stupefacenti e alle estorsioni.

Gli interessi delle organizzazioni criminali ragusane appaiono orientati anche all’infiltrazione delle attività economiche lecite per reinvestire le somme di denaro illegalmente accumulate derivante dal traffico e spaccio delle sostanze stupefacenti.

Il settore più esposto risulta quello agroalimentare, anche tenuto conto della presenza dell’imponente mercato ortofrutticolo di Vittoria quale snodo per la raccolta e lo smistamento della produzione agricola.

Messina, non più “provincia babba” ma hub tra le consorterie di mafia

Le attività investigative confermano ancora come la provincia, e in particolare la città di Messina, rappresenti un importante hub per le diverse organizzazioni criminali. Tale aspetto conferisce alla mafia messinese caratteristiche mutevoli a seconda del territorio provinciale di riferimento. Le consorterie attive nel quadrante nord-ovest della provincia presentano strutture organizzative e modus operandi analoghi a quelli di Cosa nostra palermitana mentre la fascia ionica, che ricomprende la quasi totalità del capoluogo e tutta l’area a sud sino ai con ni con la provincia di Catania, risente invece della forte influenza dei gruppi criminali etnei. Sempre attuali sono poi le convergenze criminali tra sodalizi messinesi e le vicine ‘ndrine calabresi finalizzate prevalentemente al traffico di stupefacenti dato che conferma come la Calabria rappresenti, per le consorterie peloritane, il canale preferito di approvvigionamento di droga da immettere nelle locali piazze di spaccio.

Nella parte settentrionale della provincia continuerebbe ad operare la cosiddetta “famiglia barcellonese” che include i gruppi dei “Barcellonesi”, dei “Mazzarroti”, di “Milazzo” e di “Terme Vigliatore” mentre nella “zona nebroidea” risulterebbero radicati i sodalizi dei “tortoriciani”, dei “batanesi”, dei “brontesi” e la famiglia di Mistretta. Quest’ultima, ritenuta legata al mandamento palermitano di San Mauro Castelverde, influenzerebbe l’area confinante con la provincia di Palermo ed Enna.

Le consorterie mafiose riconducibili al comprensorio di Tortorici (ME) e, in particolare, quelle dei “tortoriciani” e dei “batanesi” trarrebbero rilevanti quote di profitti dall’illecito accaparramento dei finanziamenti pubblici destinati allo sviluppo agropastorale. La zona sud di Messina, in particolare il quartiere “Santa Lucia sopra Contesse”, si caratterizza per l’egemonia del clan SPARTA’, violento gruppo criminale del quale recenti attività investigative ne hanno sottolineato la capacità di interagire con sodalizi criminali di altre province soprattutto nel settore del traffico di stupefacenti.

La “zona centro” del capoluogo rimarrebbe appannaggio di diverse entità criminali che cooperano fra loro, evitando, per quanto possibile, azioni conflittuali. Nel quartiere “Provinciale” risulta egemone il clan LO DUCA attivo nelle estorsioni con la cosiddetta “messa a posto” e nel traffico di sostanze stupefacenti.
Nel rione “Mangialupi” del centro cittadino peloritano risulta attivo l’omonimo clan rappresentato da storiche famiglie e dedito soprattutto al traffico di stupefacenti per il cui approvvigionamento si rivolgerebbe ai confinanti clan calabresi. Pregresse indagini hanno confermato il suo interesse anche per il settore delle scommesse clandestine e del gioco d ’azzardo.

Il clan VENTURA-FERRANTE risulta attivo nel rione “Camaro-Bisconte”, contesto territoriale caratterizzato da ampie sacche di disagio sociale e particolarmente delicato sotto il pro lo degli equilibri criminali, nel cui ambito sono stati registrati diversi fatti sangue.

La relazione, inoltre, evidenzia la pervasività dei clan etnei nel territorio ionico della provincia peloritana.

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