Non solo vento e sole, l’altra fonte è il mare - QdS

Non solo vento e sole, l’altra fonte è il mare

Adriano Agatino Zuccaro

Non solo vento e sole, l’altra fonte è il mare

giovedì 03 Febbraio 2022

Il Canale di Sicilia è tra le aree più promettenti del Mediterraneo e nello Stretto la produzione di energia potrebbe soddisfare il fabbisogno di una città come Messina

“L’Ue porta avanti progetti inerenti la transizione e l’autosufficienza energetica. Nell’ultimo periodo, coi rincari sui prezzi dell’energia cui assistiamo, l’autosufficienza dell’Unione diventa tema centrale. Transizione energetica significa dipendere sempre meno dai combustibili fossili (carbone, petrolio…) e gas naturale che spesso importiamo dall’estero. Autosufficienza, dunque, che per un’isola come la Sicilia significa anche sfruttare le onde marine e le maree”. Sono le parole di Gianmaria Sannino, responsabile del Laboratorio Enea (Agenzia nazionale per l’efficienza energetica) di Modellistica Climatica e Impatti, che al QdS ha raccontato le sperimentazioni in atto per trasformare il moto delle onde in elettricità.

L’Enea afferma già da oltre due anni che lo Stretto di Messina, insieme allo Stretto di Gibilterra, condivide il primato di sito più promettente del Mediterraneo: “Grazie allo sfruttamento delle sue correnti che raggiungono velocità superiore a 2 metri al secondo la produzione di energia potrebbe arrivare a 125 GW/h l’anno, una quantità sufficiente a soddisfare il fabbisogno energetico di città come la stessa Messina”. Enea e Politecnico di Torino hanno messo a punto la versione 2.0 del PEWEC , il convertitore di onde marine in energia elettrica per il Mediterraneo, dove le onde sono di piccola altezza e alta frequenza.

Cerchiamo di capirne meglio il funzionamento e le possibili applicazioni. Questo sistema low-cost di produzione di energia dal mare si presenta particolarmente interessante per le tante piccole isole italiane non autosufficienti energeticamente, dove la fornitura di elettricità è garantita da costose e inquinanti centrali a gasolio. Il nuovo sistema galleggiante, spiega Enea, simile a uno scafo di forma semicircolare da posizionare in mare aperto, è in grado di produrre energia elettrica sfruttando l’oscillazione del dispositivo per effetto delle onde.

Enea e Politecnico di Torino stanno lavorando ora alla realizzazione del progetto preliminare del PEWEC in scala 1:1 da installare lungo le coste “più energetiche” del Mediterraneo, come ad esempio la costa occidentale della Sardegna e il Canale di Sicilia. Il dispositivo da 525kW sarà lungo 15 metri, largo 23 e alto 7,5 per un peso comprensivo di zavorra di oltre 1.000 tonnellate. Il team di ricercatori inoltre sta studiando la riduzione dei costi del dispositivo e l’aumento dell’efficienza di trasformazione dell’energia, tramite l’adozione di materiali a basso costo e l’integrazione di pannelli fotovoltaici.

“Il Set Plan dell’UE (European strategic energy technology plan) – prosegue Sannino – riguarda tutte le tecnologie energetiche ed è uno strumento fondamentale che aiuta ad allineare le priorità della ricerca sull’energia pulita europea e nazionale, trasformando le sinergie in progetti e risultati concreti, portando soluzioni dal laboratorio al mercato e supportando il nostro ecosistema con l’energia pulita. Dal 2021 è l’Italia a presiedere il ‘Working Group Ocean Energy’ del Set Plan. Abbiamo ricevuto importanti riconoscimenti per i progetti che puntano a convertire in energia le onde marine”.

Naturalmente tali progetti necessitano di studi approfonditi per progredire. In base ai dati del secondo rapporto OceanSet, nel 2019 in Europa l’energia dal mare ha ricevuto dai programmi di ricerca e sviluppo regionali e nazionali 42,7 milioni di euro di finanziamenti. Il Regno Unito ha stanziato il budget più alto per l’Ocean Energy con 22 milioni di euro, mentre la Francia è stata la seconda con 5,8 milioni di euro. I fondi di Italia, Spagna, Svezia e Irlanda si aggirano tra i 2 milioni di euro e i 4,7 milioni di euro. I fondi devono essere indirizzati bene e non tutti i luoghi sono sufficientemente produttivi.

“Bisogna distinguere – sottolinea Sannino – la possibilità di ‘catturare’ energia dalle maree che sono determinabili e possono essere previste addirittura con anni di anticipo e la possibilità di ‘catturare’ energia dalle onde che sono molto più imprevedibili e generate da vari fattori. Il convertitore di onde marine in energia elettrica deve dunque essere installato in luoghi ‘adatti”.

Il responsabile del Laboratorio Enea precisa: “Si tratta di strutture che hanno un grande vantaggio, però, non impattano sul paesaggio essendo praticamente invisibili. Tale caratteristica ha un grande appeal sull’opinione pubblica; lo stesso non può dirsi, ad esempio, delle pale eoliche. Ricordiamo che parliamo di una tecnologia nuova e complessa. Stiamo provando a far abbassare i costi di produzione per rendere più appetibile al mercato il convertitore; il rischio altrimenti diventa quello di virare verso lo sfruttamento di altre fonti di energia green più a basso costo”.

Un’altra interessante tecnologia innovativa per la produzione di elettricità pulita dalle onde oceaniche e marine, che è stata sviluppata negli ultimi anni da Eco Wave Power, consente ai galleggianti di essere collegati a strutture artificiali esistenti (porti, ad esempio), semplificando così l’installazione e la manutenzione, nonché l’accessibilità. La tecnologia innovativa di Ewp è stata riconosciuta come “Tecnologia pionieristica” dal capo scienziato del Ministero dell’Energia di Israele e ha ricevuto un’etichetta di soluzione efficiente dalla Solar Impulse Foundation.

Inoltre, l’azienda ha vinto il premio “Global Climate Action” delle Nazioni Unite e ha ricevuto sovvenzioni da Erdf, Horizon 2020 e dal Ministero dell’Energia di Israele. “L’Enea guarda con interesse a simili strutture – conclude Sannino- Attenzione, però, le onde marine si propagano per chilometri e chilometri ma solitamente la loro energia è maggiore in mare aperto e minore vicino ai porti. D’altro canto fare la manutenzione in mare aperto comporta dei costi maggiori a quelli da sostenere vicino ai porti”.

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