Omicidio Lauretta Russo, "Così mio marito ha ucciso mia figlia per punirmi" - QdS

Omicidio Lauretta Russo, “Così mio marito ha ucciso mia figlia per punirmi”

Ivana Zimbone

Omicidio Lauretta Russo, “Così mio marito ha ucciso mia figlia per punirmi”

mercoledì 24 Novembre 2021

Sembrava una normale sera d'estate e si è trasformata nella tragedia che cambiato per sempre la vita di mamma Giovanna Zizzo. L'assassino, suo marito e papà della piccola, non si è mai pentito.

Laura Russo è stata uccisa a San Giovanni La Punta (Catania), il 21 agosto 2014, all’età di 11 anni. A toglierle la vita il padre Roberto, che all’epoca dei fatti aveva 47 anni. La mamma della piccola, Giovanna Zizzo, racconta a QdS.it la tragedia che ha vissuto e che a tutt’oggi vive assieme agli altri suoi tre figli sopravvissuti.

La relazione con il marito e la scoperta del tradimento

Giovanna Zizzo ha conosciuto il marito quando aveva soltato 13 anni. Con lui ha trascorso l’adolescenza, fatto le prime esperienze e vissuto gran parte della sua vita. Con lui ha anche costruito la sua famiglia e messo al mondo quattro figli: Andrea, Emanuele, Marika e Laura, l’ultima arrivata.

Un giorno le due figlie scoprono che il padre ha una relazione con un’altra donna e informano la madre. La moglie, delusa e addolorata per una simile scoperta a 25 anni dal loro matrimonio, chiede un momento di pausa che il marito sembra accogliere senza troppi problemi. Tanto che, il giorno prima del terribile delitto, trascorrono una giornata tutti insieme al mare e ritrovano quasi la complicità di una volta.

Francesco Russo, il profilo di un assassino “atipico”

Francesco Russo, a differenza di altri uomini che odiano le donne, non ha mai mostrato comportamenti violenti o aggressivi. Stava attraversando un periodo difficile con la sua famiglia, a causa della perdita del lavoro e della depressione della moglie. Tutti parlano di lui come di un gran lavoratore, un uomo pantofolaio del quale mai si sarebbe potuto presagire l’istinto omicida.

L’omicidio di Laura

E invece il 21 agosto del 2014, ha deciso di prelevare i figli da casa della nonna, dove la moglie era solita trascorrere le vacanze estive. Con loro è stato più amorevole e attento del solito: li ha portati a cena fuori e al parco, ha persino preteso che sui social fosse pubblicata una foto che li ritreva insieme. Poi ha chiesto alle due bimbe di guardare un film sul lettone e di dormire con lui, come mai aveva fatto prima.
Non appena hanno chiuso gli occhi, si è recato in cucina per recuperare due grossi coltelli, ha trascorso le ultime ore al pc e scritto un biglietto da far trovare alla moglie. Quando il figlio più grande è rientrato, alle tre di notte, gli ha chiesto cosa ci facesse ancora in piedi. “Domani vedrai”, ha risposto.

Così, intorno alle ore 6 del mattino, si è scagliato su Laura ferendola a morte. E dopo sulla sorellina Marika che, con un’emorragia interna, è riuscita a salvarsi dopo 4 giorni di coma.

Un assassino che non si è mai pentito

Francesco Russo è stato condannato alla pena dell’ergastolo, con sentenza passata in giudicato perché confermata fino in terzo grado di giudizio. A lui nessuna attenuante è stata riconosciuta, nonostante il suo tentativo di dimostrare che fosse incapace di intendere e di volere a causa di una presunta ludopatia poi rivelatasi inesistente e dell’assunzione di un farmaco, anch’essa ipotesi priva di fondamento. All’omicidio sono state invece aggiunte le aggravanti della premeditazione e della preordinazione del reato.

La perizia psichiatrica parla chiaramente di un uomo perfettamente capace d’intendere e di volere che, come lui stesso ha dichiarato, ha ucciso la figlia per vendicarsi della moglie e non si è mai pentito né ha mai chiesto scusa. Un uomo che non ha accettato di essere stato lasciato e che ha deciso di condannare alla sofferenza eterna chi aveva già tradito. Per farlo ha scelto come vittima Laura, una bambina dall’aspetto molto somigliante a quello della madre e con un carattere forte, ricordata come la “paladina di tutti”. Perché lei, invece, i più deboli li difendeva sempre.

Giovanna Zizzo e gli altri tre figli, quattro vite da sostenere e la sensibilizzazione contro la violenza di genere

Giovanna Zizzo ha trascorso il primo anno dopo la morte della figlia a distruggersi, con il costante desiderio di morire. Poi gli altri tre figli l’hanno aiutata a sopravvivere, a ritrovare la forza di rimanere in piedi.

Non si è sentita davvero sostenuta dalle istituzioni, nonostante la tragedia immensa subìta. La loro, a suo avviso, sarebbe stata una vicinanza di circostanza alla quale non sono seguiti fatti concreti. Mentre lei è rimasta da sola a dover crescere tre figli con un dolore così grande che a momenti la portava via.

Oggi, anche assieme a Vera Squatrito – mamma di Giordana Distefano, uccisa dall’ex fidanzato e padre di sua figlia -, porta avanti la lotta contro la violenza sulle donne. “Il mio scopo è quello di portare la voce di Laura, perché lei è viva finché io le dò voce. Quello di parlare con i ragazzi nelle scuole, perché se gli uomini di oggi hanno già una forma mentis definita e segnata da anni di patriarcato, i giovani possono ancora cambiare le cose”, spiega Giovanna Zizzo.

L’appello alle istituzioni

La donna lancia poi alle istituzioni l’appello di riformare la giustizia, di fare in modo che le vittime non debbano – dopo le denunce – abbandonare le loro abitazioni con i figli per vivere sicure da “recluse” nei centri adibiti ad hoc. E che siano invece gli uomini a essere allontanati da casa, senza costringere i bambini a interrompere la loro quotidianità.

Giovanna Zizzo si batte anche e soprattuto per assicurare un sostegno alle vittime collaterali della violenza di genere: “Gli uomini che odiano le donne uccidono le donne stesse che li rifiutano o i loro figli – aggiunge -. E i figli che restano, dette ‘vittime collaterali’, dovrebbero essere considerate vittime dirette che hanno subìto l’orrore. Loro hanno bisogno di un sostegno psicologico e di un accompagnamento valido al mondo del lavoro che, ad oggi, non esiste”.

Tutte coloro che volessero raccontare la propria esperienza, anche in forma del tutto anonima, potranno farlo sempre scrivendo a redazione@quotidianodisicilia.it.

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Un commento

  1. Giulia V ha detto:

    L’assassino si chiama Roberto non Francesco..

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