Omicidio Mico Geraci, la verità dopo 25 anni: dietro la mafia

VIDEO | “Era scomodo per la mafia”, svolta sull’omicidio del sindacalista Mico Geraci

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VIDEO | “Era scomodo per la mafia”, svolta sull’omicidio del sindacalista Mico Geraci

Redazione  |
mercoledì 06 Marzo 2024

Grazie alle indagini continuate per ben 25 anni, gli inquirenti hanno fatto luce sul delitto. Mandante dell'omicidio fu Bernardo Provenzano in persona.

Dopo oltre 25 anni dall’omicidio del sindacalista Mico Geraci, ucciso a colpi di arma da fuoco davanti alla sua abitazione di Caccamo, sotto gli occhi della moglie e del figlio Giovanni, la Direzione Distrettuale di Palermo è riuscita a ricostruire minuziosamente quell’efferato delitto definito, per molto tempo, “senza verità e giustizia”.

L’omicidio è avvenuto l’8 ottobre 1998 e finalmente sembra che ci sia una verità per la famiglia e gli amici della vittima.

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La svolta nel caso dell’omicidio di Mico Geraci

Le numerose indagini svolte dalla Procura di Termini Imerese e da quella di Palermo – che nel tempo si sono avvalse anche delle dichiarazioni del collaboratore di giustizia Nino Giuffrè – a lungo non hanno consentito di delineare le dinamiche e il contesto dell’omicidio.

In tempi più recenti, la Commissione parlamentare Antimafia della XII legislatura si è occupata del caso, dedicandovi un’apposita inchiesta poi conclusasi con la trasmissione all’autorità giudiziaria di una relazione contenente nuovi spunti di approfondimento.

Un omicidio di mafia

A sua volta, la Procura di Palermo, nel solco del suo costante impegno per la ricostruzione dei gravi crimini rimasti impuniti, ha dato un ulteriore impulso alle attività investigative fino ad acquisire inediti elementi di prova che hanno permesso sia l’individuazione, con elevata probabilità, dei mandanti dell’omicidio e dei suoi esecutori materiali, sia di collocare l’assassinio nell’ambito delle strategie fondamentali dell’associazione Cosa nostra e, dunque, dei suoi massimi esponenti.

Il movente

Si è accertato, invero, che Mico Geraci fu ammazzato per il suo impegno civico e politico (“cioè si era schierato apertamente, in certi discorsi, contro la famiglia mafiosa di Caccamo), rivelandosi particolarmente scomodo per i consolidati assetti mafiosi di quel territorio a tal punto da suscitare l’intervento e la reazione dello stesso Bernardo Provenzano che, personalmente, ne ordinò la soppressione.

L’arresto

La Procura di Palermo ha delegato, al Reparto Operativo – Nucleo Investigativo dei Carabinieri del comando provinciale di Palermo, l’esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare in carcere per l’omicidio aggravato di Domenico Geraci.

Il provvedimento riguarda due esponenti della famiglia di Trabia, già detenuti per altro, indiziati di avere, su impulso del capomafia corleonese, commissionato e pianificato l’assassinio.

L’omicidio venne materialmente realizzato da due giovani, poi entrambi morti ammazzati, uno dei quali, peraltro, ucciso a opera degli stessi odierni destinatari dell’ordinanza cautelare odierna. Si precisa che il procedimento penale è ancora nella fase delle indagini preliminari e che, pertanto, non è intervenuta alcuna sentenza che accerti la penale responsabilità dei due indagati.

Omicidio di Mico Geraci: “Finalmente giustizia”

“Finalmente… Siamo soddisfatti per la notizia dell’arresto dei mandanti dell’omicidio del sindacalista Mico Geraci. Dopo tanto tempo verrà finalmente fatta giustizia, cosa che avevo auspicato quando venni a Palermo a novembre. Noi non ci siamo mai fermati. Avevamo chiesto tutti insieme di identificare i mandanti. Bene cosi, finalmente”. Lo ha detto all’Adnkronos il segretario generale della Uil Pierpaolo Bombardieri, commentando la notizia dell’arresto dei fratelli Pietro e Salvatore Rinella, boss di Trabia (Palermo).

Negli anni l’inchiesta sul delitto è stata archiviata e riaperta più volte. A novembre Bombardieri era venuto a Palermo per ricordare Mico Geraci in un incontro organizzato dalla Uil regionale. “Vogliamo ricordare Mico Geraci, uno di noi che nel difendere la legalità ha perso la vita”, aveva detto il segretario generale della Uil.

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