Operazione "Breaking Bet", tra mafia e scommesse: il blitz della Dia

Operazione “Breaking Bet”, tra mafia e scommesse: 10 misure cautelari tra Licata e Campobello di Mazara

Daniele D'Alessandro

Operazione “Breaking Bet”, tra mafia e scommesse: 10 misure cautelari tra Licata e Campobello di Mazara

Redazione  |
mercoledì 08 Novembre 2023

Concorso esterno in associazione mafiosa e esercizio abusivo di giochi e scommesse: tutto sull'operazione "Breaking Bet"

Concorso esterno in associazione mafiosa e esercizio abusivo di giochi e scommesse. La Dia ha dato esecuzione a una misura cautelare, emessa dal gip del tribunale di Palermo su richiesta della procura della Repubblica, nei confronti di 10 indagati, di cui una in carcere, 5 ai domiciliari e 4 divieti di esercizio della professione e dell’attività imprenditoriale. L’operazione, denominata ‘Breaking Bet‘, ha consentito di raccogliere gravi indizi di colpevolezza nei confronti degli indagati a cui si contestano, a vario titolo, i reati di concorso esterno in associazione mafiosa, esercizio abusivo di attività d’intermediazione nella raccolta di gioco, tramite l’installazione di apparecchiature di gioco in assenza di concessione dell’Agenzia dei monopoli, estorsione aggravata dall’agevolazione mafiosa e trasferimento fraudolento di valori.

Operazione “Breaking Bet”: ecco il modus operandi criminale

Le indagini, sviluppate dalla Sezione operativa della Dia di Agrigento, hanno portato alla luce la capillare distribuzione e installazione di postazioni per il gioco d’azzardo, resa possibile mediante la costituzione di società intestate a prestanomi schermandone, di fatto, la reale titolarità. Tramite apparecchi collegati in rete a siti internet esteri, ai giocatori era consentito di partecipare a scommesse su eventi sportivi, nonché di scegliere, oltre ai giochi di abilità a distanza. anche opzioni di gioco (tipo videopoker, roulette) caratterizzate dall’alea e dal fine di lucro.

I proventi dell’attività di betting avrebbero contribuito al sostentamento economico delle famiglie mafiose di Licata e Campobello di Licata ma sarebbero anche, in parte, stati trasferiti a esponenti di vertice della famiglia mafiosa di Campobello di Mazara (Trapani), “consentendo a Cosa Nostra, oltre all’arricchimento economico, di acquisire, o comunque implementare, il controllo diretto e indiretto di lucrative attività economiche sul territorio”.

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