Pantelleria rischia di “perdere” lo Zibibbo - QdS

Pantelleria rischia di “perdere” lo Zibibbo

Vito Manca

Pantelleria rischia di “perdere” lo Zibibbo

sabato 20 Maggio 2023

Le modifiche ai disciplinari di produzione minacciano l’esclusività della storica produzione pantesca: si potrà produrre anche in altre zone della Sicilia ed affiancarlo comunque all’isola trapanese

PANTELLERIA (TP)- Pantelleria è Sicilia. Lo Zibibbo è Pantelleria ma non è Sicilia. Non è un gioco di parole ma un’emergenza economica che rimanda ad uno strappo culturale che può lasciare il segno sulla Perla Nera. L’isola non è più in grado di difenderlo per almeno cinque motivi che rischiano di cambiare la storia del vitigno. Il primo: è stato inserito nella Doc Sicilia; Il secondo, legato direttamente al dato precedente: c’è un incremento degli impianti di Zibibbo nel territorio trapanese. A consegnare i numeri l’ex direttore del Parco nazionale di Pantelleria Antonio Parrinello: “Si tratta di 2.600 ettari in provincia contro i 500 panteschi. Negli anni ‘60 c’erano 5.500 ettari sull’isola”. Il terzo motivo di crisi è invece legato alla possibilità d’inserire sul mercato etichette di vini Doc Sicilia o IGT Terre Siciliane che fanno riferimento a Pantelleria.

Gli altri due motivi d’incertezza sono legati alle modifiche dei disciplinari. Con il Doc Sicilia, che consente la produzione di blend con lo Zibibbo, e con gli aggiustamenti al disciplinare Doc Pantelleria per renderlo più simile all’altro. Parrinello – che ha aperto una tre giorni di confronto organizzata dal Comune isolano – ha voluto rimarcare l’impatto negativo degli interventi sui disciplinari sottolineando, in particolare, uno delle modifiche, quella del 2015 che ha inserito lo Zibibbo tra le varietà ammesse a denominazione Sicilia. Perché è questo il vero nodo da sciogliere. Se lo Zibibbo si può produrre anche in altre zone della Sicilia e se lo si può in qualche modo affiancare a Pantelleria anche se di Pantelleria ha ben poco, il vitigno perde il suo brand e viene in qualche modo cancellato. Viene cancellata la sua storia, fatta di secoli e soprattutto di pratiche di coltivazione. L’isola è stata per tanti anni Zibibbo: su 8.600 ettari di superficie coltivata, ben 6.000 sono stati dedicati, nel tempo, al vitigno finito sotto pressione, arrivato sull’isola con gli arabi. Non a caso nel 2014 la sua coltivazione tipica ad alberello è diventata patrimonio immateriale dell’umanità dell’Unesco. Una produzione difficile e faticosa perché i vigneti hanno la loro dimora in terrazzamenti che vanno considerati come una delle espressioni più antiche dell’agricoltura nel Mediterraneo. è dunque un prodotto fortemente identitario che subisce una penalizzazione dal disegno strategico di sicilianizzarlo. La conferma arriva anche da un economista del vino come Giampietro Comolli, chiamato dal primo cittadino pantesco a fare la sua parte.

“Non è – ha rimarcato, anticipando i lavori della tre giorni che è stata dedicata al caso – una battaglia per il solo vitigno e vino di Zibibbo. È la difesa di una produzione che si identifica a Pantelleria nel mondo, nota e rinomata. Senza Zibibbo, senza vigne, vuol dire un abbandono di terre, d’incolti, di povertà, di mancanza di lavoro in un’isola con 4.000 dammusi ristrutturati che hanno creato un naturale albergo diffuso”. Comolli taglia corto: “Delocalizzare lo Zibibbo vuol dire incentivare un lento declino produttivo economico vitale, a vantaggio di pochi imprenditori non panteschi. Non si accusa assolutamente nessuno, ma urge trovare una soluzione intelligente che blocchi la clonazione di un gioiello pantesco e che si perda una bellezza paesaggistica unica”. Ed una soluzione ci sarebbe. Il dirigente regionale, ex direttore del Parco, Parrinello l’ha messa a disposizione del confronto sullo Zibibbo. “Si può pensare – ha detto – ad una Denominazione di origine controllata e garantita”. In termine tecnico, una Docg che possa comprendere tutta la produzione dell’isola.

Una proposta per riannodare un filo spezzato, che riporta al 1997 quando le più importanti aziende pantesche riuscirono a fare sintesi dando vita al Consorzio volontario di tutela e valorizzazione dei vini a Doc di Pantelleria. Ha cominciato a farsi sentire anche la politica con il segretario del Pd Giuseppe La Francesca: “Ciò che è sicuro è che le nuove norme in materia di disciplinari stanno generando molta confusione e io ritengo invece che le regole devono servire per fare chiarezza, soprattutto per quanto riguarda le cosiddette tipicità, che in agricoltura sono importanti e che vanno tutelate con ogni mezzo. Grandi e piccoli produttori devono riuscire a lavorare insieme per valorizzare la viticoltura a Pantelleria e lo Zibibbo che fino a qualche anno fa era quasi una prerogativa del nostro territorio”. I 350 vignaioli che con impegno danno vita ai vini delle Doc Pantelleria Moscato, Passito e Zibibbo attendono una risposta, perché ormai è in gioco il loro futuro. É l’intero sistema Pantelleria che ha bisogno di nuovi punti di riferimento e soprattutto di regole certe ed in linea con le sue prospettive di sviluppo.

La concorrenza non sta ad aspettare. Parrinello ha raccolto un po’ di numeri e definito una stima mettendo a confronto, nel periodo 2012-2022 quello che è accaduto a Pantelleria e sull’Etna, lì con la presenza di nuovi imprenditori e nuovi investimenti. “Nel catanese – ha sottolineato – c’è stato un vero e proprio miracolo economico. Sui numeri possiamo discutere ma per quello che ho potuto verificare il valore totale della produzione sull’Etna è passato da 38 a 460 milioni di euro. Nello stesso lasso di tempo a Pantelleria siamo passati da 26 a 51 milioni”.
Vito Manca

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