Petrolio, piombo, mercurio, cosa c’è nelle “cattive acque” dei Sin siciliani - QdS

Petrolio, piombo, mercurio, cosa c’è nelle “cattive acque” dei Sin siciliani

Liliana Rosano

Petrolio, piombo, mercurio, cosa c’è nelle “cattive acque” dei Sin siciliani

giovedì 18 Giugno 2020

Legambiente ha analizzato tra 2016 e 2018 falde e coste dei quattro di Siti di interesse nazionale. Ma a Gela Eni Rewind ha installato tecnologie avanzate per bonificare la falda e depurare i reflui

PALERMO – “La chimica che inquina l’acqua” è l’ultimo Rapporto 2020 di Legambiente sullo stato di salute delle falde dei corsi d’acqua e delle porzioni di mare inquinati dai Sin, i siti di interesse nazionale. Legambiente, durante le campagne di monitoraggio 2016-2018, ha rilevato in che modo l’inquinamento chimico ha impattato le acque superficiali, le falde e le zone costiere. In particolare, è stato evidenziato un nuovo tipo di inquinamento dove sono presenti pesticidi e Pfas, che hanno reso inutilizzabili le acque di falda di intere province.

In Sicilia, le campagne di monitoraggio hanno interessato Gela, Augusta, Priolo Gargallo e Milazzo dove è emerso che le falde sono contaminate da sostanze organiche, cloruri, petrolio, metalli pesanti, esaclorobenzene, PCB e molto altro.

In particolare, ad Augusta, Priolo e Melilli, le sostanze organiche nelle acque superficiali hanno determinato le maggiori criticità mentre per le acque di falda sono stati i cloruri. Le acque marine e i sedimenti della Rada di Augusta, della penisola di Magnisi nonché del Porto Grande e Porto Piccolo di Siracusa sono stati principalmente contaminati da metalli pesanti, petrolio, idrocarburi pesanti, sostanze che hanno causato, tra le altre cose, fenomeni di eutrofizzazione diffusa e alterazione nella catena alimentare.

Secondo il Rapporto, le attività industriali pesanti nella zona di Milazzo causano le problematiche ambientali perché altamente impattanti. È stata rilevata una diffusa contaminazione dovuta alla presenza di benzene, toluene, xylene e metalli pesanti nella sola falda.

Infine a Gela, il suolo e l’acqua di falda del Polo Petrolchimico sono le matrici che maggiormente hanno risentito dell’impatto di questi stabilimenti, perché hanno sversato e messo in circolazione metalli pesanti (arsenico, selenio, mercurio, piombo, nichel, cadmio, ferro, manganese), idrocarburi aromatici, composti clorurati cancerogeni, ammoniaca, benzene, PCB. Non possono essere trascurate inoltre le contaminazioni dell’area marina costiera.

Eni Rewind, la società ambientale di Eni che opera in linea con i principi dell’economia circolare per valorizzare i terreni, le acque e i rifiuti, industriali, gestisce oggi le attività di bonifica della falda per l’intero sito multisocietario che comprende le aree di propria pertinenza nonché quelle della Raffineria di Gela, di Versalis e di Isaf. L’intervento di risanamento della falda, avviato in regime di messa in sicurezza d’emergenza nel 2004, è proseguito con il Decreto Interministeriale del 2005.

Eni Rewind, a commento dell’ultimo Rapporto di Legambiente, fa sapere che “a partire da gennaio 2019, sono state installate 19 unità del dispositivo automatico e-hyrec® (tecnologia proprietaria Eni) all’interno dei pozzi  per  la  rimozione selettiva del Lnapl (Light Non-Aqueous Phase Liquid) o surnatante (parte oleosa in galleggiamento). La tecnologia  e-hyrec®, al contrario dei sistemi tradizionali che estraggono anche una parte preponderante di risorsa idrica (circa il 70-80%), è dotata di un filtro idrofobo che permette di separare la fase acquosa da quella oleosa, recuperando solo quest’ultima. Ne consegue una  drastica riduzione di prelievo di acqua, con tempi di operatività cinque volte minori rispetto alle tecnologie tradizionali”. 

Oltre agli impianti di trattamento delle acque (Taf) per la bonifica della falda, Eni Rewind gestisce l’impianto Tas (portata max 1000 mc/h), di proprietà Raffineria di Gela, che tratta le acque reflue industriali del sito multisocietario, il percolato della discarica comunale Timpazzo e delle discariche interne della Raffineria, e gli  impianti denominati “Biologico Urbano” (400 mc/h) e “Biologico Industriale” (900 mc/h) – di proprietà della Regione Sicilia – per la depurazione dei reflui civili dell’abitato di Gela nonché dei reflui industriali delle zone produttive della Raffineria e di quelle gestite dall’Ente Irsap (ex Asi).

In un’ottica di economia circolare, nel sito multisocietario di Gela è ottimizzato l’utilizzo della risorsa idrica, minimizzando il prelievo dall’invaso Ragoleto, perché Eni Rewind riutilizza parte dell’acqua di falda nel ciclo delle acque della bioraffineria, destinandola alla produzione acqua demineralizzata con il processo di osmosi inversa.

Ancora secondo il Rapporto di Legambiente,  nel 2016, è stata effettuata la ricerca del Glifosate e Ampa (il suo metabolita in cui si trasforma una volta immesso nell’ambiente ) solo in Piemonte, Sicilia, Lombardia e Veneto dove risultava l’Ampa presente al 68,9% dei punti monitorati nelle acque superficiali mentre il superamento dei limiti di concentrazione nei corpi idrici era dovuto per il 48% proprio all’Ampaa e del 24% per il Glifosate.

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