Il dibattito sull’innalzamento delle spese per la difesa ha dato vita a forti dubbi legati alle coperture economiche
ROMA – Preservare la pace e la sicurezza dell’Europa democratica in uno scenario internazionale instabile, opaco, nel quale i rapporti di fiducia sul fronte atlantico barcollano come mai prima nella storia, richiede un costo. E non solo in termini di sacrificio spirituale, ma nel senso propriamente economico della parola. Quanti e quali soldi ci vogliono, insomma, per garantire la sicurezza europea? Sul quantum una risposta c’è, ed è 800 miliardi di euro. Questa la stima contenuta nel piano della presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, il cosiddetto Rearm Europe (poi ribattezzato Readiness), che punta a irrobustire l’autonomia di difesa del vecchio continente, intorpidito dalla tradizionale, e oggi vacillante, complicità degli Stati Uniti.
Rearm Europe, i soldi andranno restituiti
Il piano, di preciso, apre le porte a rifornimenti economici per i Ventisette fino a 150 miliardi di euro, mediante lo strumento Safe. Non un regalo, sia chiaro, ma prestiti a tassi agevolati che, dunque, in un modo o nell’altro, andranno restituiti. Quanto agli altri 650 miliardi di euro, la logica è quella, per certi versi, di una minore austerità nella gestione delle spese, in nome di un bene superiore che è la sicurezza dell’Europa: scatta infatti la clausola di salvaguardia del Patto di stabilità, in modo da poter aumentare la spesa per la difesa fino a un massimo dell’1,5% del Pil all’anno, per quattro anni. Nel caso dell’Italia, che già spende l’1,5% del proprio Pil in questo settore, si parlerebbe di spingersi non oltre il 3%. Per la quota del piano attinente alla clausola di salvaguardia, perciò, non essendoci alcun prestito né un fondo europeo…