La transizione ecologica resta in primo piano, insieme agli investimenti per lo sviluppo della mobilità sostenibile
PALERMO – La crisi sanitaria che ha messo in ginocchio molti Paesi ha spinto l’Unione europea a mettere in campo una risposta senza precedenti per consentire alle economie in difficoltà di risollevarsi. La risposta si chiama Next generation Eu (NgEu), un programma approvato nel luglio 2021, per un totale di 750 miliardi di euro, costituito per circa la metà da sovvenzioni e prestiti.
La principale componente del programma NgEu è il Dispositivo per la ripresa e resilienza (Recovery and resilience facility, Rrf), che ha una durata di sei anni, dal 2021 al 2026 e stanzia 672,5 miliardi di euro (312,5 sovvenzioni, i restanti 360 miliardi prestiti a tassi agevolati). Il rimanente 10% circa (75,5 miliardi) sono distribuiti fra React Eu (47,5 miliardi), Orizzonte Europa (5 miliardi), Fondo InvestEu (5,6 miliardi), Sviluppo rurale (7,5 miliardi), il Fondo per la transizione giusta (10,5 miliardi) e RescEu (1,5 miliardi).
L’Ue ha predisposto un massimale in termini di sovvenzioni e prestiti cui ciascun Paese può attingere. Dal Dispositivo per la ripresa e resilienza l’Italia attinge a piene mani in quanto l’ammontare richiesto coincide con il massimo possibile sia in termini di sovvenzioni che di prestiti. Sono soltanto sette i Paesi che hanno anche fatto richiesta dei prestiti compresa l’Italia: Cipro, Grecia, Portogallo, Polonia, Romania e Slovenia.
Il Recovery plan o Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) italiano prevede 191,5 miliardi di euro di investimenti finanziati attraverso il Dispositivo per la ripresa e la resilienza; di questi 68,9 miliardi di euro sono Sovvenzioni, 122,6 Prestiti. Ulteriori 30,6 miliardi sono parte di un Fondo complementare, finanziamento attraverso lo scostamento pluriennale di bilancio. 13 miliardi di euro provengono dal React-Eu. Il totale degli investimenti previsti è pertanto di 235,12 miliardi di euro.
I competitor europei (Germania, Francia e Spagna), invece, hanno deciso di utilizzare solo le sovvenzioni messe a disposizione dall’Ue dal Dispositivo per la ripresa e resilienza.
NgEu si basa su sei pilastri: transizione ecologica, a cui deve essere dedicato il 37% dei fondi totali; trasformazione digitale, a cui deve essere dedicato il 20% dei fondi totali; crescita sostenibile ed inclusiva; coesione sociale e territoriale; sanità e resilienza economica, sociale ed istituzionale; politiche per le generazioni future.
Degli investimenti che spettano all’Italia, si stima che possano riguardare la nostra Isola circa 20 miliardi dal Pnrr (di cui circa 7/8 miliardi riguardano opere e attività già oggetto di programmazione di investimento pubblico); 8,4 miliardi di investimenti sono stati fin qui territorializzati (vedi dettaglio importi per missioni in tabella).
Difficile quantificare il volume d’investimenti per l’intero “pacchetto Recovery” da qui al 2026: ogni ministero infatti negozia con la Regioni gli interventi sulle singole missioni. Tale negoziazione, la realizzazione dei progetti e il rispetto delle tempistiche è materia molto spinosa; a ciò si aggiungano le difficoltà di dialogo tra Amministrazione centrale e regionale.
Il difficile dialogo Stato-Autonomie locali
e quella Pa impantanata nella burocrazia
PALERMO – L’assessorato all’Economia della Regione Siciliana ha pubblicato il report “Siciliadomani” sul Piano nazionale di ripresa e resilienza. Il documento, che fornisce dati e chiavi interpretative sul tema, ha anche una premessa a firma di Gaetano Armao, vice presidente della Regione Siciliana e assessore per l’Economia e coordinatore della Commissione Affari europei e internazionali della Conferenza delle Regioni, da cui emergono le difficoltà di dialogo tra Amministrazioni. “ll Governo nazionale – si legge – ha presentato il Piano nazionale per la ripresa e la resilienza il 29 aprile 2021, senza concertazione con Regioni e Autonomie locali, intendendo conferire un assetto centripeta alla gestione dell’intero Piano (visione top-down), esautorando le Regioni, nonostante queste siano Amministrazioni titolari di competenze costituzionalmente attribuite”.
A tale scelta si è opposta la Conferenza delle Regioni che “su proposta della Commissione Affari europei e internazionali (coordinata dalla Regione Siciliana) ha approvato una posizione delle stesse regioni sulla governance del Pnrr, evidenziando che le diverse forme di consultazione sono state episodiche e non strutturate, nella seduta del 7/10/2021 e condiviso alcune iniziative per il monitoraggio costante e a livello di sistema dei progetti, dei bandi e dei finanziamenti attuativi del Pnrr, ritenendo necessario che esse partecipino alla Cabina di regia e ai Comitati interministeriali tematici per la transizione ecologica e per la transizione digitale”.
Sulla parte delle risorse nazionali non ci sono ancora numeri definiti in merito agli importi e questo è un problema. L’assessore Armao ha trasmesso a Roma una richiesta al fine di conoscere con certezza l’importo delle risorse. In assenza di tale informazione, diventerebbe complicato programmare, o meglio, si programmerà lo stesso ma la certezza delle risorse garantirebbe anche una qualità della programmazione più definita. Non dimentichiamo che nel periodo 2021-2027 saranno disponibili per la Sicilia circa cinquanta miliardi di euro di risorse extraregionali (compresi i circa venti miliardi del Pnrr). “Un’enorme mole di investimenti che, senza particolare enfasi, può ritenersi l’ultima occasione per riscattare l’Isola da decenni di sottosviluppo, ma anche per rendere credibile l’autonomia istituzionale della più grande Isola-Regione d’Europa e del Mediterraneo”. Lo ha messo nero su bianco il Documento di economia e finanza regionale 2022/2024 (Defr) e c’è da crederci.
Nell’inchiesta del QdS del 6 novembre 2021 si sottolineava, inoltre, che è necessario tenere conto di un contesto, come quello del Mezzogiorno, in cui i tempi si allargano nei cantieri e nei flussi finanziari. Su quest’ultimo punto le Regioni hanno chiesto di avere la possibilità di gestire in continuità le risorse finanziare, senza aspettare l’iter di bilancio che è una cosa che in Sicilia pesa in maniera importante.
Altro punto fondamentale legato al Mezzogiorno è la carenza di progettazione, un elemento che dal dipartimento Programmazione definiscono “fisiologico” in un contesto che registra un ritardo di sviluppo come quello isolano. Non bisogna poi dimenticare come nel Mezzogiorno gli Enti locali – dalla Regione fino al Comune più piccolo – hanno vissuto in questi anni il blocco del turnover del personale. Gli uffici tecnici si sono svuotati e i Comuni hanno visto ridimensionarsi sensibilmente le loro professionalità.