Chiesa assoluzione per il sindaco di Acireale Roberto Barbagallo

Sindaco Barbagallo, “Condotta politicamente deplorevole” ma nessun reato: richiesta assoluzione

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Sindaco Barbagallo, “Condotta politicamente deplorevole” ma nessun reato: richiesta assoluzione

Simone Olivelli  |
venerdì 15 Settembre 2023

La tesi di Nicastro sta alla base della richiesta di assoluzione con la formula “il fatto non sussiste” per il sindaco di Acireale.

Una “condotta politicamente deplorevole” ma nulla a che vedere con la commissione di reati. Ci sarebbe tutt’al più questo nei fatti che, a febbraio 2018, portarono all’arresto dell’allora – e da giugno scorso nuovamente – sindaco di Acireale Roberto Barbagallo.

A sostenerlo, questa mattina, è stato il procuratore generale di Catania Antonio Nicastro. Parole che sono arrivate nel giorno dell’apertura del processo di secondo grado nato dall’inchiesta Sibilla. La tesi di Nicastro sta alla base della richiesta di assoluzione con la formula “il fatto non sussiste”, che, se sarà accolta dalla Corte d’appello, capovolgerà il verdetto di primo grado che ha visto Barbagallo condannato a un anno e quattro mesi per il reato di tentata induzione a promettere utilità.

L’udienza di oggi costituisce un punto a favore della difesa del primo cittadino, che, rappresentata dagli avvocati Enzo Mellia e Piero Continella, parlerà in occasione della ripresa del processo, il 24 novembre.

Roberto Barbagallo, l’intercettazione al centro del processo

“M’aggiuva na cosa elettorale”. È da questa frase, pronunciata da Barbagallo e rivolta al luogotenente della polizia municipale Nicolò Urso, che è partito il troncone dell’indagine che ha interessato l’attuale sindaco. Era l’autunno del 2017 e mancavano poche settimane al voto per le Regionali. Per la Procura di Catania, la “cosa elettorale” sarebbe alla base dell’ordine ricevuto dal vigile urbano di effettuare un controllo al mezzo utilizzato da due ambulanti.

Sospettando irregolarità in materia amministrativa, Barbagallo avrebbe voluto, secondo gli inquirenti, creare un contesto in cui assumere una posizione di forza da sfruttare per ottenere voti in favore di Nicola D’Agostino, il deputato regionale, mai coinvolto nell’indagine, che da sempre è punto di riferimento politico per Barbagallo e che all’epoca era impegnato in campagna elettorale.

Nella ricostruzione degli inquirenti, gli ambulanti sarebbero stati coinvolti in un rapporto di dare e avere, che li ha portati a essere processati, al pari di Urso, ritenuto tramite per il raggiungimento del fine illecito perseguito da Barbagallo. La tesi però si è parzialmente sbriciolata dopo che il tribunale ha assolto in primo grado sia i commercianti che il vigile urbano. Barbagallo, invece, è stato condannato per avere soltanto tentato di commettere il reato.

Per il sostituto procuratore Nicastro, tuttavia, anche Barbagallo andrebbe assolto. Il magistrato, questa mattina, ha ripercorso la vicenda al centro del processo, definendo “deprecabile” la modalità con cui Barbagallo dispose il controllo a carico degli ambulanti. Al contempo, Nicastro ha ribadito che la condotta di Barbagallo non sarebbe sufficientemente completa da integrare il fatto al centro del processo. E da qui la richiesta di assoluzione con formula piena.

Il ritorno sulla scena politica

Dal principio della vicenda i legali di Roberto Barbagallo hanno sempre sostenuto l’estraneità del proprio assistito alle accuse rivoltegli. Nello specifico, la tesi difensiva è stata quella per cui la frase “m’aggiuva na cosa elettorale” sarebbe stata espressione della volontà di dare seguito al programma che, nel 2014, aveva portato Barbagallo a vincere le Amministrative. Tra le promesse fatte agli elettori c’era stata, infatti, la lotta all’abusivismo.

Dal canto suo, il diretto interessato la scorsa primavera ha deciso di tornare a concorrere per la fascia di primo cittadino, in occasione del ritorno al voto dopo i cinque anni targati Stefano Alì. Una scelta che lo ha visto vincitore al ballottaggio contro Nino Garozzo, a sua volta primo cittadino acese per due mandati consecutivi a inizio anni Duemila.

Dallo spauracchio sospensione alle nuove accuse

Il percorso di avvicinamento al ritorno al palazzo di città per Barbagallo è stato tutt’altro che tranquillo. A tenere banco, nelle settimane che hanno preceduto il voto, sono state due questioni entrambe legate con la giustizia.

Nel primo caso, si è trattato della possibilità di un’applicazione della sospensione prevista dalla legge Severino per i sindaci condannati, anche in primo grado, per reati contro la pubblica amministrazione. Un’ipotesi che ha portato a confrontarsi tanto giuristi che semplici sostenitori e che si è conclusa con un nulla di fatto, in seguito alla decisione della prefettura di Catania di non intervenire sull’esito delle urne. Il tutto sulla scorta di un parere – di cui a oggi non si conoscono i contenuti – reso dall’Avvocatura dello Stato non per il caso Barbagallo ma per una vicenda che sarebbe stata simile e che sarebbe avvenuta anni prima. Il parere specificherebbe che la sospensione non è applicabile nei casi di condanne per reati tentati e non consumati.

Il secondo elemento di disturbo, invece, ha riguardato una nuova inchiesta giudiziaria a carico di Roberto Barbagallo. Il procedimento, che è stato chiuso e per il quale si attende l’eventuale richiesta di rinvio a giudizi nei confronti degli indagati, riguarda presunti favori che un vigile urbano avrebbe fatto a una ditta, per la quale Barbagallo, da ingegnere, operava come consulente. Nello specifico l’impresa sarebbe stata messa nelle condizioni di regolarizzare alcuni illeciti in materia urbanistica, prima che venissero effettuati i controlli della polizia municipale. Favori che sarebbero arrivati grazie all’intervento dello stesso Barbagallo.

Nella stessa indagine, a finire sotto la lente degli investigatori erano stati anche alcuni contatti tra Barbagallo, all’epoca dei fatti comune cittadino, e alcuni esponenti della famiglia mafiosa Santapaola-Ercolano. A uno di loro, Barbagallo propose la possibilità di partecipare a un bando pubblico per ottenere finanziamenti da investire per l’acquisto di biciclette elettriche. Su tali vicende, tuttavia, la Procura ha deciso di non procedere con formali contestazioni. Un epilogo simile a quello che, secondo il sostituto procuratore Nicastri, avrebbe dovuto avere anche la vicenda del controllo ai due venditori di frutta e verdura: non sono i tribunali il luogo adatto per i giudizi di natura etica.

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