Pubblica amministrazione senza merito piombo per l’Italia - QdS

Pubblica amministrazione senza merito piombo per l’Italia

Carlo Alberto Tregua

Pubblica amministrazione senza merito piombo per l’Italia

sabato 02 Aprile 2022

Cambiare: ordine e metodo

Ci sono dei gravi problemi che hanno colpito il nostro Paese a livello di istituzioni centrali, regionali e locali e cioè la disfunzione endemica della Pubblica amministrazione.
Perché ritorniamo spesso su questo argomento? La risposta è semplice: quando non funziona la Burocrazia, un Paese rallenta e quasi si ferma, con la conseguenza che i servizi prestati in tutti i settori sono senza qualità e assorbono molte più risorse umane e finanziarie di quanto dovrebbero.
Com’è noto, il disordine, la disorganizzazione e la mancanza di metodo sono i tre fattori negativi che hanno creato questo stato di cose, sotto gli occhi di tutti.

Ma l’informazione di giornali, radio, tv e social si è concentrata per due anni sul Covid e in questo ultimo mese sulla guerra in Ucraina, omettendo colposamente – quasi una dimenticanza – il grave problema che riguarda il malfunzionamento della Pubblica amministrazione.
Non si tratta di opinioni, ma di dati di fatto che emergono dagli indici europei.

Complessivamente, in Italia, vi sono all’incirca 3,2 milioni di pubblici dipendenti, cui vanno aggiunti circa ottocentomila dipendenti delle partecipate pubbliche di tutti i livelli. Quindi non si può dire che vi sia carenza o eccesso di personale. Ma la situazione negativa emerge quando andiamo a valutare come funziona questo personale, cioè se rende servizi – per quantità e qualità – che giustificano la relativa spesa. Ed è proprio qui che manca il nesso, cioé il collegamento fra spesa e servizi, perché a nessuno passa per la testa di avere un’efficiente organizzazione che consenta di far incrementare il tasso di produttività.

Produttività, oggetto misterioso, il cui significato è elementare: fare più cose e di migliore qualità nello stesso tempo e a parità di spesa.
Per raggiungere questo obiettivo è indispensabile che ogni struttura – nazionale, regionale e locale – sia dotata di un Piano Organizzativo dei Servizi (POS), il quale determina quello che si deve realizzare, quali sono le risorse umane e finanziarie occorrenti e come fare per ottenere il miglior risultato possibile.
A monte del POS, per realizzarlo, ci vogliono competenti e persone preparate adeguatamente e non improvvisati, seppur raccomandati.

Una volta nella Pubblica amministrazione – anche ai sensi dell’articolo 97 della Costituzione – si entrava esclusivamente per concorso, soprattutto nel settore della scuole, ove gli insegnanti dovrebbero avere una solida preparazione professionale, unita ad altrettanta solida preparazione etica e civica.
Ma oggi non è più così perché si continua a tambureggiare sulla continua stabilizzazione dei cosiddetti precari, i quali sono entrati in quel posto di lavoro senza arte né parte, anche se i volenterosi successivamente si sono fatti una certa esperienza.

Ma poi, si sa, prende corpo il dolce far niente e ciascuno dei pubblici dipendenti, non avendo chi li controlli, alla fine fa quello che vuole. Non sono messi a confronto obiettivi e risultati, se non in via nominale, con la conseguenza che anche i bravi dirigenti e dipendenti pubblici (che sono tanti) si uniformano ai loro colleghi incapaci, quelli che non vogliono far nulla.

Il discorso che precede ci porta all’altro elemento importante per un’efficiente organizzazione pubblica e cioè il merito. Se esso fosse presente a tutti i livelli, si formerebbe una naturale selezione fra quelli più bravi e gli asini secondo la legge naturale, la quale prevede, come nello sport, che i migliori arrivino nelle prime posizioni e gli altri nelle ultime.

Non si capisce perché nella Pubblica amministrazione vi debba essere un sistema innaturale, secondo il quale i migliori ed i peggiori sono trattati allo stesso modo, difesi da un sindacato che è contrario al merito e alla produttività.

Aggiungiamo un terzo elemento assente nella Pa: la responsabilità. È vero che esiste il RUP (Responsabile Unico del Procedimento), ma è anche vero che quando il RUP non fa il proprio dovere e non porta a compimento il suo procedimento, non gli succede nulla, per cui può tranquillamente dormire fra due guanciali.

C’è un rimedio a questa diagnosi? Certamente: ribaltare l’attuale disfunzione ed inserire i tre elementi che abbiamo prima indicato e che ripetiamo: produttività, merito e responsabilità.

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