Quando il dolore tende a cronicizzarsi e da sintomo si trasforma in malattia - QdS

Quando il dolore tende a cronicizzarsi e da sintomo si trasforma in malattia

Angela Ganci

Quando il dolore tende a cronicizzarsi e da sintomo si trasforma in malattia

Angela Ganci  |
mercoledì 31 Gennaio 2024

Pasquale Enea, Direttore Uosd di Terapia del Dolore dell’Arnas Civico di Palermo. “Quello severo causa addirittura la perdita di materia grigia cerebrali”

PALERMO – Il dolore, secondo una definizione scientifica, consiste in un’esperienza sensoriale ed emotiva spiacevole associata a un danno tissutale, attuale o potenziale, o riferita in termini di tale danno. Un’esperienza che, se cronica, conduce inesorabilmente a un peggioramento della qualità di vita e alla richiesta specialistica di trattamenti di avanguardia finalizzati al contenimento del dolore stesso.

Pasquale Enea, Direttore dell’U.O.S.D. Terapia del Dolore presso ARNAS Ospedale Civico di Palermo

In relazione ai trattamenti di eccellenza, applicabili a qualsiasi età, nonché alle conseguenze del dolore stesso sull’intero organismo, abbiamo sentito l’autorevole parere di un esperto in materia, Pasquale Enea, Direttore dell’U.O.S.D. Terapia del Dolore presso ARNAS Ospedale Civico di Palermo.

Dottor Enea, in cosa consiste il dolore nell’anziano?

“L’anziano è per definizione fragile, affetto spesso da artrosi avanzata, osteoporosi, malattie metaboliche: è soggetto principalmente a tipologie di dolore cronico connesse alla degenerazione articolare e vertebrale che può innescare neuropatie delle radici nervose difficili da trattare. I moderni trattamenti infiltrativi intrarticolari o di denervazione con radiofrequenze o crio-ablazione permettono di migliorare la qualità della vita dell’individuo e il suo reinserimento sociale laddove la terapia chirurgica protesica non è proponibile. Le sciatalgie o cervico-brachialgie dell’anziano si giovano del trattamento locale con radiofrequenze pulsate con enormi benefici rispetto ai trattamenti più invasivi neurochirurgici che nell’anziano sono spesso controindicati per la presenza di comorbilità”.

Quali sono le cause scientifiche e quali le conseguenze sull’organismo?

“Il dolore ha una genesi multifattoriale, nasce come sintomo di una malattia sottostante, di solito la noxa iniziale è infiammatoria, però con il passare dei mesi tende a cronicizzare, tende a vivere di vita propria indipendentemente dalla patologia che lo ha generato, in altre parole con la cronicizzazione il dolore diventa esso stesso malattia e non più sintomo. Le ricadute sull’organismo sono immediate, non solo di carattere sociale (anaffettività, problemi sul lavoro, depressione, ansia), ma anche organico: è stato dimostrato che il dolore cronico severo causa perdita di materia grigia cerebrale mimando quadri radiologici simili a quelli della demenza senile”.

Quali le terapie più avanzate e accreditate?  

“La terapia del dolore moderna utilizza già da decenni tecniche avanzate di neuromodulazione con impianto di elettrodi midollari o gangliari nella colonna vertebrale capaci di controllare gravi sintomatologie neuropatiche, oltre che tecniche neurolesive ed ancora avanzate tecniche rigenerative che prevedono l’uso per infiltrazione di preparati piastrinici o cellule mesenchimali”.

Come si gestisce il dolore nei pazienti più giovani? 

“I centri di terapia del dolore sono presi d’assalto da pazienti giovani affetti da sintomatologie lombo-sciatalgiche o cervico-brachiali tipiche dell’età giovanile, anche se in realtà molto diffuse anche tra i pazienti di mezza età, oltre che da lesioni tendinee o articolari che tanto si giovano delle terapie infiltrative rigenerative. Il trattamento chirurgico dell’ernia del disco nei decenni scorsi si è sempre più ridimensionato, tanto che la fase acuta di una sciatalgia, in assenza di deficit sensitivi o motori, viene indirizzata dal pronto soccorso o dal medico di medicina generale direttamente al reparto di terapia del dolore. Il trattamento iniziale è sempre farmacologico ed infiltrativo fino a giungere a tecniche di chirurgia mini-invasiva riservate ai pazienti più resistenti”.

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