La Corte costituzionale boccia il Piano casa della Sicilia

Regione, Corte costituzionale boccia il Piano casa: “Articoli illegittimi, non più applicabile”

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Regione, Corte costituzionale boccia il Piano casa: “Articoli illegittimi, non più applicabile”

Melania Tanteri  |
giovedì 13 Luglio 2023

Ecco cosa hanno stabilito i giudici. E gli effetti sull'edilizia siciliana

La legge regionale sul Piano casa è illegittima e non può essere più applicata. O meglio, lo sono alcuni articoli che, di fatto, però, ne inficiano la ratio tanto che, come riporta in una circolare l’Assessorato regionale Territorio e Ambiente, “la norma in questione non può essere più invocata a seguito della declaratoria di illegittimità costituzionale della norma regionale”.

Lo ha stabilito la Corte costituzionale, con sentenza n.90 del 2023 che dichiara illegittimi alcuni articoli delle modifiche della legge regionale 23 marzo 2010, n. 6 “Norme per il sostegno dell’attività edilizia e la riqualificazione del patrimonio edilizio, il cd “Piano Casa” che, negli anni, è stato modificato dal legislatore in alcuni aspetti e integrato in altri, “prorogando più volte i termini per la realizzazione degli interventi, ed in ultimo, con le leggi regionali 6 agosto 2021, n.23 e 18 marzo 2022, n.2, sono stati ulteriormente modificati e sostituiti alcuni articoli della stessa”- si legge nella stessa circolare del 20 giugno.

Il ricorso del Presidente del Consiglio

A ricorrere contro le leggi regionali 23 del 2021 e 2 del 2022 è stato il Presidente del Consiglio dei Ministri, che ne ha impugnato alcuni articoli sui quali si è espressa la Corte. “Con Sentenza di Corte Costituzionale n. 90/2023 depositata in data 09/05/2023, in riferimento alle sopra citate impugnative, è stata dichiarata l’illegittimità costituzionale dei seguenti articoli: – art. 37, comma 1, lett. a) e d) della l.r. 6 agosto 2021, n.23; – art. 37, comma 1, lett. c) numero 1) della l.r. 6 agosto 2021, n.23; – art. 8, comma 1, lett. b) della l.r. 18 marzo 2022, n.2”.

Il documento corposo che raccoglie le premesse, le motivazioni espresse nel ricorso, le difese della Regione e, infine, i profili di illegittimità riscontrati. Che potrebbero essere riassunte sotto 4 aree specifiche: norme in contrasto con il Testo unico dell’edilizia: demolizione e ricostruzione di edifici in area vincolata, compatibilità con i piani paesaggistici e contrasto con la norma statale.

La sentenza: le premesse

In premessa, i giudici specificano le competenze in materia urbanistica della Regione siciliana evidenziando che, sebbene lo Statuto speciale della Regione dia alla Sicilia “competenza legislativa esclusiva in materia di tutela del paesaggio e di conservazione delle antichità e delle opere artistiche, nonché di urbanistica – si legge – tale competenza, tuttavia, deve esercitarsi nei limiti delle leggi costituzionali dello Stato e delle norme di grande riforma economico-sociale – tra le quali devono annoverarsi il codice dei beni culturali nonché «le norme statali in materia di governo del territorio recanti princìpi di grande riforma”.

Per poi entrare nel merito degli articoli contestati. A comunicare dall’”art. 4 della l.r.  n. 23 del 2021, il quale sostituisce l’art. 3 della legge della Regione Siciliana 10 agosto 2016, n. 16 (Recepimento del Testo Unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia approvato con decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380)” all’interno della quale si riscontrerebbe la “violazione di plurimi parametri costituzionali e interposti”.

Nella circolare dell’assessorato Territorio e Ambiente, vengono riportate alcune motivazioni, di ordine generale, “quale presupposto alla dichiarazione di illegittimità costituzionale dei sopra indicati articoli, impugnati dal Presidente del Consiglio dei Ministri”.

Piano casa, la norma transitoria stabilizzata

In particolare, “L’art.6, comma 2, della legge reg. Siciliana n. 6 del 2010 – tanto nella versione successiva alla legge reg. siciliana n. 23 del 2021, quanto in quella frutto della riformulazione operata dalla legge reg. siciliana n. 2 del 2022 – ha l’effetto di consentire anche oggi, a distanza di molti anni dall’adozione a livello nazionale e a livello regionale del piano casa, la presentazione di istanze per la realizzazione di interventi edilizi eccezionalmente consentiti in base a detto piano. (…). La norma regionale ha effetto di “Rendere stabile, o comunque protrarre a lungo nel tempo, una disciplina quale quella del piano casa nata come transitoria, infatti, ha come ineluttabile conseguenza quel/a di consentire “reiterati e rilevanti incrementi volumetrici del patrimonio edilizio esistente, isolatamente considerati e svincolati da una organica disciplina del governo del territorio”.

Non solo: viene evidenziata anche “L’eccezionalità e la temporaneità del piano casa – insite già di per sé nella natura derogatoria delle trasformazioni edilizie consentite – sono d’altra parte espressamente affermate dall’intesa tra lo Stato e le Regioni del 1° aprile 2009, della quale la legge reg. Siciliana n. 6 del 2010, secondo quanto disposto dal suo art. 1, è espressa attuazione. Detta intesa aveva stabilito che la disciplina introdotta con le leggi regionali avrebbe avuto “validità temporalmente definita, comunque non superiore a 18 mesi dalla loro entrata in vigore”.

L’effetto della sentenza

La pubblicazione della sentenza n. 90 del 9 maggio 2023, pubblicata in GURS 1 giugno 2023, n. 23, ha spinto alcuni Responsabili di Uffici Tecnici comunali a manifestare “perplessità e dubbi sulle conseguenze che la pronuncia di illegittimità della Sentenza avrebbe prodotto sui titoli edilizi emessi o in fase di rilascio, nonché sulla prosecuzione all9applicazione della disciplina inerente al cosiddetto”. Da qui i chiarimenti dell’assessorato che spiega come “ai sensi dell’art. 136 Cost. Quando la Corte dichiara l’illegittimità costituzionale di una norma di o di atto avente forza di legge, la norma cessa di avere efficacia dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione”.

Inoltre, riporta sempre la circolare, in una recente pronuncia il Tar Palermo (sentenza n. 3181/2022), richiamando precedenti pronunce emesse dal Consiglio di Stato, ha affermato che: “La dichiarazione di illegittimità costituzionale di una norma rileva anche nei processi in corso, ma non incide sugli effetti irreversibili già prodottisi, in quanto la retroattività degli effetti della dichiarazione di incostituzionalità incontra un limite negli effetti che la stessa, ancorché successivamente rimossa dall’ordinamento, abbia irrevocabilmente prodotto qualora resi intangibili dalla preclusione nascente o dall’esaurimento delio specifico rapporto giuridico disciplinato dalla norma espunta dall’ordinamento giuridico oppure dal maturare di prescrizioni e decadenze ovvero, ancora, dalla formazione del giudicato”.

Infine, “la dichiarazione di incostituzionalità di una legge o di un atto avente forza di legge rende la norma inefficace ex tunc e quindi estende la sua invalidità a tutti i rapporti giuridici ancora pendenti al momento della decisione della Corte, restandone così esclusi soltanto i “rapporti esauriti””.

A chi si applica la sentenza

Insomma, la sentenza non si applica ai “rapporti esauriti, per i quali è possibile realizzare gli interventi di cui agli articoli 2 e 3 della legge in argomento, fino al 31 dicembre 2023, ai sensi dell’articolo 5 della legge regionale 30 dicembre 2020, n. 36, sono quelli in cui la P.A. ha già rilasciato il titolo abilitativo edilizio o si sia formato il silenzio assenso in epoca precedente alla pubblicazione della pronuncia di illegittimità costituzionale; quelli pendenti, invece, sono quelli in cui la pronuncia interviene prima del rilascio del suddetto titolo abilitativo o dello spirare del termine per la formazione dell’eventuale silenzio assenso”.

Ediliza regionale: quadro mutato

Un quadro, quello dell’edilizia, mutato dalla sentenza della Corte Costituzionale che, dichiarando l’illegittimità costituzionale dei sopra indicati articoli impugnati dal Presidente del Consiglio dei Ministri, ha spinto il dirigente dell’Assessorato ad affermare che viste le motivazioni date dalla Corte Costituzionale, “si ritiene che, dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione della Sentenza, la norma in questione non può essere più invocata a seguito della declaratoria di illegittimità costituzionale della norma regionale”.

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