Intervista alla figlia di Rosario Di Salvo, morto con Pio La Torre

Rosario Di Salvo, la figlia racconta “il bel giovane con gli occhi azzurri” morto con Pio La Torre

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Rosario Di Salvo, la figlia racconta “il bel giovane con gli occhi azzurri” morto con Pio La Torre

Roberto Greco  |
domenica 30 Aprile 2023

Era il 30 aprile del 1982 quando la mafia uccise Pio La Torre e Rosario Di Salvo. "Si erano scelti" e sono rimasti assieme anche nella morte. L'intervista alla figlia di Di Salvo, Tiziana, al QdS.

Era il 30 aprile del 1982. Erano quasi le 9:30 quando la Fiat 131 grigio metallizzato su cui viaggiavano l’onorevole Pio La Torre e Rosario Di Salvo raggiunse piazza Generale Turba, a Palermo. All’altezza della Caserma Sole, una moto di grossa cilindrata si affiancò all’auto, costringendo l’autista a un brusco stop. Nello stesso istante, una Fiat Ritmo la affiancò dal lato opposto. La moto si fermò e, dalla Ritmo, uscirono quattro uomini armati di 357 Magnum e di una mitraglietta Thompson. Una pioggia di fuoco investì la Fiat 131 e i suoi occupanti.

Pio La Torre muore all’istante crivellato di colpi mentre Rosario Di Salvo, che guidava la Fiat 131, tentò di reagire estraendo un’arma, ma fu freddato all’istante dai colpi della 357 Magnum. Il gruppo di fuoco si allontanò lasciando la Fiat 131 crivellata di colpi e i suoi occupanti morti. Morirono così Pio La Torre e Rosario Di Salvo.

QdS ha intervistato Tiziana Di Salvo, figlia di Rosario che in quel momento aveva undici anni. Oggi Tiziana è professoressa ordinario di Astronomia e Astrofisica presso il Dipartimento di Fisica e Chimica dell’Università degli Studi di Palermo.

Chi era Rosario Di Salvo, morto assieme a Pio La Torre

Rosario Di Salvo, Suo padre, chi era?

“Un giovane uomo che aveva solo 36 anni, una moglie e tre figlie, Laura di 4 anni, Sabrina di 8 e io che ne avevo 11. Era nell’auto con Pio La Torre per passione politica e per la stima profonda e l’ammirazione che aveva per lui. Mio padre militava nell’allora P.C.I., lavorando nella sede regionale del partito con Colajanni, Occhetto, Russo e tanti altri. In realtà era un volontariato e questo non gli permetteva di guadagnare a sufficienza per poter mantenere una famiglia con tre figlie piccole. Proprio per questo decise di andare a lavorare e trovò un impiego in un’azienda agricola dello zio come contabile. La passione politica, però, è sempre stata parte della sua vita tant’è che lavorava nell’azienda durante la mattinata e, nel pomeriggio, era al “regionale”. Mia madre ricorda che rientrava sempre molto tardi, la sera, proprio per questo suo impegno”.

Rosario Di Salvo e Pio La Torre, una profonda amicizia

Poi Pio La Torre tornò in Sicilia…

“Sì. Quando La Torre tornò in Sicilia ebbe bisogno di qualcuno che fosse in possesso del porto d’armi per fargli da scorta, viste le continue minacce rivolte nei suoi confronti. Nei primi tempi gli fu assegnata un’altra persona che però, nei primi giorni, non entrò in sintonia con Pio. Mio padre si offrì volontario. Dopo i primi giorni l’intesa tra loro era molto alta e quindi fu assunto formalmente per quel ruolo. Per fare ciò mio padre prese il porto d’armi.

Si parlò di questa sua decisione all’interno della famiglia Di Salvo?
In realtà sì e no. Non lo disse chiaramente ma raccontò alla mamma che il porto d’armi era necessario qualora, di notte, fossero stati fermati da qualche malintenzionato. Questa scelta era in contrasto con il suo stesso pensiero e con quello di mia madre, che mal sopportava le armi, soprattutto comprendendo che ce ne sarebbe stata una in casa. Solo in seguito spiegò che la sua scelta era legata alla sicurezza di Pio La Torre. Arrivavano telefonate di minaccia, in quel periodo, ma mia madre pensò, in una fase iniziale, che fossero rivolte contro di lei da parte di uno stalker, ma col tempo si rese conto che erano invece rivolte a mio padre e, in ultima analisi, a Pio”.

Che rapporto c’era tra suo padre e Pio La Torre?

Si erano scelti. Mio padre faceva questo lavoro perché condivideva con lui ideali, pensiero e battaglie, che erano già parte della storia della nostra famiglia. Il ritorno di Pio in Sicilia ha significato per mio padre decidere di stargli accanto e per La Torre decidere che avrebbe voluto solo lui al suo fianco”.

Poi le minacce sono diventate sempre più reali…

“Nei mesi precedenti l’attentato, la tensione in casa era cresciuta. Le minacce, e i rischi, erano più palpabili e il fatto che la vita di Pio fosse in pericolo voleva dire che anche quella di mio padre lo era. Il rischio si concretizzò, violentemente, quel 30 aprile”.

Rosario, attivista ma anche padre

Che padre era Rosario Di Salvo?

“Una persona solare, allegra, che prendeva sempre le nostre parti. Quando dovevamo essere rimproverate, il compito era di mia madre, mai suo. Era incapace di rimproverarci e punirci. Anche i litigi con mia madre finivano sempre ‘a scherzo’. Era letteralmente innamorata di lui. Era un bell’uomo, alto con gli occhi chiari che emanava un forte fascino non solo nei bambini, come noi, ma anche nei confronti degli adulti, cui riusciva sempre a strappare una risata. Ricordo che, fin da piccola, nei suoi confronti avevo una forte ammirazione. Mi piaceva il suo modo di essere, molto allegro e giocherellone, come prendeva le cose che succedevano con leggerezza. Non avevamo molti soldi e, quindi, non eravamo una famiglia che viaggiava. Ma ricordo le sue improvvisate, come quando prendevamo la macchina per andare a Capo d’Orlando per andare a mangiare la granita. Nel tempo ho condiviso tutti i valori e gli ideali che ho assorbito nella mia famiglia. Per un certo periodo mi sono trovata più aperta verso l’occidente e l’America, tuttavia ho dovuto riconoscere che i loro valori erano fondamentali e ancora oggi fanno parte di me, della mia vita, del mio modo di essere”.

Un sogno comune, tra lei e suo padre, Rosario Di Salvo?

“Sognavamo, io e mio padre, di comprare un camper, per poter girare tutta l’Italia senza dover programmare nulla, fermandoci quando ne avevamo voglia senza vincoli di alberghi e prenotazioni”.

Il ricordo della tragedia

Ma il 30 aprile 1982 cambia tutto. Cos’ha voluto dire vivere dal giorno dopo?

“È stato faticoso in un modo indescrivibile. Quando successo, ero alle soglie dell’adolescenza e il lutto si è unito a tutti i problemi che una persona di quell’età deve affrontare. È stato un colpo duro per mia madre e questo ha condizionato tutte noi. Eravamo avvolte da un senso di solitudine, da una sensazione di non riuscire a comunicare con gli altri. Per me era difficile parlarne con altri. Facevo fatica a pronunciare la frase “mio padre è morto” e quindi evitavo l’argomento. Peraltro la maggior parte delle persone non conosceva Pio La Torre e tantomeno mio padre. Anche dire che mio padre era stato ucciso dalla mafia, voleva dire far innescare il pensiero di un regolamento di conti, della sua possibile appartenenza alla mafia. Proprio per questo non ne parlavo. Inoltre, pochi mesi dopo la morte di mio padre fu ucciso il prefetto Dalla Chiesa, e questo contribuì ad appesantire il clima in cui vivevamo.

La sofferenza e il ricordo

“Nel tempo ho sofferto di attacchi di panico, di anoressia, come le mie sorelle, finché non siamo riuscite a uscire, crescendo, da quest’atmosfera molto cupa che ci circondava. Per me furono importanti il periodo universitario e la possibilità di andare lontano da casa, all’estero, dove nessuno mi conosceva, dove non dovevo per forza spiegare chi fossi e non avevo attorno a me quel contesto che mi circondava e quella sensazione di precarietà che mi dava la Sicilia. Lontano da qua, dalla Sicilia, sono riuscita a elaborare il mio lutto ma mio padre è, ancora oggi, quel bel giovane con gli occhi azzurri che mi sorride e scherza con me. Sarà fiero di me? Spero che possa essere contento della persona che sono diventata perché ho cercato sempre di comportarmi seguendo i suoi insegnamenti, secondo quei valori che mi ha trasmesso”, conclude Tiziana Di Salvo.

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