Ruolo dei social, violenti e silenzio dei moderati - QdS

Ruolo dei social, violenti e silenzio dei moderati

redazione

Ruolo dei social, violenti e silenzio dei moderati

Salvo Fleres  |
mercoledì 29 Novembre 2023

La violenza e lo scontro non producono mai risultati equilibrati

Nella mia ormai non breve vita, allo scontro ho sempre preferito il confronto dialettico civile e democratico.
Tuttavia, mi rendo conto che sui social, di solito, vengono premiate le posizione estreme, violente, e questo mi preoccupa moltissimo, perché può provocare effetti davvero disastrosi su più livelli.
Nonostante ciò che possano pensare coloro i quali la esercitano sia verbalmente, sia fisicamente, la violenza non ha mai fatto bene a nessuno, neanche a quelli che spesso l’hanno predicata e praticata, ritenendola l’unico strumento di crescita e di cambiamento personale e sociale.

La violenza e lo scontro non producono mai risultati equilibrati, ma vittime, talvolta innocenti, di percorsi che non dovrebbero essere stati mai intrapresi.
Il confronto civile ed equilibrato approda a soluzioni compatibili, rispettose delle opinioni degli altri e difficilmente produce vittime, al massimo può produrre errori ai quali, con un pizzico di buonsenso, si può rimediare.

Eppure, ad affascinare e ad essere premiati dall’attenzione sono sempre di più gli estremisti e gli estremismi, che fanno della violenza una delle loro armi maggiormente in uso, salvo poi pentirsi delle scelte compiute nel breve volgere di poche stagioni, se non di poche ore.
Tuttavia, la colpa di fasi storiche violente, inconcludenti e talvolta pure volgari, come quella che, purtroppo, stiamo vivendo negli ultimi decenni, non è degli estremisti e dei loro metodi spregiudicati.

Loro sono pochi, anche se sono molto compatti, e fanno abbastanza bene il loro devastante lavoro di distruzione, di qualsiasi cosa o di chiunque non risponda al modello al quale si rifanno, ma dei moderati, di quelli che amano il confronto, ma non si espongono, non rischiano, non hanno il coraggio di difendere le loro idee.

Se lo facessero, se decidessero di metterci un po’ di entusiasmo, persino con un semplice like o partecipando ad una iniziativa, ad un convegno sui problemi che ci affliggono quotidianamente, scoprirebbero di essere in tanti e magari, invece di nascondersi e dirti a mezza bocca che “ti seguono”, che “sono con te”, che “condividono le tue idee” gli verrebbe la voglia di metterci la faccia e di scendere in campo per una causa giusta.

La partecipazione democratica, la competenza, l’indulgenza ed il buonsenso sembrano componenti estranee al momento che stiamo attraversando il quale rischia di passare alla storia come uno dei peggiori mai vissuti dal nostro Paese e purtroppo non solo del nostro.

Ci sono alcune cose da fare immediatamente o sarà davvero troppo tardi: sbloccare le opere pubbliche per livellare le condizioni economiche ed infrastrutturali in tutti i territori italiani, varare le riforme della giustizia, della burocrazia, del fisco e migliorare qualitativamente la scuola che fatica a tenere il passo con la società e talvolta è costretta a trascurare i suoi compiti, ecc.

In assenza di simili misure, ad esempio, potremo soltanto lamentarci se, dopo Taiwan, dopo molte aree del continente africano e dopo qualche altro territorio che gli sta a cuore, la Cina vorrà invadere anche il nostro Paese, a cui non resterà che imparare a magiare pollo fritto, riso alla cantonese ed involtini primavera.

Qualcuno potrebbe pensare che sia stato preso da un improvviso attacco di pessimismo cosmico, purtroppo, però, non è così e per rendercene conto basta guardarci in giro e dare un occhiata a quanto sta accadendo nei rapporti tra Stati Uniti, sempre più chiusi su sé stessi, e Cina sempre più protesta verso l’intero mondo.

Certo, stiamo attraversando un momento storico molto difficile e complesso in cui la risposta dovrebbe essere l’impegno e la partecipazione. Invece si reagisce con un pericoloso disimpegno che rischia di travolgere l’intero assetto istituzionale.
Molti parlano di Stato, moltissimi di Nazione, tuttavia parlare non basta, poiché l’Italia non si salva soltanto con le buone intenzioni, che possono rappresentare la molla per cominciare, ma con le buone azioni, che non si possono delegare a nessuno.

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