Sciolto per mafia anche il Comune di Mezzojuso - QdS

Sciolto per mafia anche il Comune di Mezzojuso

Gaspare Ingargiola

Sciolto per mafia anche il Comune di Mezzojuso

martedì 04 Febbraio 2020

Pubblicata la relazione della Prefettura sui pericoli d’infiltrazione criminale all’interno del Comune. Evidenziato un “accertato disordine amministrativo” e “l’assenza di cautele antimafia”

PALERMO – La Gazzetta ufficiale ha pubblicato la relazione del prefetto di Palermo, Antonella De Miro, che sta alla base della decisione della Presidenza della Repubblica di sciogliere il Consiglio comunale di Mezzojuso. Il presidente Sergio Mattarella ha firmato il Decreto di scioglimento lo scorso 16 dicembre.

Un mese e mezzo dopo la pubblicazione della relazione permette di conoscerne le motivazioni: la Prefettura sostiene che “sussistano elementi concreti, univoci e rilevanti tali da far ragionevolmente ritenere un altamente possibile collegamento tra l’Amministrazione comunale di Mezzojuso e l’organizzazione criminale di quel territorio, riconducibile a Cosa Nostra”.

In 239 pagine il prefetto De Miro mette nero su bianco un j’accuse molto duro, che parte dalla ricostruzione della vicenda delle sorelle Napoli. Irene, Gioacchina e Marianna Napoli sono proprietarie di un’azienda agricola e di vasti appezzamenti di terreno (circa 90 ettari) coltivati. A partire dal 4 agosto 2014 hanno presentato un totale di 26 denunce ai Carabinieri riferendo di essere vittime di ripetuti danneggiamenti alle recinzioni e di sconfinamenti di bovini, nonché dell’uccisione di due cani, precisando che gli episodi sarebbero iniziati subito dopo la morte del padre Salvatore Napoli. Alla storia delle tre sorelle hanno dato ampio spazio i mass media e in particolare la trasmissione “Non è L’Arena” di Massimo Giletti. Ed è stata una dichiarazione del sindaco di Mezzojuso Salvatore Giardina proprio durante una trasmissione tv a far scattare l’ispezione ministeriale, culminata con lo scioglimento del Consiglio e con la nomina dei tre commissari straordinari Daniela Lupo, Valeria Gaspari e Maria Cacciola.

“Il sindaco – ricorda la Prefettura – rispondendo a una sollecitazione di Giletti, confermava candidamente di avere partecipato ai funerali del boss Nicolò La Barbera, detto don Cola, morto nel suo letto, condannato per associazione mafiosa per avere curato la latitanza gli esponenti di spicco di Cosa Nostra corleonese e responsabili di delitti tra cui quelli contro i rappresentanti delle istituzioni e delle stragi. Lo stesso sindaco ribadiva pure che ‘lui va a tutti i funerali’, con questo ritenendo di ridimensionare la portata di un comportamento che rimane comunque indicativo di una forma di rispetto rivolto a un uomo di mafia da parte di chi invece era uomo delle istituzioni, perché all’epoca dei fatti il sindaco era assessore e avrebbe dovuto assolutamente prendere le distanze”.

In seguito Giardina ritratterà quella dichiarazione: “Non sono stato – scriveva su Facebook il 16 gennaio – al funerale di don Cola La Barbera. Dopo un’attenta ricerca (la vicenda parecchio indietro nel tempo, ottobre 2004, non mi ha consentito inizialmente di ricordare bene questo fatto) per sapere dove fossi stato veramente quel giorno, ho accertato che non ero a Mezzojuso e quindi non potevo essere a questo funerale. Ma Giletti continua a dire che vi sono stato lasciando intendere che io sia amico dei mafiosi. Ed è sin troppo chiara ed evidente a tutti la gravità di questa falsità”.

L’elenco di accuse e criticità sollevate dalla Commissione ispettiva, però, è lungo, circostanziato e dettagliato, secondo quanto riporta la Prefettura: “L’accertato disordine amministrativo; l’assenza di cautele antimafia nonostante la prevista obbligatorietà; l’assenza di una coordinata e programmata attività di indirizzo in ogni ambito e nella materia urbanistica e del controllo del territorio; la persistente inerzia nel controllo degli abusi edilizi; il ritardo nella definizione delle pratiche di sanatoria cui fa riscontro inopinatamente un rigurgito di attenzione riguardo a due sole pratiche che riguardano ‘impossibili’ autorizzazioni in sanatoria che favoriscono soggetti legati al contesto mafioso; un elevatissimo tasso di evasione nel pagamento dei tributi comunali che coinvolge, oltre che amministratori e dipendenti, anche appartenenti a contesti criminali mafiosi, tra cui fiduciari di Bernardo Provenzano; la mancata riscossione dei tributi in maniera sistemica; il contratto illegittimo per l’affidamento del servizio riscossione tributi a ditta legata alla famiglia mafiosa Spera di Belmonte Mezzagno”.

E ancora “gli affidamenti diretti di servizi e lavori senza il ricorso all’evidenza pubblica; la persistente sistematica omissione di richiesta di documentazione antimafia a protezione dei contratti e delle licenze rilasciate anche a soggetti legati al contesto mafioso; l’erogazione di contributi ad associazioni locali per iniziative festaiole o di valorizzazione dell’immagine del Comune i cui soci sono tutti imparentati con amministratori comunali, dipendenti comunali e talora in rapporti di colleganza con esponenti della criminalità mafiosa; l’omessa riscossione dei canoni livellari in attesa di un regolamento comunale mai esitato che riguarda oltre che terreni di proprietà comunale detenuti da amministratori e dipendenti anche terreni di vasta estensione detenuti da don Cola”.

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