Sembrano le nazionali, ma sono le europee

Sembrano le nazionali, ma sono le europee

Daniele D'Alessandro

Sembrano le nazionali, ma sono le europee

Giovanni Pizzo  |
lunedì 29 Aprile 2024

Un originale spunto di riflessione sulle ormai imminenti elezioni europee, in programma dal 6 al 9 giugno prossimi

Se uno vede gli slogan, i manifesti grandi o piccoli, sembra che stiamo per andare al voto delle elezioni nazionali. Il più chiaro, diretto, è Salvini con il suo Prima l’Italia, ma anche negli slogan, nelle parole d’ordine degli altri, c’è un’idea di tutto tranne che dell’Europa. Poi certo ci sono anche quelli che vogliono gli Stati Uniti d’Europa, con una postura derivante dall’illuminismo di Diderot e Rosseau che ispirò gli Stati federati americani. Sembrano quasi i radicali delle battaglie civili, una nicchia intellettuale, infatti c’è la Bonino. Certo che poi molte di quelle battaglie diventarono patrimonio comune, ma ci vollero anni. Oggi le sfide sono pressanti, se si perde tempo, per esempio, sulla Difesa Comune i cosacchi arriveranno a San Pietro, altro che i manifesti DC del 1948. Certo lo spirito illuminista fece l’America, il Nuovo Mondo, ma quelli erano dei fuoriusciti, emigrati perché in patria non erano nella cerchia di coloro che comandavano o si sottomettevano.

Qui è diverso, nonostante Spinelli e Monnet, De Gasperi ed Adenauer, qui nell’Europa a 27, non più quella delle origini, ed in Italia, il dibattito è introverso, rivolto all’interno, più che all’esterno. Sembra che nessuno, a parte quelli che con onestà intellettuale la rifiutano, abbia un’idea di come deve essere l’Europa del futuro, che grandi temi deve affrontare, che mezzi metterà in campo, che regole darsi. E soprattutto chi è, quale identità ha, quali radici comuni, che non sia la cancel culture del politicamente corretto della desacralizzazione del Natale. Ma quelli che rifiutano l’Europa, che non vogliono un Esercito Comune, un welfare comunitario, politiche finanziarie comunitarie, un Debito Comune, che non vogliono decisioni prese a maggioranza, come in tutti i paesi europei, che alternativa si danno, che Welfare immaginano, come pensano di sostenere la jungla della globalizzazione, la concorrenza internazionale dei grandi paesi, come pensano di difendersi dai cambiamenti climatici, dal terrorismo, dalle guerre? Risposte non ce n’è, solo parole che si sfarinano, che cambiano dal giorno alla notte, ma che creano leadership evanescenti.

Questa volta le europee consacreranno probabilmente Giorgia, con un  successo meno eclatante del quasi 35% di Salvini alla scorsa tornata europea. Dopo quel picco fu poi un tracollo, come successe a Renzi, che fece il 40, ma non conquistò la leadership in Europa, saldamente in mano alla Merkel e Macron. È spesso il destino di chi vince in Italia, ma non solo, ricordiamoci la maledizione di Churchill che vinse nettamente la guerra, spartì il mondo a Yalta, ma perse il potere. La Meloni tenterà di consolidarlo dopo le elezioni con il Premierato, ma tutti i tentativi di questo genere non tengono conto di come ci si ridurrebbe a fare politica contro un premier rafforzato di appartenenza contraria. Cosa farebbe Giorgia, ancora molto giovane, contro un Premier come Conte a parti invertite? La democrazia rappresentativa è quel sistema che governa, ma non impedisce di essere alternativa politica a chi non governa, fa governare i vincenti ma tutela i perdenti. E lei è cresciuta, ed è andata al governo, con un sistema di questo tipo, come si sentirebbe all’opposizione, cosa che può accadere a chiunque?

Così è se vi pare

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