Sicurezza sul lavoro più forma che sostanza - QdS

Sicurezza sul lavoro più forma che sostanza

Carlo Alberto Tregua

Sicurezza sul lavoro più forma che sostanza

mercoledì 17 Aprile 2024

Ci vogliono diecimila ispettori

L’ultima disgrazia della centrale idroelettrica di Suviana – a seguito della quale sono morte sette persone – continua la triste catena delle morti sul lavoro. Nel nostro Paese ve ne sono di media tre al giorno, per cui emerge ancora una volta il tema della sicurezza, ovvero dell’insicurezza, sul lavoro.
Eppure, per chi ha una minima conoscenza della normativa al riguardo, si dovrebbe dedurre che la copertura dei rischi sia pressoché totale, ma così non è. Delle due l’una: o le norme, ripetiamo, complete in ogni parte, non sono applicate, oppure esse sono osservate solo nella forma, ma non nella sostanza.

Perché in ogni caso i morti continuano? La risposta è nei fatti: i controlli, fra le norme e la loro esecuzione, non sono effettuati in maniera completa ed estesa. Perché? Perché non vi è un numero sufficiente di ispettori/trici del lavoro, quei soggetti che, con una dura attività di controllo, devono verificare se le norme sono applicate e con ciò evitare le disgrazie che si susseguono in maniera continua.

Chi è preposto a fare i controlli nelle imprese, ma anche nei siti pubblici? L’Ispettorato Nazionale del Lavoro (INL), che di fatto è il corpo degli/delle ispettori/trici del lavoro. Esso, però, è dotato solo di circa quattromila dipendenti, mentre avrebbe bisogno di triplicare o quadruplicare la sua forza per potere effettuare i necessari controlli.
Vi è una seconda questione in ballo e cioè che tali ispettori/trici non sono pagati/e a sufficienza perché fanno un delicato lavoro che può prevedere casi di corruzione, per cui stipendi adeguati potrebbero prevenire tali casi.

Sorge subito un’osservazione: lo Stato non è in condizione di assumere altro personale. A essa si risponde facilmente con il suggerimento di bandire i concorsi interni fra i tre milioni di pubblici dipendenti perché vi sarebbe sicuramente qualche migliaio di essi/e pronti a diventare ispettori/trici del lavoro – ovviamente dopo opportuni corsi di formazione – incentivati/e anche dagli stipendi doppi rispetto a quelli che già percepiscono.
Quindi la soluzione c’è, non si capisce perché non si adotti.

In Germania e in Francia i morti sul lavoro sono la metà di quelli italiani. Ciò vuol dire che in quei Paesi le norme sono parimenti stringenti, ma le imprese e i soggetti pubblici le osservano con maggiore attenzione ed i controlli sono talmente efficaci da sconsigliare a chiunque di oltrepassare i limiti previsti dalle stesse norme.

Siamo sempre al solito ritornello: le cose non funzionano perché la Pubblica amministrazione è squinternata. Ma essa rappresenta il motore della Nazione, la quale non può procedere e progredire perché esso, il motore, è in panne, cioé funziona male, con la conseguenza che tutto funziona male.
Ovviamente la responsabilità di quanto precede non è dei/delle dipendenti, ma di una dirigenza che non è sufficientemente preparata e di una classe istituzionale, detta con pochezza “politica”, che non è capace di indirizzare i/le dirigenti su programmi e cronoprogrammi precisi, con obiettivi lampanti e con controlli ferrei.

Nei corpi delle Forze dell’Ordine, e specificatamente la Guardia di Finanza, le cose vanno diversamente perché lì l’organizzazione è ferrea, è precisa e i risultati dimostrano senza ombra di dubbio che essa funziona bene.
Non si capisce perché, l’abbiamo scritto più volte, altre branche della Pubblica amministrazione nazionale e locale non utilizzino quei modelli funzionanti per adottarli nei propri siti.

La riforma della Pubblica amministrazione rimane nei cassetti e tutti i ministri da trent’anni a questa parte dicono che intendono metterci le mani, ma poi si arenano di fronte alla resistenza passiva che fa tutta la dirigenza, appoggiata dai sindacati, in quali difendono i/le meno meritevoli perché essi il livello qualitativo del loro funzionamento si deve abbassare piuttosto che alzare, per cui di merito e produttività non bisogna avere traccia.
Una malattia che investe la sicurezza sul lavoro, per cui non c’è da meravigliarsi se muoiono tre persone al giorno.

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