Società sportive, la crisi si supera creando community - QdS

Società sportive, la crisi si supera creando community

redazione

Società sportive, la crisi si supera creando community

mercoledì 06 Ottobre 2021

Fabio Pagliara, presidente della Fondazione “Sport City” ed ex segretario generale della Fidal, interviene sul futuro del settore. “Occorre trovare risorse alternative”

CATANIA – Il mondo dello sport sta cambiando: tra innovazione e tradizione si cerca una nuova formula per far progredire il settore, soprattutto per chi lo intende a livello aziendale, anche per la sua capacità di far da traino coinvolgendo pure altre sfere produttive di un Paese. Resta immutata invece la sua utilità e peculiarità fondante, quella cioè del raggiungimento di un benessere personale, formativo e infine di inserimento sociale. Non a caso al tempo del Covid-19 e del tanto discusso Piano nazionale di ripresa e resilienza si vuol concedere uno spazio importante dedicato proprio al contesto sportivo. Di questo abbiamo parlato con particolare focus conclusivo sul Calcio Catania, realtà sportiva territoriale che vive una fase difficile della sua storia, con Fabio Pagliara, presidente della Fondazione Sport City e figura attiva nel settore, le cui competenze trasversali – dal marketing alla pratica dello sport – sono riconosciute in tutta Italia anche per i recenti successi olimpici dell’atletica, in quanto Pagliara è stato per anni il segretario generale della Fidal. Di seguito la nostra intervista al dirigente sportivo.

Definire una galassia immensa come quella dello sport è diventato sempre più difficile.
“Si deve cambiare il paradigma dello sport – spiega Pagliara -. Quest’ultimo sta mutando: adesso c’è una cultura del benessere. Non si pensa solo alla pratica agonistica o alle squadre di calcio di Serie A ma ci sono anziani e bambini che fanno sport quindi dobbiamo inserire tutto in un contesto più ampio”.

La politica, di concerto con i vertici del Coni e delle federazioni, sta lavorando nella giusta direzione per garantire allo sport le risorse necessarie a sostenere il suo ruolo sociale e produttivo?
“Con la pandemia si è scoperto quanto lo sport sia essenziale nella società moderna. Stiamo provando a inserire la parola sport in Costituzione perché vogliamo conquistare i concetti di diritto allo sport e cultura del movimento. È evidente che trasversalmente lo sport tocca tutte le componenti della società: sanità, welfare, Pil e Felicità interna lorda. Questo assume un’importanza sempre più essenziale sia nell’ambito dell’imprenditoria locale, sia nelle città ma anche nel marketing territoriale: anche con lo sport i produttori hanno la possibilità di crescere. Questo è uno dei motivi per cui per la prima volta nel Pnrr sono stati inserite risorse importanti in questo senso”.

Il marketing sportivo, l’imprenditorialità applicata allo sport: si tratta di concetti con cui bisogna fare i conti oggi. Un mondo in evoluzione, ma come sta cambiando?
“Prima c’era il magnate che faceva fare sport con le proprie risorse e le famiglie che facevano praticare attività sportive ai propri figli. Oggi rispetto a questa visione dobbiamo considerare lo sport una parte di un contesto più ampio della città o di un aspetto più globale. La piramide si ribalta e così anche dal punto di vista del marketing si devono trovare risorse in modi alternativi. Lo sport ha due alleati ovvero le città e la tecnologia. Il mondo che diventa fisico e digitale. Occorre sviluppare una grande ricerca tecnologica per migliorare i servizi e la capacità di fare gruppo, di essere riconducibili alla stessa bandiera. Le città diventano da un lato palestre a cielo aperto e dall’altro baluardo della volontà di essere parte di una stessa bandiera, aspetto particolarmente utile per le società. Per il cittadino c’è la possibilità di fare sport all’aria aperta utilizzando i parchi, i lungomari, i lungolaghi ma anche spiagge o mare. La ricerca del benessere diventa anche un meccanismo di marketing territoriale e di sviluppo del turismo e diventa decisivo”.

Dove si possono quindi rintracciare preziose risorse economiche a sostegno dello sport e nello specifico delle società maggiormente rappresentative di un territorio che non vengano dalle amministrazioni pubbliche?
“Si tratta di risorse che non derivano dalla possibilità di vendita di magliette o da un cartellone a bordo campo. Ribadisco che oggi si deve fare i conti con la realtà digitale. Le società sportive diventano così delle grandi community appetibili a più mercati. Questo sforzo è fondamentale per potere svolgere azioni di marketing. Da qui deriva l’idea, un po’ tedesca, dell’azionariato popolare o diffuso che prevede la partecipazione di tifosi o stakeholder al futuro di una società sportiva o di uno sport”.

Era proprio questo il modello che aveva immaginato di portare al Catania sposando il progetto Sigi. Attualmente la situazione non è facile: è diventato davvero così complicato gestire la vita di una società calcistica?
“Le società di calcio di Serie A vivono un momento di grandissima crisi, quindi è evidente che il modello va cambiato. Io rimango un sostenitore, non del mio modello di azionariato, ma del fatto che vada profondamente innovato il sistema economico su cui si fonda lo sport anche ai livelli più alti. Non ho più seguito le vicende del Catania e sarei presuntuoso a dire che oggi sia ancora replicabile. Pensavo potesse essere una chiave, a suo tempo, per rilanciare una realtà in crisi. Il modello del calcio in generale, dalla Serie A ma specialmente in realtà come il campionato di Serie C, deve essere fortemente rinnovato e innovato”.

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