Strage Mottarone, la difesa, "Forchettone potrebbe non aver inciso" - QdS

Strage Mottarone, la difesa, “Forchettone potrebbe non aver inciso”

redazione web

Strage Mottarone, la difesa, “Forchettone potrebbe non aver inciso”

venerdì 28 Maggio 2021

La sindaco leghista di Stresa contrattacca, "procederò contro chi dice che Comune sapeva". Mistero fune, sequestrata la scatola nera. La Procuratore, "scelta scellerata in spregio alla vita"

La tragedia di Mottarone è diventata un caso politico. Dopo il post su Facebook in cui Roberto Calderoli aveva scritto “Se fossero confermate le accuse, e ripeto il se”, come se si dubitasse della ricostruzione della magistratura, un’altra esponente leghista, la sindaco di Stresa Marcella Severino, è stata costretta a respingere le accuse circolate sul web riguardo al disastro costato la vita a quattordici persone.

“Qualcuno si è permesso di dire – ha affermato – che l’amministrazione comunale di Stresa e la comunità intera sapevano di questo modus operandi per la funivia: è intollerabile, inqualificabile ed è mio dovere tutelare l’immagine mia, della mia città e dei miei cittadini nelle sedi opportune”.
“Già – ha aggiunto – abbiamo dovuto subire e vivere una tragedia enorme e ora queste accuse del tutto infondate e gravissime: chi ha detto e scritto cose non vere ne risponderà”.

Ieri pomeriggio la procuratore Olimpia Bossi e la pm Laura Carrera hanno trasmesso alla gip Donatella Banci Buonamici – che ha fissato gli interrogatori per domattina – la richiesta di convalida del fermo di Luigi Nerini proprietario dell’impianto, del direttore di esercizio Enrico Perocchio e del capo servizio Gabriele Tadini.

Le dure accuse nel provvedimento di fermo

Nel provvedimento di fermo, le frasi secche e stringate della procura dipingono un quadro “inquietante”, per dirla con le parole pronunciate dal procuratore Bossi dopo l’interrogatorio in cui Tadini ha confessato.

“Ha ammesso – è scritto nell’atto – di avere deliberatamente e ripetutamente inserito i dispositivi blocca freni (forchettoni), disattivando il sistema frenante di emergenza destinato ad entrare in funzione e arrestare la corsa della cabina della funivia in casi di pericolo e in particolare di improvvisa rottura della fune trainante”.

Una condotta “di cui erano stati ripetutamente informati” l’ingegner Perocchio e Luigi Nerini, direttore di esercizio che “avallavano tale scelta e non si attivavano per consentire i necessari interventi di manutenzione che avrebbero richiesto il fermo dell’impianto, con ripercussioni di carattere economico”.

Perocchio, attraverso il suo legale, l’avvocato Andrea Da Prato, ha fatto sapere di non aver autorizzato l’utilizzo della cabinovia con i “forchettoni”. Ma per gli inquirenti i fatti, così come ricostruiti, sono “di straordinaria gravità in ragione della deliberata volontà di eludere gli indispensabili sistemi di sicurezza dell’impianto di trasporto per ragione di carattere economico e in assoluto spregio delle più basilari regole (…) finalizzate alla tutela dell’incolumità e della vita” dei passeggeri.

La posizione degli operai

Gli inquirenti stanno anche valutando la posizione della squadra di operai addetti all’impianto che avrebbero messo in atto la scelta “scellerata”, è la definizione dei magistrati, per bypassare la anomalia al sistema frenante emersa dal 26 aprile scorso e che aveva portato a degli interventi “volanti”.

Bisognerà capire se fossero o meno consapevoli delle conseguenze che poteva avere l’attivazione dei forchettoni sulla sicurezza e l’incolumità dei passeggeri.

Scatola nera e fune spezzata

Sul fronte delle indagini, in attesa di esaminare la scatola nera dell’impianto, sequestrata con tutto il resto, i Carabinieri sono tornati sul luogo della tragedia con il professor Giorgio Chiandussi, docente di Ingegneria meccanica e aerospaziale al Politecnico di Torino e consulente della Procura. Tra le varie ipotesi, quella che cavo poi spezzatosi si sarebbe sfilacciato a causa dei “forchettoni” inseriti per non far azionare il freno d’emergenza.

Il perito si è anche recato nelle stazioni della funivia: quelle di partenza e arrivo e quella intermedia. Perché se è vero che resta da capire come si è spezzata la fune, dovrà comunque analizzare “tutte le componenti interessate dall’incidente”.

Pericolo di fuga dei fermati

Da sottolineare, infine, che il decreto di fermo dei pm adombra anche il pericolo di fuga dei tre fermati, “anche in considerazione dell’eccezionale clamore a livello anche internazionale per l’intrinseca drammaticità” dell’incidente.

Drammaticità “che diverrà sicuramente ancora più accentuato – conclude la Procura – al disvelarsi delle cause del disastro”.

La posizione della difesa

“Non credo che il forchettone potesse incidere sulla fune”. E’ quanto ha spiegato ai cronisti l’avvocato Marcello Perillo, legale del responsabile del servizio della funivia del Mottarone, Gabriele Tadini, chiarendo comunque a più riprese che sta cercando di “recuperare delle persone”, ossia dei consulenti, che possano fare chiarezza sulla eventuale correlazione tra le anomalie del sistema frenante e la rottura del cavo traente. Per il difensore un aspetto da valutare è capire “questi freni su quali delle due funi insistevano”.

“E’ molto provato e distrutto”, ha detto Perillo su Tadini, il responsabile del servizio della funivia del Mottarone, dopo un incontro in carcere che ha avuto ieri. L’avvocato ha spiegato ai cronisti che tornerà a incontrarlo nel pomeriggio. “Lui si è sempre rifugiato nella fede e mi ha detto ‘sono nelle mani di Dio per tutto'”.

“La Procura di Verbania, chiedendo il carcere per Gabriele Tadini, il responsabile del servizio della funivia del Mottarone, ha contestato tutte e tre le esigenze cautelari, ossia il pericolo di fuga, di inquinamento probatorio e di reiterazione del reato – ha precisato il legale-. E’ probabile che queste stesse esigenze cautelari siano contestate anche agli altri due fermati, il gestore dell’impianto Luigi Nerini, e il direttore di esercizio Enrico Perocchio”.

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