Studiare molto, imparare l’eccellenza - QdS

Studiare molto, imparare l’eccellenza

Carlo Alberto Tregua

Studiare molto, imparare l’eccellenza

venerdì 28 Luglio 2023

Tutto esiste, ma noi non lo sappiamo, perché secondo alcuni studi la conoscenza umana è appena il quattro per cento dello scibile.
Cos’è che fa avanzare la conoscenza? La scienza e la tecnologia. La scienza, sosteneva Karl Popper, è tale se è falsificabile. A prima vista non si capisce il senso di questa affermazione, ma se si riflette sul suo significato, si capirà che una scienza è vera se si può produrre il suo contrario.

Sono scienza e tecnologie che fanno progredire una popolazione. Infatti, agli albori gli esseri umani non coltivavano la terra. Poi hanno cominciato ad usare qualche strumento come la zappa, poi l’aratro, poi sono arrivate le macchine motorizzate e ora si sta arrivando, con l’uso dell’intelligenza artificiale, a utilizzare le stesse macchine senza conducenti.

Quanto precede potrebbe far pensare che aumenti la disoccupazione, perché l’uso delle braccia diminuisce fortemente e viene sostituito dall’uso dell’intelligenza umana e artificiale. Ma non è così perché vi è un passaggio dall’attività fisica a quella mentale che adopera i nuovi congegni digitali.

Alla base della crescita della scienza e della tecnologia, che a loro volta fanno progredire la vita e il benessere della specie umana, vi è la scuola, cioè vi è quel processo di educazione che consente la formazione dei giovani fino a quando essi crescono e diventano classe dirigente – anche se non tutti per la verità.

Come sta la scuola italiana? Non certamente bene. Non lo diciamo noi, ma citiamo un test che valuta il rendimento scolastico all’età di quindici anni. Dal 2000 ve ne è uno ogni tre anni e a esso partecipano un’ottantina di Nazioni. L’ultimo è stato tenuto a Pisa nel 2018.
Ebbene, secondo l’Ocse, per la capacità di lettura del testo si è classificata prima la Cina, seconda Singapore e … trentaduesima l’Italia. Per la matematica, ancora una volta prima la Cina, seconda Singapore e… trentunesima l’Italia. Per le scienze, per la terza volta la Cina, per la terza volta Singapore e al quarantesimo posto l’Italia.
L’Italia è sotto la media, il che la dice lunga, soprattutto sulla scarsa capacità di comprendere subito i concetti che i giovani leggono.

I giovani ovviamente vivono nelle famiglie o, quelli/e più sfortunati/e, in ambienti collettivi di varia natura; quindi essi/e sono anche il risultato dell’ambiente in cui crescono: se a tavola si accantonassero gli smartphone e i genitori parlassero ai figli dei problemi sociali, ambientali, culturali, economici e suscitassero la loro reazione, li aiuterebbero a crescere, a pensare di più e meglio: un dialogo costante in famiglia avrebbe dei riflessi a scuola.

E qui veniamo al tipo di insegnamento che viene effettuato. Purtroppo, dal 1968 in avanti il metodo di selezione degli/delle insegnanti è via via precipitato perché ormai solo una parte minoritaria di essi/e è stata selezionata mediante concorso.
Gli/le insegnanti dovrebbero stimolare la curiosità e l’intelligenza dei/delle giovani e cercare di sviluppare nella loro testa la capacità di capire i problemi e di risolverli, perché poi questo meccanismo si trasferisce nell’attività professionale ed anche nella vita. Dunque, i/le giovani sono la conseguenza di come funziona la famiglia e di come funziona la scuola.

Fra le cose che dovrebbero insegnare ai/alle giovani è puntare in alto, cioè puntare all’eccellenza. Mi è capitato in occasione di conferenze che ho fatto nelle scuole e nelle università, di sentire domande intelligenti da parte di ragazzi/e abituati/e a ragionare, suppongo, sia in famiglia che nella scuola; ed altre domande inconsistenti da parte di giovani che non erano stati sufficientemente assistiti/e né dalle proprie famiglie né dagli/dalle insegnanti.

Ho sempre cercato di spiegare con parole semplici e senza circonlocuzioni che ogni giovane deve puntare a conquistare la sua libertà, senza intaccare quella altrui; per cui deve impegnarsi al massimo tutto il tempo che serve per dotarsi di competenze e di conoscenze tali che poi, appena finita la maturità o la laurea, gli consentiranno di affrontare il mondo del lavoro con professionalità.
Puntare all’eccellenza, dunque, come stanno facendo i cinesi, che sono riusciti a ridurre l’analfabetismo dal 98 al 2 per cento e i cui tecnici migliori vengono fuori da una selezione ferrea durante il percorso scolastico, per poi trovare subito lavoro.

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