Turismo montano e climate change - QdS

Turismo montano e climate change

Maria Francesca Fisichella

Turismo montano e climate change

mercoledì 14 Febbraio 2024

Occorre pensare ad un nuovo modo di vivere il turismo montano invernale

Anche tra queste righe si parla di cambiamenti climatici. Ebbene sì, perché il 2023 è stato l’anno più caldo di sempre, secondo i dati di Copernicus Climate Change Service, e l’aumento delle temperature medie modifica il turismo al mare, in montagna, nell’outdoor, nelle città d’arte, nei siti archeologici e museali, incidendo profondamente sul settore.

L’Italia è al centro del Mediterraneo, dove gli eventi climatici estremi sono accelerati del 20 per cento. Non sarà un caso se alla Bit 2024, Enit ha presentato i primi risultati della ricerca “Turismo Climate-sensitive”, il progetto di ricerca che ha il duplice scopo di analizzare e misurare l’impatto dell’emergenza climatica nei comportamenti della domanda di viaggio e dell’offerta di turismi, e contemporaneamente di contribuire, sulla base di dati oggettivi, alla messa a punto di nuovi modelli di lavoro per imprese e destinazioni turistiche, riducendo le minacce e individuando nuove opportunità.

Nei prossimi anni gli addetti ai lavori dovranno confrontarsi con nuove sfide. Ad esempio, lo scorso 21 gennaio, in occasione della Giornata dedicata alla prevenzione degli incidenti tipici della stagione invernale, nell’ambito del Progetto “Sicuri in Montagna” del Cnsas (Corpo Nazionale Soccorso Alpino e Speleologico) e del Cai (Club Alpino Italiano) gli eventi organizzati hanno avuto come parole chiave informazione e prevenzione dei pericoli insiti nella frequentazione della montagna invernale, legati non solo alle scivolate su terreno ghiacciato o all’ipotermia, ma anche al cambiamento climatico che sta incidendo sugli incidenti in montagna.

Converrà, dunque, pensare ad un nuovo modo di vivere il turismo montano invernale, dal momento che i dati parlano: in un’anticipazione del rapporto Nevediversa 2024 – in uscita in primavera – di Legambiente, si documenta come gli oltre 5mila km di piste da sci italiane – 5.771 quelli sulle Alpi italiane e 710 km quelli sugli Appennini – vivono soprattutto grazie all’innevamento artificiale, una pratica insostenibile che comporta ingenti consumi d’acqua, d’energia e di suolo in territori di pregio naturalistico.

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