Un farmaco antigotta contro il Coronavirus, il progetto promosso da uno studio tutto italiano - QdS

Un farmaco antigotta contro il Coronavirus, il progetto promosso da uno studio tutto italiano

redazione

Un farmaco antigotta contro il Coronavirus, il progetto promosso da uno studio tutto italiano

mercoledì 22 Aprile 2020

ROMA – Valutare il possibile trattamento dell’infezione da Coronavirus con la colchicina, farmaco utilizzato nei disturbi su base auto-infiammatoria e nella gotta. È questo l’obiettivo primario che si pone il nuovo protocollo di studio “Colvid-19”. Il progetto è promosso dalla Sezione di Reumatologia del dipartimento di Medicina dell’Università di Perugia e realizzato sotto l’egida della Sir (Società Italiana di Reumatologia, che finanzia anche la ricerca), della Società italiana di Malattie infettive e tropicali (Simit) e dell’Associazione italiana Pneumologi ospedalieri (Aipo). L’obiettivo è reclutare 308 pazienti ospedalizzati, colpiti da Covid-19, per i quali però non è ancora necessario il trattamento in terapia intensiva.

“La colchicina è un vecchio farmaco che da molti anni utilizziamo contro alcune patologie infiammatorie acute, come gotta e altre forme infiammatorie croniche – afferma Roberto Gerli, presidente eletto di Sir -. Presenta delle peculiarità e delle potenzialità estremamente interessanti. Il farmaco può avere un’azione antivirale, ma contemporaneamente è in grado di bloccare la risposta infiammatoria del sistema immunitario senza però causare una immunodepressione. Sono tutte caratteristiche che possono essere sfruttate per limitare e quindi prevenire alti livelli di infiammazione responsabili dei danni d’organo determinati da un agente patogeno estremamente pericoloso e insidioso come il Coronavirus”.

Lo studio Colvid-19 si svolgerà sull’intero territorio nazionale e potranno partecipare tutti i centri che inoltreranno una richiesta. Dai dati finora disponibili emerge che “circa il 25% dei pazienti ricoverati, a causa del virus, ha un peggioramento clinico che causa la necessità di ventilazione meccanica o il ricovero in terapia intensiva. Dobbiamo quindi trovare nuovi trattamenti per ridurre l’infiammazione polmonare e di altri organi e di conseguenza le ospedalizzazioni. Così sarà possibile dare nuove chances di sopravvivenza e ridurre accessi e ricoveri nelle strutture sanitarie. Stiamo inoltre già lavorando – conclude Gerla – a nuovi progetti di studio per il coinvolgimento di pazienti anche a livello domiciliare”.

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