Un Paese senza salute mentale

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Un Paese senza salute mentale

Giovanni Pizzo  |
mercoledì 14 Febbraio 2024

L’Italia è il paese con la peggiore salute mentale d’Europa, ma gli strumenti che abbiamo in merito bastano?

I fatti: Tre morti, la madre, uccisa non si sa quando, e poi bruciata, i figli prima torturati e poi uccisi. Loro, I Folli, i nuovi Manson e adepti, sembrano una piccola setta. Cervelli bruciati, senza più Io senziente. Lui, il marito reo confesso, Giovanni Barreca, non si capisce perché chiama i carabinieri, se il suo giudice è un Dio personale, senza mediazioni. Follia, non quella di McGrath, più provinciale, in un paesino dal nome altisonante alle porte di Palermo.
Il contesto: Sicilia, Italia, un Paese che dall’adozione della legge Basaglia nel 1978, facevo le medie, ha smarrito il senso di una igiene, mentale. Cosa abbiamo fatto in sostituzione dei manicomi? Dei dipartimenti di salute mentale, nome altisonante, interdisciplinare, ma le risorse, gli uomini e le donne ci sono? E bastano per quanto disagio dopo 45 anni? L’Italia di oggi dal punto di vista della Salute mentale è quella di allora?
L’Asp di Palermo, competente per il caso Altavilla, aveva, ha, strumenti per rilevare, contenere, gestire tutto il disagio che emerge da questa realtà? Da questo epifenomeno crudele, ancestrale, biblico? Quante risorse umane specializzate, motivate, supportate da servizi e strumenti, ha in campo? Centinaia, migliaia? Forse poche decine.
Il fenomeno del disagio è immenso, l’Italia è il paese con la peggiore salute mentale d’Europa, Tavor e Xanax scorrono come fiumi. Come i fiumi di parole che dimostrano l’inconsistenza delle istituzioni preposte, mentre la lotta è per le poltrone dei manager, nelle case, nella società, in cui è saltato il controllo di comunità, si producono drammi, con piccole scosse sismiche che vicinato, scuola, comuni, non riescono a capire, ascoltare, gestire. A volte ci sono dei TSO, gestiti da psichiatri in trincea, come il tenente Drogo del Deserto dei Tartari di Buzzati, ma bastano? Bastano le comunità assistite, le case di contenimento e riabilitazione, ci sono abbastanza risorse umane per fare fronte, giorno, notte, festivi, al mare di disagio mentale dilagante? I numeri sono esplosivi, sia sul disagio giovanile che in quello degli adulti, con frustrazioni di un mondo che è andato più veloce delle loro capacità di gestirlo, tra matrimoni falliti, lavori falliti, ruoli sociali di ciascuno in scomposizione continua. Sembriamo tanti Michael Douglas nel giorno di ordinaria follia. Il direttore generale dell’Asp, l’uomo, anzi la donna, sul campo quante truppe ha, quanti strumenti? La politica regionale, quella nazionale, dopo lo scarno, economicamente, contentino del bonus psicologico, si è lavata la coscienza?
La follia non è loro. È nostra, tra noi, solo che la rimuoviamo, fino a quando il dramma non ci arriva in casa. Ed anche in quel caso lo nascondiamo, lo rifiutiamo, lo esorciziamo, come hanno fatto ad Altavilla. Non è un difetto genetico, una vita ammalorata, una malattia. È un Daimon, loro, io no, noi no. Noi siamo sani. Forse.
Cosi è se vi pare

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