Ma il coronavirus ci fa (anche) respirare meglio. Traffico bloccato e in città c’è aria di campagna - QdS

Ma il coronavirus ci fa (anche) respirare meglio. Traffico bloccato e in città c’è aria di campagna

redazione

Ma il coronavirus ci fa (anche) respirare meglio. Traffico bloccato e in città c’è aria di campagna

giovedì 19 Marzo 2020

La pandemia, frutto anche di abusi ambientali, ci obbliga a mutare gli stili di vita che hanno portato al climate change

di Rosario Battiato e Antonio Leo

PALERMO – L’isolamento forzato, a cui in questi giorni sono costretti milioni di italiani per bloccare o quantomeno rallentare la diffusione del Coronavirus, sta portando con sé almeno un miglioramento evidente nella qualità delle nostre vite. È sotto gli occhi di tutti, ma sarebbe meglio dire sotto i nasi di ciascuno di noi, che l’aria che respiriamo è nettamente più pulita.

Girando per i centri urbani, liberati da migliaia di auto, sembra di stare in campagna e chi ha la fortuna di vivere vicino al mare, da casa propria, può sentire perfino quell’odore salmastro, ricco di iodio, che tanto bene fa ai polmoni e anche al nostro umore.

Non è soltanto una sensazione. Dopo settimane di restrizioni, zone rosse, chiusure di scuole e attività commerciali, l’inquinamento è decisamente calato. I livelli di biossido di azoto, un marcatore dell’aria cattiva, si sono ridotti come mostrano le immagini di Sentinel 5, satellite del programma europeo Copernicus, gestito da Commissione europea e Agenzia spaziale europea (Esa).

Ma facciamo un passo indietro. Questo virus, che ci sta obbligando a rivedere i nostri stili di vita, a quanto pare – almeno in parte – è una conseguenza degli abusi dell’uomo sull’ambiente. Cambiamenti climatici, riscaldamento globale, prolungata siccità (come in Sicilia dove marzo, dopo gennaio e febbraio, si avvia a diventare il terzo mese consecutivo senza piogge o quasi) sono l’altra emergenza che sembra non interessare a nessuno.

L’impatto dell’uomo sul Pianeta è al centro dell’ultimo studio del Wwf “Pandemie, l’effetto boomerang della distruzione degli ecosistemi – Tutelare la salute umana conservando la biodiversità” che certifica il peso della sistematica devastazione ambientale nella diffusione delle cosiddette malattie emergenti che si trasmettono dagli animali all’uomo e che prosperano in un mondo globalizzato e non sostenibile.
Anche le modalità di trasmissione, secondo quanto riportato nei giorni scorsi dai ricercatori della Società italiana di medicina ambientale, risponderebbero a una responsabilità umana, cioè all’inquinamento, visto che potrebbe essere il particolato atmosferico uno dei maggiori responsabili del trasporto e della sospensione nell’aria di contaminanti chimici e biologici, inclusi appunto i virus.

Il taglio delle emissioni di questi giorni, che come detto deriva dal blocco della circolazione e della riduzione delle attività produttive, ci mostra un esempio di come potrebbe essere una società meno asfissiata dall’inquinamento.

MENO TRASPORTI, TAGLIO ALLE EMISSIONI
La forte riduzione del traffico veicolare nei centri urbani, come confermato dal satellite Copernicus Sentinel 5-P, ha ridotto in particolare il “diossidio di azoto”, un “veleno” che viene emesso dai combustibili fossili, quindi in particolare dai veicoli a motore e dalle strutture industriali. L’Italia, in un certo senso, è la prova del nove: già in Cina, interessata da misure restrittive a cittadini e imprese per contenere il Covid-19, si era osservata una riduzione del gas nocivo pari al 30%.

Anche sul fronte dei trasporti aerei si registra una netta contrazione, soprattutto considerando il peso rivestito dalle tratte come la Roma-Catania e la Roma-Palermo che, nelle rilevazioni degli ultimi anni, sono sempre risultate tra le più frequentate d’Italia. Ed ora, con il divieto di ingresso e di uscita dall’Isola (salvo poche eccezioni) – imposto dal ministero dei Trasporti dopo i disperati appelli del presidente Nello Musumeci affinché venisse fermato il controesodo dei siciliani dal Nord (potenzialmente infetti) – si dovrebbe registrare un ulteriore contributo alla “sanificazione” dell’aria.

L’INQUINAMENTO COSTA
Pe far fronte all’emergenza sanitaria il Governo ha appena stanziato 25 miliardi di euro all’interno del cosiddetto decreto “Cura Italia”. Una cifra che appare piccola di fronte a quello che ogni anno ci costa l’inquinamento: 61 miliardi di dollari e quasi 80 mila vittime che sono quelle morti premature riconducibili proprio allo smog. Lo ha certificato, nelle scorse settimane, Greenpeace nel rapporto “Aria tossica”. Esattamente come per il virus – che dopo un’iniziale sottovalutazione, vede politiche di contenimento e misure anti-contagio nei Paesi colpiti – adesso è il momento di fare altrettanto per la lotta all’inquinamento.

E non è che non si sia fatto proprio nulla in passato – si pensi per esempio all’Accordo di Parigi – ma ancora è troppo poco, come ha recentemente denunciato anche Greta Thunberg alla Commissione Ambiente del Parlamento europeo, parlando di resa: “Se la tua casa brucia, non aspetti qualche altro anno prima di spegnere l’incendio”.

L’ARIA CHE RESPIRIAMO
In tutta Italia e pure in Sicilia i fortunati cittadini che sono riusciti a trovare una mascherina la indossano per recarsi al lavoro, per fare la spesa e per tutte le altre attività che sono rimaste fuori dalle restrizioni anti-covid. Eppure, queste mascherine, se ci avessero detto con la stessa chiarezza di questi giorni cosa respiravamo nell’aria, le avremmo probabilmente indossate anche prima dell’avvento del virus.

Per l’Isola, basta andarsi a leggere i bollettini dell’Arpa (l’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente) che prendono in considerazione gli anni tra il 2012 e il 2018. In quest’ultimo anno si sono registrati, nei grandi agglomerati urbani (come Catania e Paleremo) e nel quadrilatero “della morte” (Priolo, Melilli, Augusta, Siracusa), valori superiori a quelli consentiti dalla legge (D.Lgs. 155/10) sia per le concentrazioni di biossidio di azoto (NO2) che per quelle di ozono (O3).

Nel dettaglio, sono stati rilevati a Priolo quantità elevate di Pm10 e arsenico, mentre per il biossido di azoto le zone critiche sono le due più grandi città dell’Isola, dove la pressione del traffico veicolare è enorme. “Fuorilegge” sono ancora le concentrazioni di ozono “in 8 su 18 stazioni della rete in cui viene monitorato”, anche se in questo caso, va detto, si nota “una diminuzione rispetto al 2017 sia in termini di numero di superamenti che di numero di stazioni interessate dai superamenti”. A causa del cattivo stato dell’aria siciliana, sulla Regione incombono due procedure di infrazione per la violazione della direttiva 2008/50/CE: la 2014/2147 segnala la Sicilia per superamento dei valori limite di Pm10 in Italia e la 2015/2043 relativamente ai livelli di biossido di azoto.

SOLUZIONI: INUTILE PARLARE DI VIRUS
Le misure per contrastare la diffusione del coronavirus sono ovviamente temporanee e si spera che il mondo possa al più presto superare questa emergenza, ma una riflessione va fatta. E’ ovvio che con il ritorno alla normalità non sarà possibile continuare a tagliare le emissioni in maniera così drastica, imponendo un blocco “strutturale” della circolazione, però tornare indietro significherebbe non avere capito nulla. Non si potrà prescindere da un maggiore utilizzo delle zone a traffico limitato, che in Sicilia sono minime, e su altre azioni per la mobilità sostenibile. Altra strategia potrebbe essere quella di incentivare lo smart working, che molte aziende sono state costrette a sperimentare in questi giorni.

La strada è obbligata, anche per la nostra “insostenibile” Isola. Infatti, mentre nel resto del mondo, almeno per quanto riguarda le grandi città, entro il 2030 il trasporto su auto verrà superato da quello “green” (studio Kantar), l’ultimo rapporto “Italia smart” (Smart city index 2020) ha bocciato la mobilità nei centri isolani. A Messina e Catania, in controtendenza rispetto al resto del Paese, le auto sono addirittura cresciute tra il 2002 e il 2018.

In Sicilia ci sono complessivamente (dati Aci aggiornati al 2018) 3,3 milioni di auto, di cui solo 297 elettriche, mentre poco più di 5 mila risultano essere ibride a benzina o gasolio. Considerando i comuni con più di 250 mila abitanti, Catania ha il valore più elevato in termini di crescita del parco veicolare (+25%). Nel centro etneo, inoltre, la quota a standard emissivo Euro 0 (la più inquinante) riguarda un’auto su cinque (in tutta l’Isola la media è del 15%), mentre tra euro 0 e euro 3 si trova più del 50% del totale (dati Autopromotec-Aci).



La Società di medicina ambientale ha incrociato i dati Arpa con quelli della Protezione civile
Il virus “adora” le polveri sottili. “Sono come autostrade per i contagi”

PALERMO – Lo smog potrebbe aver aiutato la diffusione del virus. In questa direzione si muove una solida letteratura scientifica che identifica il particolato atmosferico come “carrier”, quindi vettore di trasporto e diffusione per contaminanti chimici e biologici, e quindi anche i virus. Il gruppo di ricercatori coinvolti nella ricerca, gli esperti della Società Italiana di Medicina Ambientale (Sima) in collaborazione con le Università di Bari e di Bologna, ha esaminato i dati pubblicati sui siti delle Arpa in relazione alle centraline di rilevamento attive sul territorio nazionale, registrando il numero di episodi di superamento dei limiti di legge (50 microg/m3 di concentrazione media giornaliera) nelle province italiane e parallelamente ha analizzato i casi di contagio da Covid-19 riportati sul sito della Protezione Civile.

In questo senso si è evidenziata una relazione tra i superamenti dei limiti di legge delle concentrazioni di PM10 registrati nel periodo 10-29 febbraio, soprattutto nelle regioni della Pianura padana, e il numero di casi infetti da Covid-19 aggiornati al 3 marzo.

Alessandro Miani, presidente della Società Italiana di Medicina Ambientale (Sima), ha spiegato che “l’impatto dell’uomo sull’ambiente sta producendo ricadute sanitarie a tutti i livelli” e che “questa dura prova che stiamo affrontando a livello globale deve essere di monito per una futura rinascita in chiave realmente sostenibile, per il bene dell’umanità e del pianeta”. In attesa del “consolidarsi di evidenze a favore dell’ipotesi presentata – ha aggiunto –, in ogni caso la concentrazione di polveri sottili potrebbe essere considerata un possibile indicatore o ‘marker’ indiretto della virulenza dell’epidemia da Covid19”.

Gli fa eco Gianluigi de Gennaro, dell’Università di Bari: “Le polveri stanno veicolando il virus. Fanno da carrier. Più ce ne sono, più si creano autostrade per i contagi. Ridurre al minimo le emissioni e sperare in una meteorologia favorevole”.



Rapporto del Wwf svela alcune cause dell’emergenza
C’è un nesso tra Pandemie e distruzione dell’ambiente

PALERMO – Il peso del disastro ambientale anche nel tremendo bilancio di questi giorni. Il Wwf, all’interno del rapporto “Pandemie, l’effetto boomerang della distruzione degli ecosistemi – Tutelare la salute umana conservando la biodiversità”, ha spiegato che esiste un forte legame tra le malattie che stanno terrorizzando il pianeta e le dimensioni epocali della perdita di natura.

La famiglia di malattie emergenti, di cui fa parte il Coronavirus, assieme ad altri ben noti come Ebola, Aids, Sars, influenza aviaria o suina, deriva dai comportamenti umani non rispettosi e controllati che, tra le altre cose, agevolano le zoonosi, cioè le malattie trasmesse dagli animali all’uomo.

Per la presidente dell’associazione del panda, Donatella Bianchi, “è fondamentale riuscire a proteggere gli ecosistemi naturali, conservare le aree incontaminate del pianeta, contrastare il consumo e il traffico di specie selvatiche, ricostruire gli equilibri degli ecosistemi danneggiati, arrestare i cambiamenti climatici” e quindi “per poter immaginare un futuro globale abbiamo bisogno di un New Deal for Nature e People, che permetta di dimezzare la nostra impronta, arrestare la perdita degli habitat naturali e delle specie viventi”.

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Un commento

  1. Alkè ha detto:

    Questa situazione di emergenza globale, come dice l’articolo, ha obbligato le persone a cambiare le abitudini. Come si riscontra in diversi ambienti, l’aria e l’acqua sono molto più pulite. Questo ci deve far capire che in un futuro è meglio continuare ad essere più green e meno inquinanti!

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