Questione meridionale eternamente irrisolta - QdS

Questione meridionale eternamente irrisolta

Carlo Alberto Tregua

Questione meridionale eternamente irrisolta

venerdì 26 Luglio 2019

Con l’annessione del Mezzogiorno al Regno sabaudo, cominciò il percorso in discesa delle regioni meridionali, prime fra le quali Campania e Sicilia.
Allora il Banco di Napoli e il Banco di Sicilia erano pieni di soldi, i loro Bond dell’epoca erano molto apprezzati e rendevano bene, il porto di Napoli era il più importante del Mediterraneo, la cultura era in crescita e l’economia fiorente.
Da allora la situazione si è rovesciata anche perché furono svuotati i forzieri dei due istituti di credito meridionali, via via le ricchezze vennero traslate al Nord, i Florio persero le concessioni dei trasporti navali, si chiusero fabbriche in Calabria e la fame cominciò a crescere.
In questi 158 anni la situazione del Sud è sempre peggiorata, anzi è stato usato furbescamente e in modo ladronesco da tanti governi di vario colore, per far finta di destinare cospicue risorse al Sud, centinaia di miliardi di lire dell’epoca, le quali non arrivavano mai sui territori, essendo intercettate da gruppi di potere e aziende del Nord.

Ricordiamo per tutti l’industria chimica di Roccella Ionica, quando l’allora imprenditore Giulio Rovelli, dopo avere ricevuto i finanziamenti pubblici, neppure la inaugurò.
Il degrado del Sud è evidente. La Sardegna non ha neanche una linea ferrata, la Sicilia non ha neanche una Lav (Linea alta velocità) e continua ad essere staccata dal territorio nazionale pur essendo lo Stretto di Messina di appena 3,3 chilometri. E solo da poco ha ricevuto in parte (per Comiso e Trapani) le agevolazioni della continuità territoriale, come la Sardegna.
Un Paese diviso a metà come il nostro in cui un terzo del territorio è arretrato sotto tutti i parametri (crescita, produzione di ricchezza, occupazione, grado infrastrutturale, pericolosità del territorio, ambiente degradato, rifiuti a cielo aperto e via enumerando) non potrà mai crescere complessivamente perché i venti milioni di abitanti del Sud non sono messi in condizione di parità coi restanti quaranta milioni del Centro Nord.
è proprio questo il punto centrale della decrescita dell’Italia: la divisione in due parti in cui una, quella del Nord, cresce secondo la media europea e l’altra, quella del Sud decresce come l’Africa.
La Questione meridionale è stata affrontata da tantissimi studiosi a cominciare da Giustino Fortunato, Benedetto Croce e Francesco Saverio Nitti e per ultimi, Nicola Rossi e Amedeo Lepore. Da tutti è emerso che il fallimento del Meridione è avvenuto, paradossalmente, per un eccesso di risorse inviate a cascata, che però non sono arrivate ai gangli del sottosviluppo, bensì intercettatte da gruppi di potere, lobby e da quella parte deteriore della classe dirigente che antepone i propri interessi a quelli nazionali.
Nel Paese l’abbandono scolastico è del 14%, nel Nord dell’11,3%, nel Sud del 18,5%. La povertà nel Nord-Est è del 5,3%, nelle Isole del 10,8%. Il tasso infrastrutturale del Sud è mediamente un terzo di quello del Nord e le infrastrutture hanno tassi di manutenzione inferiori del 50% alle altre del Nord Italia.
Le differenze sono macroscopiche e non c’è nessuno, ma proprio nessuno, che possa confutarle.

Di chi è la responsabilità di questo degrado che è esistente dopo un secolo e mezzo dall’Unità d’Italia? Soprattutto della classe dirigente meridionale che ha avuto una mentalità accattona, da mendicante e, nei posti di grande responsabilità governativi e parlamentari, ha anteposto i propri interessi a quelli delle popolazioni del Sud.
Codesti accattoni non si sono mai pentiti del loro nefasto comportamento e anzi hanno generato altri successori ancora più accattoni.
Peraltro se la Questione meridionale è irrisolta, non solo a livello di governo centrale ma anche dei governi regionali, non si può dare la responsabilità a nessun altro che a se stessi.
Purtroppo l’ignoranza è estesa, i meridionali non hanno conoscenza di ciò che è accaduto nei secoli e meno che mai in quest’ultimo. Bevono qualunque balla gli provenga dai responsabili istituzionali con una differenza: mentre prima i canali erano limitati a radio-tv e quotidiani, oggi Internet è dilagata e consente a tutti di sentire e scrivere bestialità. Un grande progresso, non c’è che dire!

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