Siccità, dighe vuote e lacrime di coccodrillo. “Scuse per coprire le inefficienze della rete” - QdS

Siccità, dighe vuote e lacrime di coccodrillo. “Scuse per coprire le inefficienze della rete”

redazione

Siccità, dighe vuote e lacrime di coccodrillo. “Scuse per coprire le inefficienze della rete”

Salvo Stuto  |
sabato 22 Giugno 2024

L’agricoltura soffre, ma per anni non si è fatto nulla. Parlano Pagliaro del Cnr e il climatologo Fazzini

“La Sicilia non è mai stata una terra arida. Però è stata una terra, purtroppo tutt’oggi, male amministrata. Le competenze tecniche si sono disperse e la Regione, che aveva un servizio straordinario – il servizio dighe dell’Esa – lo ha sostanzialmente liquidato, non si sa per quale motivo. Gli ha tolto tutte le competenze e lo ha chiuso: di fatto non è chiuso però ci sono questi lavoratori che aspettano la pensione”, racconta il professore e ricercatore del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr), Mario Pagliaro. “Praticamente è come se noi iniziassimo a costruire un palazzo dal tetto senza mettere a posto, senza adeguare le fondazioni”, aggiunge il climatologo e coordinatore del team Rischio climatico della Società italiana di Geologia ambientale, Massimiliano Fazzini.

In Sicilia l’acqua c’è. Sono le reti ad essere fatiscenti

Su una cosa gli esperti sembrano essere d’accordo: l’acqua c’è. Sono le reti ad essere fatiscenti. Ad esempio, a Palermo si perdono 100 metri cubi di acqua al giorno per ogni km di distribuzione: cioè si perdono 100mila litri ogni 1000 metri di rete idrica.

I dati ufficiali Istat relativi al 2022 dicono che nel capoluogo sono stati persi 39,7 milioni di metri cubi di acqua. Infatti, sono stati immessi in rete 79,8 milioni di mc. Ma ne sono arrivati in case, aziende e uffici soltanto 40,12. Le perdite sono dunque pari al 49,7%: metà dell’acqua va persa. E per quanto riguarda le piogge? “La Sicilia è stata investita da una grave siccità che è durata dalla scorsa estate 2023 fino alla fine del mese di febbraio 2024. Sostanzialmente sono saltate le piogge autunnali e le piogge dell’inizio dell’inverno che sono ricominciate alla fine di febbraio, per poi essere ritornate nella media il mese di marzo e anche parzialmente abbondanti a maggio”, spiega Mario Pagliaro.

La situazione resta comunque grave “ma non è tragica”, sottolinea Pagliaro, che aggiunge: “Non bisogna guardare i singoli giorni, ma il trend. A febbraio le piogge sono riprese e i fiumi non si sono completamente inariditi. Per esempio il Poma è alimentato da un fiume dal Monte Iato che continua a scorrere. Altrimenti l’invaso sarebbe vuoto da tempo”. Ma i problemi di molti agricoltori e allevatori sono alla portata di tutti, si vedono. “È un problema perché gli allevatori fanno affidamento naturalmente ai laghetti di campagna e lì veramente con le precipitazioni che sono state scarse, l’acqua a un certo punto viene a mancare. Però se ci fa caso non manca in profondità”.

In pratica, la mancanza di piogge in alcune zone della Sicilia non è segno di una totale assenza di precipitazioni: cambia il modo in cui queste cadono sull’Isola. “Si assiste – aggiunge Massimiliano Fazzini – a una diversificazione spaziale delle precipitazioni nell’area insulare del nostro territorio nazionale. Non è che le precipitazioni stiano calando più di tanto ma ci sono due punti fondamentali: uno cadono in un numero di giorni molto inferiori del 20% circa e quindi chiaramente ogni volta che piove, piove più intensamente del 20%, e le precipitazioni che una volta erano spesso tardo autunnali e invernali adesso sono distribuite nel corso dell’anno. Perché? Perché c’è una maggiore energia da parte del sistema terra-mare-atmosfera che si traduce nel fatto che anche d’inverno quasi sempre la precipitazione sia di natura breve e intensa”. Quando avviene ciò, le piogge non sono mai estese e puntuali motivo per cui ci possono essere dei punti della regione in cui ha piovuto anche sopra alla media e vaste aree in cui non piove. “Tutto questo – continua Fazzini – porta dapprima a un inaridimento, che non fa altro che far diventare ancora più duro e più impermeabile lo strato più superficiale del suolo che si spacca, ma ciò non significa che poi il suolo sia permeato. È permeabile per 10-15 centimetri ma sotto rimane impermeabile, per cui la falda non si ricarica e quindi non abbiamo né acqua a disposizione in falda né il suolo riguadagna fertilità quindi andiamo verso un inaridimento e poi verso la desertificazione”. In tal senso, la mancanza di acqua per abbeverare i capi di bestiame è da ricercarsi nelle scarse piogge in alcuni territori, che hanno fatto sì che i laghetti creati dagli allevatori si siano prosciugati.

L’allevatore è l’unico che si preoccupa di fare dei piccoli laghetti

In merito, Carmelo Rando, vicepresidente Unione allevatori Sicilia, evidenzia come “la presenza dell’allevatore è quella che garantisce l’approvvigionamento idrico, sia dell’animale domestico – quindi da reddito come i bovini, gli ovini, i caprini eccetera – e anche per la fauna selvatica: perché l’allevatore è l’unico che si preoccupa di fare dei piccoli laghetti per raccogliere l’acqua piovana e poi abbeverare i propri animali in questi laghetti”. E in alcune province non piove più: come ad esempio nella piana di Catania o a Enna. “La siccità ha aggravato tutto – prosegue –. È più di un anno che in alcune province non piove, si salvano la provincia di Trapani, la provincia di Palermo, un po’ Messina. Però parliamo di piogge che in qualche maniera hanno fatto sì che si potesse produrre qualcosa ma che non riescono a soddisfare il fabbisogno idrico sia animale che umano. La cosa è terrificante, è terribile”. A confermare quello che dicono gli esperti, e cioè che l’acqua c’è (ad esempio nei fiumi) è anche il fatto che – come spiega Rando – “adesso l’allevatore si deve spostare presso i fiumi, dove prima era assolutamente vietata approvvigionarsi ma adesso con una deroga l’allevatore – comunicando con una pec il punto dove si trova e dove si sta avvicinando – può far abbeverare i capi al fiume”.

Il problema della rete idriche e delle infrastrutture

Così si arriva al problema della rete idriche e delle infrastrutture relative fatiscenti. L’allevatore infatti deve recarsi a prendere l’acqua con i propri mezzi: “Deve avere un trattore, deve avere un grandissimo contenitore per l’acqua. Provate ad immaginare 50 vacche che bevono 70-80 litri di acqua a testa al giorno. Ci vogliono migliaia e migliaia di litri al giorno che si devono spostare con un grande fabbisogno anche energetico perché ci vuole tanto gasolio e mezzi a disposizione, che non tutti hanno”, sottolinea Rando. Il risultato? Allevatori senza cibo né acqua, molti dei quali – rendendosi conto di non potercela fare – prendono la decisione di mandare gli animali al macello e abbatterli, “e questa è stata la cosa gravissima, ci sono parecchie aziende che l’hanno fatto”, continua il vicepresidente dell’Unione allevatori Sicilia.

Si “scopre” allora che “già dal periodo romano sappiamo che la Sicilia è conosciuta come una terra ricca d’acqua ma che non si riesce a stoccarla – evidenzia Fazzini –. Bisogna farci delle domande e capire perché non si mette a posto una rete che perde oltre il 60% delle potenzialità? Probabilmente conviene nascondersi dietro a questo dito rappresentato dal cambiamento climatico per giustificare tutto il resto”. Lo stesso dichiara il professor Pagliaro, che aggiunge che “le inefficienze della rete idrica sono gravi nel caso dei consorzi di bonifica, sono dei colabrodi quelli che vanno dai dagli invasi ai campi e però ancora più gravi sono quelle in capo ai comuni e in capo alla Regione: la cosiddetta rete interregionale e le reti urbane che sono veramente fatiscenti”.

I problemi più gravi nella zona che da Enna scende verso la piana di Catania

Per esempio, la rete di Agrigento “è un buco e la stanno ricostruendo integralmente. C’è un appalto in corso i lavori sono iniziati a settembre 2023, la stanno ricostruendo ex novo, stanno mettendo tutti i tubi nuovi. Dov’è che ci sono problemi più gravi? Nella zona che da Enna scende verso la piana di Catania. Lì c’è una diga che funziona male, la Diga Ogliastro che è stata ipersfruttata e le tubature sono letteralmente distrutte”. Mentre nella zona di Caltanissetta, nei giorni scorsi, ci sono stati una serie di danni alle tubazioni, con circa “dieci danneggiamenti in quindici giorni”. “Ma a Caltanissetta – spiega Pagliaro – l’acqua non manca. Quello che è gravemente deficitario in Sicilia è la situazione delle infrastrutture. C’è una rete fatiscente che va ricostruita e poi naturalmente ci sono dei lavori importanti da fare sulle dighe esistenti, sugli invasi perché la maggior parte di questi non hanno mai subito il collaudo per cui il servizio Dighe nazionale non autorizza la piena capienza della diga Rosamarina, che è enorme e che potrebbe invasare oltre 100 milioni di metri cubi di acqua. Quindi che succede che quando questi superano il livello autorizzato? Aprono le dighe e buttano l’acqua a mare perché non essendo mai stata collaudata la capienza di invasamento – che è bassissima – temono che se supera quel livello la struttura in cemento cede e poi c’è l’allagamento”.

Occorre puntare su una “fortissima e nuova progettualità”

Gli esperti ritengono che la Regione debba puntare su una “fortissima e nuova progettualità” dal momento che “la pubblica amministrazione ha perso la capacità di programmare”. Secondo Pagliaro servirebbero “giovani di alta qualificazione: ingegneri, architetti, geometri e iniziare a lavorare sulla pianificazione”. Mentre Fazzini aggiunge che: “il problema di base è sempre quello: io posso depurare tutta l’acqua che voglio, con i più moderni canoni di depurazione che assicurano oltretutto una qualità migliori rispetto a dieci anni fa ma il problema di base poi torna. Il discorso tubature sì, tubature no. Perché se poi abbiamo comunque una perdita di materia prima, in questo caso di oro azzurro, che è l’acqua superiore alla metà, faremmo un doppio sacrificio economico: depurare dell’acqua che poi non potrebbe essere distribuita perché la grande distribuzione segue esattamente il percorso delle reti idriche”.

La Regione prova a tappare i buchi da cui esce l’acqua.
Schifani: “Ognuno si assuma le proprie responsabilità”

Nel frattempo il Governo regionale ha annunciato un tavolo permanente per monitorare quotidianamente l’approvvigionamento idrico di Agrigento e della sua fascia costiera e per intervenire sulle criticità, soprattutto nel settore turistico-alberghiero. “Ho voluto costituire un tavolo di emergenza sulla crisi idrica di Agrigento – ha dichiarato il presidente della Regione Schifani – per fornire risposte celeri alla città, soprattutto in vista della stagione turistica appena iniziata. Il mio governo seguirà il lavoro di questo tavolo, fornendo supporto ma ognuno deve assumersi le proprie responsabilità e lavorare per risolvere il problema nell’immediato e, poi, per soluzioni strutturali di medio e lungo termine”.

Al vertice erano presenti anche il dirigente della Protezione civile, Salvo Cocina, l’assessore all’Energia, Roberto Di Mauro, il sindaco di Agrigento, Francesco Micciché, i rappresentanti dell’Aica (Azienda idrica comuni agrigentini), dell’Ati, di Siciliacque, il commissario straordinario del Consorzio di bonifica della Sicilia occidentale, Baldo Giarraputo, il segretario generale dell’Autorità di bacino, Leonardo Santoro. In video collegamento, anche il prefetto di Agrigento, Filippo Romano.

Il presidente della Regione e il dirigente del dipartimento della Protezione civile hanno garantito l’immediata copertura finanziaria, già prevista nei sei milioni di euro stanziati per fronteggiare la crisi agrigentina, ed ogni eventuale necessità legata ad anticipazioni di spesa, ed hanno invitato Ati e Aica all’immediato avvio dei lavori senza ulteriore indugi. I due enti dovranno individuare ulteriori interventi per i quali potrà essere data copertura finanziaria. Cocina ha inoltre assicurato il finanziamento per l’acquisto di due autobotti e di mezzi leggeri adatti a raggiungere le vie del centro storico.

“Abbiamo rassicurato gli enti agrigentini sul fatto che questi lavori possono partire immediatamente – ha detto l’assessore regionale dell’Energia, Di Mauro – per dare sollievo ad Agrigento e alla sua fascia costiera. Nel giro di 40 giorni avremo circa 116 litri di acqua al secondo in più, i primi 60 litri potranno arrivare già nel giro di 20 giorni con due interventi di immediata esecuzione su un nuovo pozzo e su due già esistenti”. Per quanto riguarda il dissalatore di Porto Empedocle, il presidente della Regione ha comunicato che nel disegno di legge sulle variazioni di bilancio, all’esame dell’Ars, c’è uno stanziamento di un milione di euro che consentirà di procedere con la progettazione dell’impianto.

Da Roma arriveranno 49milioni e mezzo di euro per la realizzazione della nuova rete idrica di Palermo, in particolare a Romagnolo, Sperone e Acqua dei Cordari. “Ancora una volta l’attenzione della Lega per le esigenze dei palermitani con soluzioni concrete che consentiranno di evitare la distribuzione dell’acqua a giorni alterni”, ha sottolineato Alessandro Anello, assessore al Turismo e sport, del Comune di Palermo.

Per il settore agricolo, invece, è emerso che il Consorzio di bonifica della Sicilia occidentale sta incontrando le organizzazioni agricole per concordare la ripartizione delle risorse idriche disponibili, mentre per il comparto zootecnico saranno le autobotti, reperite anche attraverso i Comuni, a garantire l’acqua agli allevamenti.

“Senza acqua, con l’emergenza incendi che incombe. Se i turisti scappano dai b&b a secco d’acqua e le nostre città rischiano nuovamente di essere assediate dalle fiamme dobbiamo ringraziare, il governo Schifani”, ha dichiarato il segretario regionale del Pd, Anthony Barbagallo.

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