Macelleria sociale è pura falsità - QdS

Macelleria sociale è pura falsità

Carlo Alberto Tregua

Macelleria sociale è pura falsità

venerdì 14 Dicembre 2012

Regione e Comuni sull’orlo del crac

Apprezziamo le buone intenzioni di Rosario Crocetta e alcuni atti tendenti a diminuire la spesa, ma essi sono marginali rispetto al riordino generale dei conti e al loro equilibrio, in modo da far emergere risorse indispensabili a finanziare opere pubbliche e ad attirare investimenti nazionali e stranieri.
I politicanti da strapazzo, quando si chiede loro di tagliare la spesa corrente dannosa, usano la frase ad effetto che non vogliono fare macelleria sociale. Essi mentono sapendo di mentire, perché la richiesta che proviene da tutta la Sicilia, sia alla Regione che agli stessi Comuni, non è tagliare i servizi, bensì gli apparati clientelari ingigantiti secondo il metodo e la cultura del favore.
Nella sanità, si può tagliare un miliardo di euro, 500 milioni con una drastica riduzione dei farmaci, per allineare la spesa alla media nazionale, e 500 milioni con una riorganizazione dei servizi che tagli l’apparato clientelare messo in atto per raccogliere voti.

I sindaci si lamentano, ma hanno eccesso di personale, soprattutto in dipartimenti ove non serve. La giusta collocazione dei dipendenti non si è mai potuta fare perché si è seguito l’interesse personale e non quello generale.
I sindaci non hanno agito sul versante delle spese improduttive e neanche su quello della lotta all’evasione, la corruzione e la morosità. Non si spiega come mai, in Sicilia, vi siano 300 mila immobili fantasma, cioè non registrati all’Agenzia del Territorio, con una perdita di gettito stimato da una nostra inchiesta in 270 milioni di euro.
Non si spiega come non abbiano istituito il Nucleo tributario locale per andare a scoprire l’evasione, il cui gettito torna a beneficio dei Comuni, in base alla legge 148/2011. Non si spiega come non abbiano istituito il Nucleo anti-corruzione, per andare a combattere le infiltrazioni mafiose e tutte le forme di deviazione rispetto a una sana e buona ordinaria amministrazione.
Non si spiega nemmeno come gli uffici non facciano un’opportuna azione per recuperare le morosità cospicue in materia di servizi, di acqua, rifiuti solidi urbani e altre minori.
La verità è che i sindaci pensano a tutt’altro che a ben amministrare.

 
Intendiamoci, non spariamo nel mucchio, perché fra i 390 primi cittadini ve ne sono decine di bravi e capaci, che fanno il loro dovere. Ma è sintomatico che nessuno di essi abbia chiesto l’adesione all’Associazione nazionale dei Comuni virtuosi, né abbia chiesto all’Ue la certificazione di qualità delle proprie procedure. Evidentemente, hanno il carbone bagnato e temono che si vedrebbero rifiutata sia l’iscrizione che la certificazione.
Per contro, i primi cittadini hanno portato al massimo, salvo in pochi casi, sia le aliquote Imu che quelle Ires, con ciò gravando le già difficili condizioni dei propri cittadini, senza peraltro procedere al taglio della spesa corrente, per avere risorse con cui finanziare le opere pubbliche.
I cittadini dei nostri 390 comuni sono strangolati, ma i consiglieri comunali percepiscono indennità in qualche caso pari a un buono stipendio. Nonostante la stretta, ancora auto bianche e blu sono a carico dei bilanci e con esse autisti e spese di manutenzione e di esercizio.

La legge nazionale di stabilità, di prossima approvazione, prevede che tutta l’Imu passerà ai Comuni. In parallelo, diminuiranno i trasferimenti dallo Stato. Dunque, anche i bilanci dei Comuni dovranno trovare un nuovo equilibrio. I sindaci che protestano, recandosi dal prefetto o dal presidente della Regione o con altre forme, non hanno capito che la festa è finita e devono trovare all’interno delle loro amministrazioni e insieme ai propri cittadini il modo per fare quadrare i conti.
Gli acquedotti hanno bisogno di cospicui investimenti, mentre l’apparato amministrativo dev’essere profondamente rinnovato e dotato di strumenti informatici, in modo da creare canali diretti con i cittadini ed evitar loro di recarsi fisicamente presso gli uffici per chiedere servizi, mentre potranno farlo per via telematica.
Vi è poi la questione della trasparenza, cioè mettere sul sito tutte le fatture e i relativi pagamenti. Il sindaco di Catania, per esempio, l’aveva promesso, ma non l’ha mai fatto.

0 commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Commenta

Ediservice s.r.l. 95126 Catania - Via Principe Nicola, 22

P.IVA: 01153210875 - Cciaa Catania n. 01153210875


SERVIZIO ABBONAMENTI:
servizioabbonamenti@quotidianodisicilia.it
Tel. 095/372217

DIREZIONE VENDITE - Pubblicità locale, regionale e nazionale:
direzionevendite@quotidianodisicilia.it
Tel. 095/388268-095/383691 - Fax 095/7221147

AMMINISTRAZIONE, CLIENTI E FORNITORI
amministrazione@quotidianodisicilia.it
PEC: ediservicesrl@legalmail.it
Tel. 095/7222550- Fax 095/7374001
Change privacy settings
Quotidiano di Sicilia usufruisce dei contributi di cui al D.lgs n. 70/2017