“La prima volta che sono morto...” - QdS

“La prima volta che sono morto…”

Carlo Alberto Tregua

“La prima volta che sono morto…”

venerdì 01 Marzo 2013
Non sembri strano che una canzonetta divenga oggetto di un editoriale, ma questa di Cristicchi e Pari ha un testo che merita riflessione, mentre la musichetta non è che una litania di accompagnamento.
Il testo, nonostante duri tre minuti e dodici secondi, è un dipinto che riguarda la vita e la morte, scritto con ironia e grande profondità: consiglio di leggerlo su Internet, più che ascoltarlo.
La prima volta che sono morto non me ne sono nemmeno accorto, mi ero distratto solo un secondo, l’attimo dopo ero sepolto,… ho immaginato fosse uno scherzo… ma dopo tre giorni non sono risorto.
è successo così all’improvviso…il mio cuore ha cessato di battere…sono atterrato sul pavimento…l’ambulanza è arrivata in ritardo quando non c’era più niente da fare, solo chiamare le pompe funebri ed organizzare il mio funerale.
In queste strofe c’è l’ineluttabilità degli eventi che agiscono in base a regole della Natura per noi incomprensibili.
 
E così sono finito in quello che chiamano sonno eterno, non è vero che c’è il Paradiso, il Purgatorio e nemmeno l’Inferno.
Infatti questi tre ambienti sono pura fantasia, affermati da Padre Dante il quale li ha presi da una credenza popolare. Quando si muore, per chi crede come me, il corpo cessa di vivere, lo spirito esce, ridiventa energia che si mescola con quella già esistente. Lo spirito non ha tempo né spazio e, quindi, tutte le fantasiose ricostruzioni che riguardano questi due elementi sono totalmente destituite di fondamento e ingannano gli ingenui creduloni.
La strofa diventa più ironica. Nella dimensione dello spirito dice: sembra più una scuola serale…dove si impara ad amare la vita in ogni singolo momento…Passeggio con Chaplin, gioco a briscola con Pertini…e c’è il nuovo film di Pasolini. Poi, dice l’Autore, ho incontrato mio nonno che mi ha chiesto…“L’avete cambiato il mondo?”. Nonno…lascia stare, dai…ti offro un gelato.
La prima volta che sono morto…ho realizzato dopo un secondo, che si sta meglio nell’altro mondo. Come non dargli ragione.
 
A questo punto l’ironia è smaccata sulla medicina. Certo, mi ero visto un po’ pallido…il dottore me lo aveva detto: “Fumi meno!Pochi alcolici”. E chi fumava? Ero pure astemio.
Se è vero che la medicina ha fatto enormi progressi, allungando la vita media di venti anni, è anche vero che, nei nostri giorni, si è  industrializzata. Non che i medici siano tutti uguali. Alcuni hanno coscienza, si impegnano ad onorare il giuramento di Ippocrate, prendono a cuore le sorti dei loro pazienti cui dedicano il loro tempo e la loro scienza senza limiti. Ma tanti altri sono venali e considerano i malati oggetto di speculazione.
Dietro il servizio sanitario, pubblico e privato, vi sono interessi reali, anche disgustosi, ma tanti bravi medici, infermieri e ausiliari che fanno interamente il proprio dovere. Bisognerebbe che merito e responsabilità diventassero i due valori prevalenti in questa attività fondamentale per la salute delle persone umane .

Quante cose avrei voluto fare che non ho fatto, parlare di più con mio figlio, girare il mondo, lasciare quel posto alla Regione e vivere finalmente su un’isola…
Lasciare il posto alla Regione, cioè l’impiego pubblico, ecco il sintomo di una consapevolezza che non è quel tipo di lavoro che può dare soddisfazioni, ma solo un minimo di sicurezza materiale.
Ecco un altro spunto su cui andrebbe fatta un’approfondita riflessione. smetterla di pensare che la soddisfazione materiale e professionale si trovi nel settore pubblico e impegnarsi con tutte le proprie forze, anche a costo di sacrifici, a sviluppare le proprie capacità verso mete che sono a disposizione di ognuno di noi, solo se ci si mette la massima buona volontà.
Il testo, richiamando idealmente quella iniziale (la prima volta che sono morto), conclude con una frase ulteriormente ironica:  E vabbé, sarà per la prossima volta!
Non sappiamo se l’autore si sia riferito alla reincarnazione dello spirito in un corpo vivente o se la sua ironia sia stata fine a sé stessa. In ogni caso ha inserito un ulteriore spunto di riflessione: non si deve aver paura di Dio, se si sta sulla retta via con umiltà e rispetto del prossimo.

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