E se Gela entrasse a far parte del libero consorzio di Catania? - QdS

E se Gela entrasse a far parte del libero consorzio di Catania?

redazione

E se Gela entrasse a far parte del libero consorzio di Catania?

lunedì 17 Marzo 2014

La proposta, definita da molti provocatoria, è arrivata dal presidente del Comitato per lo sviluppo dell'area gelese. Intanto da più parti si invoca l'incostituzionalità della riforma e l'intervento del Commissario dello Stato

“I poteri forti hanno varato una legge di riforma che, con i troppi vincoli approvati, costringe Gela a rimanere nel territorio nella vecchia provincia di Caltanissetta, ma i gelesi se ne usciranno lo stesso aderendo al neo libero consorzio di comuni di Catania, con cui abbiamo in comune interessi economici e continuità territoriale”.
 
L’annuncio a sorpresa, di una iniziativa definita da molti “provocatoria”, è stato dato, stamani, da Filippo Franzone, presidente del “Comitato per lo sviluppo dell’area gelese” durante un vertice nel municipio di Gela, convocato, d’intesa con il sindaco, Angelo Fasulo, per esaminare le residue possibilità della nascita di un "libero consorzio di comuni" con Gela ente-capofila.
 
Alla riunione hanno partecipato anche i sindaci di Butera (Luigi Casisi) e di Niscemi (Francesco La Rosa) che però si sono mostrati estremamente scettici, se non del tutto contrari, dicendosi piuttosto disponibili a creare subito un gruppo di lavoro ristretto che verifichi le adesioni degli altri Comuni già disponibili e i tempi necessari per giungere alla costituzione del “Libero Consorzio dei Comuni del Golfo”.
 
Ma per Franzone e il suo comitato, che raggruppa una cinquantina di associazioni, “sono troppi gli adempimenti previsti dalla legge di riforma per chi vuole creare un nuovo consorzio di comuni, in un lasso di tempo (sei mesi dalla sua entrata in vigore) assolutamente insufficiente”.
 
Una legge ritenuta dai ricorrenti "assolutamente incostituzionale", tant’è che stanno preparando un ricorso alla Consulta. Ma intanto si sono rivolti al commissario dello Stato, Carmelo Aronica, al quale hanno scritto una lettera, con osservazioni su sette punti di presunta incostituzionalità, perché impugni la legge di riforma che avrebbe “solo cambiato il nome alle vecchie province mantenendone, per molti versi, non solo i confini ma anche i privilegi”.
 

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