Sanità siciliana, eccellenze e deficienze - QdS

Sanità siciliana, eccellenze e deficienze

Carlo Alberto Tregua

Sanità siciliana, eccellenze e deficienze

giovedì 30 Aprile 2015

Concorrenza fra pubblico e privato

La sanità siciliana, secondo il sentimento comune dei malati, è deficitaria e insufficiente, non supera il quattro come voto fra uno e dieci. Tuttavia, vi sono reparti di eccellenza, medici di alto profilo professionale, infermieri che si prodigano per aiutare gli ammalati.
Quello che non funziona è l’organizzazione, in cui non prevale il merito ma i rapporti di fedeltà con questo o quello. Cosicché, gli addetti ai servizi sono ripartiti tra figli e figliastri: chi lavora molto e bene e chi, invece, si assenta e quando è presente negli ambienti è come se non ci fosse.
Quando i dirigenti adottano regole organizzative obiettive, che impongono a tutti, ma proprio a tutti, di fare il proprio dovere, le cose funzionano. Il nocciolo della questione sanità siciliana è tutto qua.
Occorre una lotta senza quartiere agli sprechi, alle disfunzioni organizzative, ai soprusi dei nullafacenti su chi lavora molto, ai prezzi esorbitanti per l’acquisto di beni e servizi, fuori dai binari dei prezzi Consip e dei prezzi virtuosi che esistono nella sanità di altre regioni.

Il settore pubblico è privilegiato, quanto a finanziamento, rispetto a quello privato: sette ottavi delle risorse sono a esso destinate, senza che questa discriminazione abbia alcuna logica di efficienza e di funzionalità.
Peraltro, l’art. 32 della Costituzione prevede la tutela della salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività… ma non è previsto che le cure debbano essere necessariamente prestate dal servizio pubblico.
Ora, non è detto che il servizio privato sia migliore di quello pubblico. Al cittadino non interessa chi gli presti la cura, ma interessa che essa sia la più efficace possibile e che lo guarisca (possibilmente) dal suo male.
Se l’attività della sanità pubblica è più efficiente, ebbene facciamola esercitare solo da essa. Se quella privata è più efficiente, facciamola esercitare solo da essa. Ma per stabilire in modo inequivocabile quale sia la più efficiente, occorre mettere i due comparti in competizione e affidare agli ammalati, mediante la customer satisfaction, il giudizio su quale sia la migliore.
Ai cittadini e solo ai cittadini spetta il responso definitivo.
 

Se la sanità siciliana volesse uscire dalla palude in cui si trova, basterebbe che si limitasse a pagare i Drg (Raggruppamenti omogenei di diagnosi), cioè le fatture per le prestazioni sanitarie effettuate da qualunque ente, pubblico o privato. Sarebbe il mercato dei malati a stabilire dove farsi curare, attratto dai migliori servizi.
Oggi vi è una regolamentazione burocratica che prescinde dall’interesse degli ammalati. Perciò si verifica l’esodo di questi ultimi verso altre regioni o verso l’estero. Tal che il bilancio regionale fra prestazioni effettuate ad ammalati non siciliani qui nell’Isola è nettamente inferiore a quanto la Regione paga ad altri servizi sanitari nazionali ed esteri, di circa 200 milioni di euro.
Secondo le inchieste che abbiamo pubblicato, per ultimo ieri, i Lea (Livelli essenziali di assistenza) sono insufficienti, manca il Cup (Centro unico di prenotazioni), vi è una frammentazione di reparti in tanti ospedali, anche minuscoli, che non hanno ragione di esistere, vi è una modesta rete telematica fra i diversi reparti, che favorirebbe forti sinergie.

Manca la trasparenza sui siti dell’assessorato regionale, delle Aziende ospedaliere e delle Asp, per cui i giornali e i cittadini hanno difficoltà a informarsi sui prezzi d’acquisto di beni e servizi di ogni unità, sui compensi lordi di medici, infermieri e personale amministrativo e sulla quantità di quest’ultimo sul complesso dei dipendenti.
Stare dietro le scrivanie non è attività sanitaria. Secondo regole internazionali, l’attività amministrativa, opportunamente informatizzata, dovrebbe avere solo il 10% dell’intero personale dipendente. Mentre oggi, in alcuni casi, supera il 30%. Che ci stanno a fare tanti dipendenti che non curano i malati? Clientelismo e favoritismo che hanno fortemente danneggiato la sanità siciliana.
Descritto lo scenario, è ora di pensare alle soluzioni: pagare a prezzi virtuosi l’acquisto di beni e servizi, mettere in competizione seria pubblico e privato (sul quale esercitare forti controlli di qualità), inserire nei siti di ogni ente tutte le informazioni che i siciliani hanno il diritto di conoscere. O si cambia, o si va in Africa.

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