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2 giugno, la ricostruzione della Repubblica dopo la catastrofe sanitaria ed economica

Dario Raffaele

2 giugno, la ricostruzione della Repubblica dopo la catastrofe sanitaria ed economica

martedì 02 Giugno 2020

Basta annunci, il Presidente della Repubblica indica la strada per la ripartenza. No ai sussidi, sì al lavoro produttivo

Il 2 giugno quest’anno è un anniversario particolare per un’Italia che gradualmente sta uscendo da un lungo periodo di lockdown in seguito al Coronavirus. Sarà un anniversario amaro, senza parate, senza folle lungo le ali dei Fori Imperiali per assistere alla sfilata delle Forze Armate.

La nostra Repubblica soffia oggi le sue 74 candeline con una cerimonia istituzionale simbolica perché non può dimenticare che la stessa bandiera che ora sventola di conquiste passate e di storia patria, due mesi fa piangeva mestamente i suoi figli uccisi dal nemico invisibile.

Sorvoleranno, però, sulle nostre teste le Frecce Tricolori, e quest’anno più degli anni passati alzeremo con orgoglio la testa al cielo e uniti nel tricolore ritroveremo le radici storiche del nostro nobilissimo Paese. E allora saremo davvero pronti per la ripartenza.

Come ha detto il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che quest’anno dopo aver commemorato il Milite Ignoto sull’Altare della Patria si recherà nel comune di Codogno, dove ha avuto inizio l’emergenza Coronavirus nel Nostro Paese, “Da quel 2 giugno 1946 abbiamo vissuto anni intensi verso una profonda coesione del popolo italiano, in un cammino ispirato dalla nostra Carta Costituzionale”.

“Va ricordato – ha detto Mattarella – che in ogni ambito libertà e democrazia non sono compatibili con chi alimenta i conflitti – afferma Mattarella – con chi punta a creare opposizioni disseminate fra le identità, con chi fomenta scontri, con la continua ricerca di un nemico da individuare, con chi limita il pluralismo. Soltanto la via della collaborazione e del dialogo permette di superare i contrasti e di promuovere il mutuo interesse nella comunità internazionale”.

Quest’anno il 2 giugno deve essere anche la data da cui ripartire dopo la catastrofe, prima sanitaria, poi economica, legata al Coronavirus. Dopo un lungo lockdown, decretato dal primo ministro Conte il 9 marzo scorso e andato avanti sino al 3 maggio, l’Italia ha cominciato pian piano a riaprirsi e da domani è prevista l’apertura dei confini regionali e nazionali (area Shengen) che potrà dare una boccata d’ossigeno al settore del turismo, tra i più colpiti e forse quello che ha avuto meno aiuti da parte del Governo.

In tutto questo la Sicilia, che solo nel primo periodo di lockdown aveva perso (secondo le stime dell’economista Pietro Busetta) 2,5 miliardi di euro, ne arriverà a perdere complessivamente tra i 7 e gli 8 miliardi e vedrà raddoppiare il numero dei disoccupati. Per questo è importante ripartire con coraggio, senza tentennamenti (come scriviamo nelle alltre pagine e come abbiamo scritto dall’inizio della panedemia). I sussidi sono solo un pannicello caldo, per ripartire l’Italia ha bisogno di sbloccare i cantieri, eliminare i lacci e lacciuoli della burocrazia che paralizzano il sistema economico, tornare al lavoro produttivo, ad investire, ricordandosi del moltiplicatore keynesiano secondo il quale ogni euro investito ne produce cinque di reddito nazionale. E per fare questo è necessario restare uniti, limare le divisioni della politica, eliminare gli annunci fini a se stessi.

“Mai come ora – sottolinea Rosa D’Amelio, Coordinatrice della Conferenza delle Assemblee legislative delle Regioni e delle Province autonome – al di là della retorica che accompagna questi appuntamenti, è il tempo di pensare innanzitutto al bene della nostra Nazione e all’interesse comune per non lasciare indietro nessuno. Stiamo assistendo, invece, anche in questi giorni, al prevalere di interesse di parte, siano essa politici, territoriali, financo generazionali. Non è quello di cui ha bisogno il Paese. Per questo faccio appello alla responsabilità istituzionale, perché le istituzioni sono un bene di tutti e non bisogna mai perdere questa consapevolezza”. Facciamo sì – conclude D’Amelio – di poter ricordare il 2 giugno 2020 come una festa di una nuova rinascita nel segno della ripresa economica e produttiva, della solidarietà nazionale e della coesione, come è sempre stato nei momenti più difficili della nostra storia”.

Così nacque la Repubblica
Il 2 giugno nella storia

Il 2 giugno del 1946 gli italiani, e per la prima volta in una consultazione politica anche le donne, furono chiamati alle urne per scegliere se mantenere la monarchia dei Savoia o instaurare la Repubblica. Il nostro Paese, dopo 85 anni di Monarchia, scelse di diventare una Repubblica costituzionale, e il re d’Italia Umberto II di Savoia abbandonò l’Italia.
Per diversi anni, la Festa della Repubblica è stata celebrata senza grandi fasti, dal 2001 grazie al Presidente Carlo Azeglio Ciampi, il 2 giugno è ritornato ad essere la festa simbolo dell’identità nazionale. E da allora ogni anno in questa giornata sono tante le iniziative, i riti e le cerimonie promosse dall’Italia.

I simboli della Repubblica
Un percorso creativo durato ventiquattro mesi
L’emblema
Dal 5 maggio 1948 l’Italia repubblicana ha il suo emblema, al termine di un tortuoso percorso creativo durato ventiquattro mesi, due concorsi pubblici e un totale di 800 bozzetti, presentati da circa 500 cittadini. Tutto iniziò nell’ottobre del 1946: il Governo di De Gasperi istituì una Commissione, presieduta da Ivanoe Bonomi, per la realizzazione dell’emblema della neonata Repubblica italiana.
Il brief era scarno ma rigoroso: esclusione dei simboli di partito, inserimento della Stella d’Italia (una stella bianca a cinque punte che da molti secoli rappresenta la terra italiana) e “ispirazione dal senso della terra e dei comuni”.

Segue il Presidente in tutti i suoi spostamenti
Lo stendardo
Lo stendardo presidenziale italiano è il vessillo distintivo della presenza del Presidente della Repubblica Italiana. Esso segue, pertanto, il Capo dello Stato ogni qual volta si allontani dal Palazzo del Quirinale, presso il quale è esposto durante la sua presenza. Lo stendardo è esposto sui mezzi di trasporto a bordo dei quali sale il presidente, all’esterno delle prefetture quando il presidente è in visita ad una città e all’interno delle sale dove interviene in veste ufficiale.
Lo stendardo richiama i colori della Bandiera nazionale italiana, con particolare riferimento al vessillo della storica Repubblica Italiana del 1802-1805; la forma quadrata e la bordatura blu Savoia, il cui uso fu mantenuto anche in epoca repubblicana, simboleggiano le forze armate italiane, che sono comandate dal presidente.

Il monumento nazionale a Vittorio Emanuele
L’altare della patria
Il Monumento nazionale a Vittorio Emanuele II, meglio conosciuto con il nome di Vittoriano, è un monumento nazionale situato a Roma, in piazza Venezia.
Per metonimia il monumento viene spesso chiamato Altare della Patria, da quando esso accoglie il Milite Ignoto. Il termine Vittoriano potrebbe indurre a pensare che sia un tributo alla vittoria: in realtà deriva dal nome di Vittorio Emanuele II di Savoia, primo Re d’Italia, cui il complesso monumentale è dedicato.
Il tema centrale di tutto il monumento è rappresentato dalle due iscrizioni sui propilei: “Patriae unitati” “Civium libertati”, “All’unità della patria” “Alla libertà dei cittadini”.

La pattuglia acrobatica dell’Aeronautica
Le Frecce tricolori
Le Frecce Tricolori, il cui nome per esteso è Pattuglia Acrobatica nazionale, costituente il 313º Gruppo Addestramento Acrobatico, sono la pattuglia acrobatica nazionale (PAN) dell’Aeronautica Militare Italiana, nate nel 1961 in seguito alla decisione dell’Aeronautica Militare di creare un gruppo permanente per l’addestramento all’acrobazia aerea collettiva dei suoi piloti. Con dieci aerei, di cui nove in formazione e uno solista, sono la pattuglia acrobatica più numerosa del mondo, ed il loro programma di volo, comprendente una ventina di acrobazie e della durata di circa mezz’ora, le ha rese tra le più famose.

Il Canto degli italiani scelto il 12 ottobre 1946
L’inno di Mameli
Il Canto degli Italiani, conosciuto anche come Fratelli d’Italia, Inno di Mameli, Canto nazionale o Inno d’Italia, è un canto risorgimentale scritto da Goffredo Mameli e musicato da Michele Novaro nel 1847, inno nazionale della Repubblica Italiana.
Dopo la seconda guerra mondiale l’Italia diventò una repubblica e il Canto degli Italiani fu scelto, il 12 ottobre 1946, come inno nazionale provvisorio, ruolo che ha conservato anche in seguito rimanendo inno de facto della Repubblica Italiana. Nei decenni si sono susseguite varie iniziative parlamentari per renderlo inno nazionale ufficiale, fino a giungere alla legge nº 181 del 4 dicembre 2017, che ha dato al Canto degli Italiani lo status di inno nazionale de iur. Tuttavia, manca ancora il decreto attuativo.

Sancito dall’articolo 12 della Costituzione
La bandiera tricolore
Il tricolore italiano nacque quando l’adozione di una bandiera nazionale soppiantò l’utilizzo di un drappo con le insegne reali come simbolo patrio. L’origine del tricolore italiano va ricercata nei moti giacobini che avvennero in Italia a fine XVIII secolo e al richiamo alle libertà comunali che parevano vicine agli ideali della Rivoluzione francese. Il tricolore italiano fu decretato a Reggio Emilia come bandiera della Repubblica Cispadana il 7 gennaio 1797. Nel 1861 il tricolore, caricato dello stemma di Casa Savoia, divenne bandiera ufficiale del Regno d’Italia. Alla nascita della Repubblica lo stemma sabaudo fu abolito e il tricolore, seppure con proporzioni diverse, tornò a essere quello del 1798. L’uso di questa bandiera è puntualmente sancito da un’apposita norma (art. 12) della Costituzione.

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