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Sicilia dei pensionati e dei disoccupati

Carlo Alberto Tregua

Sicilia dei pensionati e dei disoccupati

mercoledì 13 Aprile 2016

Senza sviluppo la povertà cresce

Nel 2012 pubblicai il libro numero 20 della collana, “Politicanti, la festa è finita, andate in pace”. Perché pronosticai quanto scritto nel titolo? Perché già quattro anni fa si capiva che le risorse finanziarie per la Regione si sarebbero fortemente ridotte, sia per effetto interno all’Ente, sia per la drastica riduzione dei trasferimenti da parte dello Stato.
Fino a quando c’era di che spartire, il ceto politico e quello burocratico venivano accontentati, con la conseguenza che non si levavano proteste. Ma senza più risorse, queste si alzano ogni giorno di più e si estendono a vari ceti della popolazione.
Secondo l’Inps, in Sicilia vi sono ben 1,3 milioni di pensionati e solo 1,3 milioni di dipendenti. Fra i pensionati ve ne sono 710 mila che percepiscono meno di 700 euro al mese, mentre il numero degli invalidi civili e gli assegni sociali e quelli ai superstiti, in Italia hanno raggiunto l’astronomica cifra di 459.645, cioè 97 prestazioni per ogni mille abitanti.

L’Inps non ha accertato la morìa di centinaia di migliaia di partite Iva, cosa che invece ha fatto Unioncamere. Imprenditori, piccoli, medi e micro, artigiani, agricoltori e altri che hanno dichiarato forfait perché gravati da imposte e tasse insostenibili, nonché da insopportabili adempimenti di ogni genere. Cancellarsi dalle Camere di Commercio, da parte di tanta gente, può significare iniziare un lavoro in nero. Non è socialmente giustificabile, ma è umanamente comprensibile.
In questo quadro allarmante, la Regione ha varato la disastrosa Legge di Stabilità 2016, perché in essa non sono previste vere attività indirizzate a investimenti e costruzioni di opere pubbliche, nonchè riparazioni del territorio.
È vero che sono segnati poco più di due miliardi per tale finalità, ma si sa come vanno le cose e se verranno meno le entrate, come accade normalmente, tali spese in conto capitale non saranno effettuate, con ciò bloccando Fondi europei e Fondi statali di sviluppo e coesione.
Il commissario dello Stato (di fatto) Alessandro Baccei, nella sua qualità di assessore regionale all’Economia, sta attuando quanto previsto nella suddetta Legge di Stabilità e quindi porta in Giunta provvedimenti di riduzione della spesa.
 

È passata quasi inosservata la delibera di Giunta che riduce il numero di dirigenti da 2.059 a 1.434. Restano comunque un’enormità, perché nello Stato vi è un dirigente su 19 dipendenti; nella Regione siciliana, nonostante la drastica riduzione, ne resta uno ogni 10.
Ma non è questo il punto. è che i 1.434 dirigenti rimanenti sono comunque più del doppio di quelli della Regione Lombardia, che amministra dieci milioni di abitanti, il doppio della Sicilia.
Ancor peggio, quei dirigenti che hanno perso la qualifica continueranno a percepire lo stipendio di prima anche se avranno qualche indennità in meno. Fa sorridere l’affermazione dell’assessore, che dice che lo snellimento dell’amministrazione non significa bloccare l’attività dei dipartimenti. È ovvio, perché con il doppio di dirigenti rispetto a quelli che servono sarebbe assurdo pensare di bloccare l’attività.

Del tutto ridicola, poi, è l’ipotesi di pensionare dipendenti e dirigenti prima dei canonici 67 anni, perché la Regione non ha mai trasferito i propri pensionati all’Inps. Paga direttamente gli assegni a circa 16 mila di essi, con la conseguenza che quando un dipendente o un dirigente va in pensione, la spesa rimane all’incirca la stessa, in quanto si trasferisce da un capitolo a un altro  del bilancio regionale.
Vero è che è stato istituito nel 2009 il Fondo pensioni, che dovrebbe avere una gestione autonoma e simile a quella dell’Inps, ma è anche vero che esso gestisce meno di un decimo di tutti i pensionati regionali.
La politica clientelare di questi settant’anni, in nome di un’Autonomia a difesa dei privilegiati, ha evitato che fosse l’Inps a occuparsi delle pensioni di dirigenti e dipendenti regionali, perché in tal modo è stato possibile utilizzare leggi regionali che hanno consentito ai dipendenti di andare in quiescenza anche a cinquant’anni e con soli venti anni di servizio.
I nodi sono venuti al pettine: veramente la festa è finita. Ma senza sviluppo la Sicilia è perduta.

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