Il 2 giugno del 1946 gli italiani scelsero la Repubblica: se avessi potuto votare, ma avevo ancora 5 anni, avrei votato anch’io per essa, in quanto ritengo la Repubblica la massima espressione della democrazia, mentre la presenza di una famiglia monarchica, indipendentemente dalle capacità del re, è una sorta di feudalesimo.
In questi settant’anni, l’Italia è risorta dalle ceneri provocate da un cialtrone e presuntuoso, che riteneva di spezzare le reni ai greci, formare l’impero e vincere la guerra. Un incapace che ha riunito a sé tanti altri incapaci che dell’arroganza e della prepotenza facevano un uso giornaliero, vessando i cittadini.
La mia famiglia abitava in un grande immobile che aveva sei balconi su piazza Duomo (dietro il sedere del Liotru) e altrettanti su via Garibaldi. Quando arrivava un gerarca in visita al Comune, tutta la nostra famiglia si trasferiva a Pedara e faceva trovare i sei balconi chiusi. Naturalmente mio padre ebbe tante grane, ma non indietreggiò di un centimetro.
Nei primi trent’anni le istituzioni hanno rispettato i cittadini, consentendo loro di crescere vertiginosamente. Dopo gli anni Ottanta, con l’avvento di Craxi, la Repubblica ha cominciato a declinare, giorno dopo giorno, in pari con la diffusione della corruzione, da cui è cominciata Mani pulite, con l’arresto di Mario Chiesa, presidente del Pio Albergo Trivulzio, il 17 febbraio del 1992.
La corruzione si è sempre di più estesa, in uno con il decadimento del ceto politico, sempre più debole e fragile, sempre più egoista, accartocciato sugli interessi propri e dimenticando che era invece a servizio dei cittadini.
Si sono attraversate crisi tremende, come quella di Suez (1973), abbiamo avuto terremoti come quelli del Belìce (1968), del Friuli (1976) e dell’Irpinia (1980).
Poi è arrivata la crisi di fine 2007, da cui non ci siamo ancora sollevati. Si parla di ritornare ai livelli di Pil e occupazione ante-crisi non prima del 2020.
Il nostro Paese è preda di corporazioni di ogni tipo, la più forte delle quali è rappresentata dalla burocrazia e dai suoi dirigenti che non la gestiscono affatto, impedendo lo sviluppo, la creazione di pari opportunità per tutti e vessando con ogni mezzo i cittadini.
La classe politica si è ancor più indebolita e ha dimostrato una permeabilità alla corruzione e al favoritismo, toccando il punto più basso di questi ultimi settant’anni.
Nonostante ciò, la Festa della Repubblica del 2 giugno, ripristinata dal Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi, è un momento di unità, in cui i cittadini si stringono attorno alle proprie massime istituzioni che comunque guidano il Paese.
Sergio Mattarella, con il suo stile sobrio e misurato, è persona determinata, conosce a fondo il suo dovere di Capo dello Stato e guida con mano sicura e nei limiti delle sue prerogative una barca che fa acqua, cercando di non farla affondare.
Nelle quattro ore che ho trascorso nei Giardini del Quirinale, mercoledì 1 giugno (pomeriggio-sera), ho avuto modo di incontrare quasi tutte le personalità di vertice dello Stato, rammaricandomi però che non vi fosse neanche un siciliano.
Nei sei o sette minuti in cui ho scambiato un saluto con il Presidente Mattarella ho avuto la conferma della sua dirittura incontrando il suo sguardo fermo e limpido.
Gli ho ricordato quando venne al nostro Forum, a Palermo, nel 1999, come vice presidente del Consiglio e nel consegnargli il mio libro n. 27, La Sicilia che vola, realtà non sogno, mi ha comunicato la sua intenzione di attingere a quelle informazioni.
Auguri Presidente, auguri Italia, ce la possiamo e ce la dobbiamo fare!