Siciliani protestano contro i privilegi - QdS

Siciliani protestano contro i privilegi

Carlo Alberto Tregua

Siciliani protestano contro i privilegi

sabato 26 Giugno 2010

Finalmente si sono accorti degli sprechi

Dall’inchiesta pubblicata oggi sull’Ages (Agenzia autonoma per la gestione dell’albo dei segretari comunali e provinciali) risulta che Comuni e Province pagano ogni anno ben 120 milioni di euro (ma la cifra viene rettificata dal direttore generale Giovanna Marini in 57 milioni, comunque un’enormità) per tenere in piedi un soggetto giuridico pubblico dotato di autonomia organizzativa, gestionale e contabile, istituito con legge 127/97. Questo istituto non serve a nessuno e meno che mai ai cittadini. Solo la Sicilia contribuisce con 2,4 milioni.
Se Tremonti l’avesse depennato, nessuno se ne sarebbe accorto salvo i privilegiati che gestiscono sedi (centrale e regionali) capaci di distribuire emolumenti e gettoni di presenza ai componenti dei consigli di amministrazione. In tutta Italia, i cda dell’Ages sono 18 e nelle varie sedi sono dislocati 155 dipendenti. Insomma, 120 milioni (o 57) che potrebbero essere tranquillamente risparmiati togliendoli alla casta dei segretari degli enti locali che già sono pagati bene per conto proprio.

Se si guarda nelle migliaia di capitoli dei bilancio dello Stato, delle Regioni e degli 8 mila Comuni si potrebbe tranquillamente arrivare a una riduzione di almeno il 5 per cento delle spese. Altro he fare una manovrina da 12 miliardi.
è da trent’anni che scriviamo della mala amministrazione della Sicilia (Regione ed Enti locali), ma la sordità generale ha impedito un cambio di rotta. Ci sono voluti euro e Patto di stabilità per costringere gli amministratori a cominciare a intravedere la buona amministrazione del pater familias.
Lamentarsi o urlare che non ci sono più soldi è una pura stupidaggine. Contestare, invece, l’uniformità dei tagli per tutte le Regioni è sacrosanto. E infatti, le Regioni virtuose debbono ricevere gli stessi trasferimenti dell’anno precedente, mentre quelle viziose – come Campania, Calabria, Lazio, Puglia e Sicilia – devono essere riportate sulla retta via.
Per quanto riguarda la nostra Isola, abbiamo sottolineato da decenni la necessità di mettere le carte in regola sul piano delle uscite.

 
Farlo significa due cose: tagliare sprechi, indennità e stipendi parassitari, i privilegi delle caste (ceto politico e burocratico) e dell’imprenditoria assistita. Secondo, stornare i conseguenti risparmi e indirizzarli verso gli investimenti.
Vi è poi il versante delle entrate, e qui va aperto subito un contenzioso con il Governo centrale che deve basarsi sulla riattivazione dell’Alta corte (art. 24 dello Statuto) e sugli adempimenti degli art. 36, 37 e 38 dello stesso. Al bilancio regionale mancano oltre 10 miliardi. Se arrivassero dovrebbero essere destinati alla costruzione di infrastrutture, al risanamento idrogeologico del territorio e a piani economici per l’attivazione di imprese, soprattutto nel settore dei servizi avanzati e della green economy.
Ma intanto, va riformata urgentemente la macchina burocratica affidando la piena responsabilità ai dirigenti regionali e locali affinché spendano le cospicue risorse messe a disposizione dell’Ue, dallo Stato e dal Bilancio regionale, per il periodo 2007/13 di circa 18 miliardi.

Qualche giorno fa, vi avevamo dato due importi sbagliati relativi alla sanità. La cifra prevista nel bilancio regionale 2010 è di 8,15 miliardi e non di 8,4. La cifra che lo Stato gira alla Sicilia è di 2,4 miliardi e non di 4,1, quindi il bilancio regionale ha un carico di 5,75 miliardi. Questo dato potrebbe essere migliorato in quantità e qualità. La riduzione della spesa farmaceutica al parametro della Toscana comporterebbe un risparmio di oltre 400 milioni, l’accorpamento e la razionalizzazione dei presìdi ospedalieri, un risparmio di altrettanti 400 milioni e il taglio deciso del personale amministrativo, esuberante rispetto alle necessità, che riflette uno sfrenato clientelismo.
La trasformazione delle Province in Consorzi, con la cancellazione degli apparati politici, comporterebbe un risparmio di circa 500 milioni. Il taglio di 250 milioni della formazione non avrebbe conseguenze, lo stesso dicasi di un ulteriore taglio di 500 milioni per i precari. Responsabili istituzionali, abbiate coraggio.

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