Termovalorizzatori, danno in Sicilia - QdS

Termovalorizzatori, danno in Sicilia

Rosario Battiato

Termovalorizzatori, danno in Sicilia

giovedì 25 Novembre 2010

Rifiuti. Lo smaltimento e gli inceneritori.
Lo strumento. Nelle prossime settimane il Governo regionale presenterà la seconda versione dei Piano dei rifiuti al Governo
nazionale. La prima stesura, lacunosa, è stata bocciata un mese fa.
I nodi. Tra i rilievi mossi dalla Protezione civile anche quello legato alla termovalorizzazione per smaltire parte dell’immondizia. Oggi, procedure e tecnologia consentono di superare questa vecchia concezione.

PALERMO – Le settimane passano, ma uno dei grandi nodi del Lombardo quater resta ancora da sciogliere. Il governatore è alla prese con tante situazioni delicate, ma, tra le altre, spicca la questione rifiuti perché sulla risoluzione o meno di questa emergenza potranno giocarsi anche i futuri equilibri della coalizione di Governo. Uscire da questa fase, senza palliativi che non farebbero altro che allungare l’agonia come l’ampliamento delle discariche fino al 2013, significa puntare sulla valorizzazione energetica dei rifiuti e sul superamento dei termovalorizzatori. A tal proposito: è in fase istruttoria la causa civile per i quattro impianti mai realizzati. La richiesta già ammonta ad oltre 142 milioni, ma alla fine si aggirerà sui 200 mln di euro. è atteso il nuovo Piano regionale dei rifiuti che dovrà essere poi giudicato dal Governo nazionale.
 
Domare l’emergenza immediata e rilanciare un sistema che produca ricchezza. Due passaggi essenziali che in mezzo, prima dell’entrata a “regime” della riforma con annesse implementazioni richieste da Roma, dovranno fare i conti con una delle questioni più rilevanti dal 2002 ad oggi: i termovalorizzatori. Sia Guido Bertolaso, l’ex capo della Protezione Civile, che Stefania Prestigiacomo, ministro dell’Ambiente, hanno attuato un pressing asfissiante sulla giunta Lombardo per la riapertura del tema “termovalorizzazione”, un termine che gli esponenti della neonata maggioranza regionale preferiscono mutare in “valorizzazione energetica”, perché i termovalorizzatori riportano alla mente i torbidi ricordi del Piano Cuffaro. Quell’evento è stato più volte definito capitolo chiuso dal governatore, e proprio alla prima riunione della neogiunta del Lombardo quater si è messa la parola alla fine a quel modo di concepire lo smaltimento dei rifiuti. E adesso come conciliare valorizzazione del rifiuti e sostenibilità economica, energetica ed ambientale? La soluzione c’è già.
Il crollo dell’affare termovalorizzatori – circa 5 miliardi e mezzo di euro in ballo per quella gara – era già stato sancito da diverso tempo, ed è stato frutto, a livello politico, della spaccatura netta che ha distanziato, dopo elezioni vittoriose in tandem, l’Udc di Totò Cuffaro dall’Mpa di Raffaele Lombardo. La fine di un modello di gestione, sancito ulteriormente dalla cassazione delle creature cuffariane tra cui l’Arra presieduta da Felice Crosta che in questo sistema avrebbe giocato un ruolo affatto indifferente, è stato il segnale ulteriore di una volontà di cambiamento che, pur non avendo mai escluso del tutto i termovalorizzatori, ne avrebbe perlomeno impedito la realizzazione secondo cuffariana memoria. Così è stato. Ma vinta la battaglia regionale, un’altra tenzone è già emersa da diversi mesi, col ministro siracusano e l’ex capo della Protezione civile che hanno contestato l’assenza di un progetto di incenerimento che fosse già ampiamente documentato nella prima fase degli aggiornamenti del piano del 2002.
Eppure la strada della valorizzazione energetica non può essere abbandonata a causa dell’esperienza viziata da infiltrazioni mafiose, perché l’uscita dalla fase emergenziale e la stabilizzazione non può passare solo dall’ampliamento del numero delle discariche. Il modello Lombardia, realtà da imitare tra le regioni italiane, studiato in un dossier di Althesys Strategic Consultants, certifica che il bilancio costi-benefici piazza il riciclo al primo posto per i benefici più elevati (553 euro/tonnellata), ma al secondo troviamo il recupero energetico (65 euro/tonnellata) e poi al terzo il compostaggio (50 euro/tonnellata).
Anche l’Europa, nella 2008/98/CE, approvata in Cdm la settimana scorsa, considera la produzione di energia come recupero e non smaltimento del rifiuto. Ed una valorizzazione energetica che sia quanto più innovativa possibile non può evitare la considerazione del dissociatore molecolare. “Se poi un tale sistema venisse accoppiato – certifica l’Enea (Agenzia Nazionale per le Nuove Tecnologie) – con una tecnologia ad alta efficienza, quali le celle a combustibile ad alta temperatura che possono sfruttare in maniera ottimale il syngas prodotto, questa potrebbe rappresentare la soluzione tecnologica ottimale al problema dei rifiuti, dal punto di vista ambientale, energetico, sociale ed economico”. Quindi una soluzione ottimale dal punto di vista ambientale in quanto i valori di emissione di un dissociatore – l’Energo, ad esempio, ne ha costruiti diversi e anche in Italia, a Peccioli in provincia di Pisa – risultano inferiori alla normativa di riferimento per le emissioni in atmosfera. In particolare, rispetto un normale inceneritore le concentrazioni di polveri sottili sarebbero ridotte di cento volte, e inoltre scemerebbero anche l’acido fluoridrico (-50%), anidride solforosa (meno del 50%), monossido di carbonio (più del 50%).
Non si tratta però solo di emissioni, ma di una convenienza che è anche energetica. Negli ultimi anni diversi documenti, dal convegno sulla dissociazione molecolare di Lucca al rapporto conclusivo della Commissione interministeriale per le migliori tecnologie di smaltimento del rifiuto passando per gli studi dell’Enea e i dati diffusi in un report del presidente di Italia Nostra Liguria, testimoniano come gli impianti di dissociazione molecolare dei rifiuti siano energeticamente più efficienti rispetto agli inceneritori, in misura variabile secondo l’impiego del syngas, dal 30% al 100% e oltre.
 


La Commissione. “Un grande affare economico non portato a termine”
 
PALERMO -“Nel momento in cui si è trattato di far partire un grande affare economico, quale quello dei termovalorizzatori, non si è stati in grado di avviare efficacemente e portare a termine concretamente il progetto”.
Le parole contenute nella relazione della Commissione Pecorella certificano il fallimento degli inceneritori in Sicilia. Il tema però non può chiudersi così. Appare infatti indubitabile che la media dell’ Unione europea in materia di smaltimento dei rifiuti è del 20%, mentre la Sicilia è allo 0,6% (la Lombardia al 39,8%). “La termovalorizzazione – ha spiegato Giorgio Gavelli, già responsabile Enea “Sviluppo delle tecnologie per il trattamento dei rifiuti” – è essenziale soprattutto in virtù delle emergenze che si stanno vivendo”. E la dissociazione molecolare? “Eviterei di fare salti troppo in avanti – ha spiegato l’esperto dell’Agenzia – perché di certo la dissociazione può rappresentare il futuro ma al momento abbiamo la necessità di agire nell’immediato e con le tecnologie di cui disponiamo al momento. Penso, ad esempio, all’ottimo esempio presente a Brescia”. Ottimo

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