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5G, tecnologia che spaventa i sindaci siciliani. Ma non ci sono evidenze scientifiche sui rischi

Paola Giordano

5G, tecnologia che spaventa i sindaci siciliani. Ma non ci sono evidenze scientifiche sui rischi

venerdì 08 Maggio 2020

Da Messina a Siracusa, fioccano le ordinanze che vietano l’installazione delle antenne. Ecco cosa dicono l’Istituto superiore di sanità, lo Iarc e gli esperti

Messina, Cefalù, Siracusa, Noto, Modica e Naro: sono alcuni dei Comuni dell’Isola che hanno detto no, nelle ultime settimane, all’installazione delle antenne 5G, appellandosi al principio di precauzione comunitario. Altri, come Catania, stanno discutendo sul da farsi: “Ancora – ci riferisce il sindaco etneo, Salvo Pogliese – non abbiamo preso una posizione. Ne stiamo parlando, abbiamo affrontato l’argomento in Giunta la settimana scorsa e ci dobbiamo aggiornare”.

Quella di quinta generazione è una tecnologia piuttosto complicata sulla quale aleggia tanta confusione: troppe sono le notizie in circolazione, specie sul web, non supportate da solidi fondamenti scientifici. Prima fra tutte quella che addita una correlazione tra le stazioni radio base e il coronavirus. Nulla di più falso: il Ministero della Salute, nell’articolo “Covid-19, scacco matto alle bufale”, conferma che “non ci sono evidenze scientifiche che indichino una correlazione tra epidemia da nuovo coronavirus e rete 5G. Ad oggi, e dopo molte ricerche effettuate, nessun effetto negativo sulla salute è stato collegato in modo causale all’esposizione alle tecnologie wireless”. Facciamo quindi chiarezza sull’intricato – e discusso – mondo del 5G.

La tecnologia 5G – ci spiega Nicola Pasquino, ordinario di “Misure per la compatibilità elettromagnetica” all’Università Federico II di Napoli – “è la nuova generazione di telefonia cellulare”, che tra l’altro offre la “possibilità di trasmettere molte più informazioni contemporaneamente e avere connessioni internet molto più veloci”.

Il Ministero dello sviluppo economico ha attivato nel 2017 cinque progetti sperimentali (a Milano, Prato, L’Aquila, Bari e Matera) e ha lanciato nel 2018 il bando per l’assegnazione delle frequenze sul territorio nazionale. In attuazione della delibera Cipe n. 61/2018, lettera c, ha poi approvato, con un decreto del 26 marzo 2019, un programma di supporto alle tecnologie emergenti 5G, che prevede una dotazione finanziaria di 30 milioni di euro – portati poi a 40 con il successivo Dm del 5 giugno – per la realizzazione di “Case delle tecnologie emergenti”, veri e propri centri di trasferimento tecnologico volti a supportare progetti di ricerca e sperimentazione.

Ciò che desta preoccupazione sono gli eventuali rischi per la nostra salute connessi alle emissioni elettromagnetiche del 5G, che – va detto – viaggia sulla bande di frequenze dei 700 MHz (ma solo da luglio 2022, perché fino ad allora le frequenze continueranno ad essere assegnate al broadcast radiotelevisivo) e dei 3,7 GHz: per un confronto, il 4G – l’attuale gold standard delle connessioni cellulari – sfrutta le bande degli 800 MHz e 2,6 GHz, mentre il WiFi usa i 2,4 GHz e 5 GHz. A tali frequenze si aggiungerà in futuro anche la banda dei 27 GHz: è una frequenza ben maggiore di quelle finora impiegate nei sistemi cellulari, ma sarà destinata quasi esclusivamente alla copertura di aree di estensione limitata ed alta frequentazione, come sale di attesa in stazioni, aeroporti, zone interne ai centri commerciali, così come brevi tratti di strada o porzioni di piazze e aree pubbliche. Fermo restando l’aspetto delle frequenze, che è la causa maggiore di preoccupazioni nella popolazione, poco nota è la tecnologia del “beamforming”, grazie alla quale – spiega il professore Pasquino (vedi l’ampio approfondimento in fondo) – la potenza del 5G viene indirizzata solo laddove è necessario e, quindi, non utilizzando il cellulare non si verrà irradiati da onde.

In ogni caso, secondo l’Istituto superiore di sanità “gli unici effetti sulla salute umana dei campi elettromagnetici a radiofrequenza che siano stati accertati dalla ricerca scientifica sono gli effetti a breve termine, di natura termica”. L’energia elettromagnetica assorbita dai tessuti del corpo umano viene convertita in calore provocando un aumento della temperatura del corpo, generalizzato o localizzato a seconda delle modalità di esposizione. L’entità di questo aumento di temperatura dipende dai meccanismi di termoregolazione corporea (aumento della circolazione sanguigna, sudorazione o respirazione accelerata) che rallentano il processo di riscaldamento e limitano la temperatura a cui si stabilisce l’equilibrio termico.

Altrettanto complesso è il discorso sui possibili effetti a lungo termine. L’Iss specifica che, secondo lo Iarc (Agenzia internazionale per la Ricerca sul Cancro), il complesso degli studi esaminati non supporta l’ipotesi di cancerogenicità dei campi elettromagnetici, con l’eccezione di alcuni studi epidemiologici di tipo caso-controllo che hanno evidenziato un aumento del rischio di glioma (un tumore maligno del cervello) e di neurinoma del nervo acustico (un tumore benigno) in relazione all’uso intenso di telefoni cellulari. Un problema comune agli studi caso-controllo era che l’utilizzo di telefoni cellulari veniva accertato retrospettivamente, anche a distanza di molti anni dall’inizio d’uso. La Iarc ha definito l’evidenza di questi studi come “limitata” in quanto, anche se potrebbe essere dovuta ad un reale nesso di causa-effetto tra esposizione ai campi elettromagnetici emessi dai telefoni cellulari e insorgenza dei tumori, non si possono escludere altre spiegazioni come una distorsione dei risultati dovuta ad esempio al fatto che i soggetti malati tendessero a sovrastimare nel ricordo l’utilizzo del telefono cellulare. Inoltre, questo aumento di rischio non è stato osservato in altri studi epidemiologici e non è stato confermato dai numerosi studi sperimentali condotti su animali e su cellule. Per questi motivi lo Iarc ha classificato i campi elettromagnetici a radiofrequenza solo come “possibilmente cancerogeni per gli esseri umani” (gruppo 2B) e non come “probabilmente cancerogeni per gli esseri umani” (gruppo 2A), né come “cancerogeni per gli esseri umani” (gruppo 1).

I sindaci – e con loro l’Anci Sicilia – però intendono aspettare maggiori chiarimenti dalle autorità competenti in merito agli effetti del 5G. A Cefalù (Pa), per esempio, l’ordinanza del sindaco Rosario Lapunzina ne ha stabilito il divieto “in attesa della nuova classificazione della cancerogenesi annunciata dall’International Agency for Research on Cancer”.

Il primo cittadino aretuseo, Francesco Italia, ritiene “necessario disporre di nuove evidenze scientifiche che diano indicazioni chiare sulla sua sostenibilità e sulla salvaguardia della salute della gente”. E nella sua ordinanza segnala che “la mancanza di prove chiare per informare lo sviluppo delle linee guida sull’esposizione alla tecnologia 5G lascia aperta la possibilità di conseguenze biologiche non intenzionali” e cita il Comitato scientifico sui rischi sanitari ambientali ed emergenti della Comunità Europea, che “ha evidenziato criticità sconosciute sui problemi di salute e sicurezza per le tecnologie 5G”.

“Chiariamo innanzitutto – spiega Nicola Pasquino – cosa sia questo Comitato scientifico: si tratta di un Comitato di indirizzo che suggerisce alla Commissione Europea i temi di cui quest’ultima debba occuparsi negli anni successivi. Il Comitato identifica e discute temi emergenti relativi a potenziali rischi ambientali collegati alla salute e suggerisce di valutare l’opportunità di interventi legislativi da parte della Commissione su quel particolare tema. Il fatto che il 5G sia richiamato all’interno di questo documento del 2018 vuol dire che il Comitato evidenzia l’esistenza di un tema su cui ritiene che la Commissione europea debba valutare se intervenire dal punto di vista legislativo o no. Il Comitato si occupa di tanti fenomeni e nel documento in questione sono richiamate diverse questioni su cui viene richiesto alla Commissione europea di intervenire: qualità dell’aria, dell’acqua, del terreno, i rifiuti, resistenza agli antibiotici e ai dispositivi medici ed anche rumori e campi elettromagnetici”.

“Nella relazione – prosegue – redatta dal Comitato nel 2018, il 5G viene richiamato, al punto 4.4, solo in riferimento agli effetti potenziali sulla fauna selvatica, sebbene all’interno di questa scheda si sia voluto a tutti i costi parlare pure di esseri umani, nonostante il tema fosse incentrato su tutt’altro. È bene chiarirlo: il documento redatto da questo Comitato (lo Scheer) non è un documento scientifico ma un insieme di schede brevi nelle quali viene descritto un tema del quale si ritiene che la Commissione europea debba occuparsi”.

In merito all’ordinanza del sindaco di Siracusa, continua Pasquino, “segnalo alcune questioni: innanzitutto, il fatto che il 5G venga citato, secondo me con una grande forzatura, in un paragrafo che parla dei potenziali pericoli della fauna selvatica ma sia usato per parlare dei pericoli sull’uomo; poi, il fatto che un documento di indirizzo non è un documento scientifico conclusivo, e infine il fatto che nella letteratura a supporto delle affermazioni contenute nella scheda venga riportato un articolo di un autore che si è scoperto essere in profondo conflitto d’interessi perché presidente di una società che produce rimedi dichiarati validi – dalla società produttrice, ovviamente – proprio contro quegli effetti biologici che egli ritiene attribuibili ai campi elettromagnetici. L’autore in questione, Martin Pall, nell’articolo del 2018 parla genericamente di effetti del Wi-Fi sulla salute, ma viene citato dallo Scheer per parlare del 5G, senza portare alcuna prova sperimentale delle sue affermazioni, e questo è uno dei motivi per cui l’articolo è stato oggetto di severe critiche da parte di molti ricercatori”.

Mario Emanuele Alvano, segretario Anci sicilia
“Ai sindaci nessuna indicazione dagli organismi nazionali”

Segretario Alvano, qual è la posizione di Anci Sicilia in merito alla tecnologia 5G?
“Sono dell’idea che quando si affrontano questioni ad alto contenuto tecnico-scientifico come quella relativa ai possibili effetti del 5G, bisognerebbe mettere i Comuni nelle condizioni di non andare in ordine sparso. Questo lo si potrebbe fare in maniera molto semplice, fornendo indicazioni da parte degli organismi nazionali competenti. Su alcuni temi le istituzioni centrali non danno indicazioni o le indicazioni non sono facilmente reperibili o, ancora, non vengono divulgate, neanche tramite noi e quindi è evidente che ci sia un difetto di comunicazione e di diffusione dell’informazione”.

Come spiega le singole prese di posizione di alcuni sindaci siciliani che hanno detto ‘no’ all’installazione delle antenne del 5G?
“Credo che nessun sindaco, nessun consiglio comunale si voglia pronunciare su temi alla cieca così come sta avvenendo adesso. Il moltiplicarsi di ordinanze su temi delicati come questo è l’effetto della mancanza di informazione: si va in ordine sparso per disperazione, non per scelta. Noi solleciteremo gli organismi competenti affinché forniscano indicazioni direttamente ai Comuni o che possano circolare tramite noi, per rendere il dibattito più proficuo. È evidente che mai come in questa fase che stiamo vivendo da parte delle amministrazioni tutte – locali regionali e centrali – ci sia un’attenzione al tema della salute del cittadino particolarmente elevata. Anche in relazione all’attuale situazione legata alla pandemia parliamo di una materia sfuggente per la quale non abbiamo grosse certezze dal punto di vista scientifico e le aspettiamo. Non solo adesso ma ora più che in passato c’è, anche da parte dei cittadini, una maggiore attenzione sui temi legati ai possibili effetti sulla salute di ogni tipo di attività dell’uomo. La mia valutazione sul 5G è questa: mancano a mio avviso delle evidenze scientifiche sul fatto che sia dannoso ma non ci sono neanche evidenze così forti che attestino che non possa causare determinati effetti sulla salute. Questo determina nei territori una situazione di preoccupazione e di allarme rispetto alla quale, in molti casi, si utilizza il principio di prudenza: nel dubbio e in attesa di un indirizzo unitario da parte delle autorità competenti il sindaco mette al riparo i propri cittadini da potenziali rischi. La certezze non può arrivare dei sindaci: devono arrivare dal Ministro della salute, dal Ministro dello sviluppo economico, dai dipartimenti che si occupano di telecomunicazioni, dalle strutture nazionali assolutamente adeguate a far circolare sull’argomento pareri e indicazioni”.

Il presidente di Asstel, Pietro Guindani
Sperimentazioni? “Non sono previste nei comuni siciliani”

Presidente Guindani, sono tanti i sindaci che preoccupati per gli eventuali fattori di rischio, hanno deciso di vietare l’installazione delle antenne del 5G nel proprio territorio di competenza. Come fugare le loro preoccupazioni?
“Sorprende che vengano emesse ordinanze di proibizione di una sperimentazione che è di natura tecnica e riguarda solamente le cinque città italiane scelte dal Mise, che sono Milano, Prato, L’Aquila, Bari e Matera. Nei comuni siciliani in cui sono state emesse le ordinanze non è prevista alcuna sperimentazione. Ciò che può accadere è il verificarsi di una normale dinamica commerciale, in cui si manifesta una domanda di nuove stazioni radio base 4G o di ampliamento dal 4G al 5G. Sarebbe bene non confondere le due tecnologie, evitando di bloccare un’infrastruttura, quella radiomobile, che si è rivelata fondamentale nell’affrontare l’emergenza da Covid-19. Per quanto riguarda la preoccupazione dei sindaci, il modo corretto di affrontare il problema è riferirsi alle norme nazionali e ai pronunciamenti delle autorità sanitarie competenti, essendo l’utilizzo delle radiofrequenze rigidamente regolamentato dalla legge italiana ai fini della tutela della salute dei cittadini”.

Nell’ordinanza del primo cittadino di Siracusa ad esempio si legge “… il Comitato Scientifico sui rischi sanitari ambientali della Comunità europea ha evidenziato criticità sconosciute sui problemi di salute e sicurezza peril 5G”. Come commenta queste affermazioni?
“Le norme italiane sull’utilizzo delle radio frequenze sono state definite a partire dal 2001 nell’ambito delle linee guida emesse da organismi europei e mondiali. Nel 1998 le raccomandazioni sviluppate dall’Icnirp (Commissione Internazionale per la protezione dalle radiazioni non ionizzanti) sono state la base per definire le politiche sui limiti di esposizione ai campi elettromagnetici a livello internazionale e nazionale. Quest’anno, nel mese di marzo, le linee guida hanno subito un aggiornamento da parte dell’Icnirp tendendo presente gli esiti della ricerca scientifica degli ultimi 20 anni, che conferma che gli attuali limiti sono già molto stringenti e cautelativi della salute umana. Lo Iarc pubblica annualmente il World Cancer Report, nella cui edizione di marzo 2020, a riguardo delle radio-frequenze utilizzate per la telefonia mobile, viene indicato testualmente ‘nonostante i considerevoli sforzi di ricerca, a oggi non è stato identificato in modo coerente alcun meccanismo rilevante per la carcinogenesi’. Quanto al Comitato scientifico sui rischi sanitari ambientali ed emergenti della Comunità Europea, cui si riferisce l’ordinanza del sindaco di Siracusa, ha ritenuto necessario continuare a studiare gli effetti delle radiofrequenze sull’ambiente, inserendo nel proprio piano di lavoro per il prossimo quadriennio questo tema. È da notare, inoltre, che rispetto agli effetti sulla salute umana il Comitato conferma le conclusioni del suo antesignano (Scientific Committee on emerging or newly-identified health risks), che si era già espresso più volte sui campi elettromagnetici negli anni precedenti affermando che ‘I risultati della ricerca scientifica a oggi disponibili indicano che non esistono effetti nocivi sulla salute se l’esposizione rimane al di sotto dei livelli raccomandati dalla legislazione comunitaria’”.

Quali sono le tempistiche previste per il completamento delle installazioni?
“Nell’arco del 2020 è prevista la copertura delle prime 100 città italiane per dimensione. Negli anni successivi si proseguirà secondo gli obblighi previsti, che riguardano la copertura del 99,4% della popolazione entro il 2027”.

Intervista a Nicola Pasquino, ordinario di “Misure per la compatibilità elettromagnetica” all’Università Federico II
“Campi elettromagnetici? Per Iarc cancerogeni come l’aloe vera”

NAPOLI – Per fare maggiore chiarezza su alcuni degli aspetti più discussi della nuova tecnologia, abbiamo intervistato Nicola Pasquino, professore di Misure per la compatibilità elettromagnetica al Dipartimento di Ingegneria elettrica e delle tecnologie dell’informazione (Dieti) dell’Università di Napoli Federico II.

Professor Pasquino, sulla tecnologia 5G c’è molta confusione. Può spiegarci cosa è?
“La tecnologia 5G è la nuova generazione di telefonia cellulare. Siamo partiti negli anni ‘90 con la tecnologia analogica, siamo passati al Gsm (detto 2G), poi all’Umts (3G), quindi all’Lte (4G) e adesso sta facendo poco alla volta ingresso sul mercato la tecnologia 5G. L’innovazione più interessante per gli utenti è legata alla maggiore banda disponibile, ovvero alla possibilità di trasmettere molte più informazioni contemporaneamente e avere connessioni internet molto più veloci”.

Quali sono gli eventuali rischi per la nostra salute?
“I rischi per la salute sono gli stessi che vengono associati ai campi elettromagnetici ad alta frequenza. E allo stato attuale ciò che dicono gli organismi internazionali che si occupano di ricerca sugli effetti biologici dei campi elettromagnetici è che l’unico effetto accertato è il riscaldamento dei tessuti, che però avviene solo per livelli di esposizione molto più alti di quelli a cui siamo sottoposti per effetto della comunicazione cellulare. Per completezza di informazione bisogna anche dire che ci sono timori che ai campi elettromagnetici possano essere associati anche effetti non termici, ed in particolare che l’esposizione alle radiazioni emesse dai cellulari possano provocare il cancro. È questo il motivo per cui c’è grande preoccupazione quando si parla di cellulari. L’Organizzazione mondiale della sanità, supportata dall’Iarc (International agency for research on cancer), si è espressa già nel 2011 su questo tema, e ha deciso che i campi elettromagnetici fossero inseriti nel gruppo 2B, ovvero che siano considerati “possibilmente cancerogeni”: è lo stesso gruppo di cancerogenicità in cui sono inseriti, ad esempio, l’aloe vera e l’acido caffeico ad esempio, oltre alle attività professionali come quella di falegname e carpentiere. Questo è ad oggi – e con oggi intendo dopo cinquant’anni di studi sui campi elettromagnetici in bassa e in alta frequenza – il livello di conoscenza che abbiamo. Lo voglio ripetere per chiarezza: in alta frequenza, e ancora più specificamente alla frequenza dei sistemi cellulari, l’unico effetto accertato è quello termico; l’Oms dice che non c’è prova di un nesso causale tra l’esposizione ai campi elettromagnetici e l’insorgenza di tumori”.

Cos’è il beamforming?
“È letteralmente la ‘formazione di un fascio’ ed è una delle caratteristiche tecniche più interessanti del 5G perché mentre adesso con una cella si irradia allo stesso modo più o meno tutto lo spazio di fronte all’antenna, con il beamforming si riescono a creare tanti fasci che irradiano potenza verso punti diversi, ovvero si riesce a indirizzare la potenza in tante direzioni diverse. La conseguenza più importante di questa caratteristica, peculiare del sistema 5G, è che si riesce a irradiare potenza solo verso le zone in cui serve, quindi solo dove si sta facendo uso attivo del cellulare. Se il cellulare è in standby, in quella zona non si irradierà potenza. Se invece c’è un cellulare attivo – si sta facendo una telefonata o si sta utilizzando internet – con il sistema 5G, attraverso il beamforming, che a sua volta si basa sulla tecnologia Mimo – è possibile creare indirizzare la potenza solo nella direzione in cui si trova il cellulare”.

Quindi è dell’idea che utilizzare questa funzionalità è conveniente?
“Assolutamente sì, perché con la tecnologia attuale, se a qualche decina di metri da me c’è un cellulare attivo – e per attivo intendo che sta scambiando informazioni con la stazione radio-base, volgarmente chiamato ripetitore cellulare – anche io verrò irradiato da un certo livello di potenza, proprio perché la cella irradia allo stesso modo su tutta la sua area di pertinenza. Grazie al beamforming e al fatto di poter indirizzare la potenza solo dove è necessario, se non sto utilizzando il cellulare, non sarò irradiato da potenza elettromagnetica: mi arriverà solo quel segnale minimo (il segnale di controllo), irrilevante ai fini dell’esposizione, che serve alla stazione radiobase per dire al cellulare ‘io sono qui, se hai bisogno usami’: è una comunicazione breve, di bassa intensità tra il cellulare e la stazione radio-base. Questo è l’elemento fondamentale che rende il beamforming una caratteristica importantissima del 5G perché nel momento in cui si utilizza questo tipo di modalità di radiazione della potenza elettromagnetica, l’effetto è che mediamente, sia nello spazio che nel tempo, i livelli del campo elettromagnetico si abbassano perché se si irradia solo dove c’è bisogno; nelle altre zone si irradia poco, mentre invece prima nelle altre zone anche dove non c’era bisogno si irradiava comunque. Quindi l’effetto positivo del 5G è avere dei livelli di esposizione mediamente più bassi di quanto le attuali tecnologie cellulari consentano. Questo purtroppo è un elemento che viene raramente evidenziato, probabilmente perché è molto tecnico e difficile da comprendere; ma è importante portarlo all’attenzione della cittadinanza e degli amministratori pubblici perché dà evidenza di quanto il 5G possa favorire la riduzione dei livelli di esposizione al campo elettromagnetico”.

A proposito di amministratori pubblici, sono tanti i Comuni che hanno deciso di sospendere la sperimentazione del 5G proibendo l’installazione delle antenne nel proprio territorio in attesa di maggiori certezze sui fattori di rischio. Come fugare le preoccupazioni dei sindaci?
“Innanzitutto l’utilizzo del termine ‘sperimentazione’ è uno degli elementi che viene portato in genere come motivazione dello stop dei sindaci. Chiariamo questa questione: quello 5G è un servizio commerciale: se vado in un negozio di telefonia, posso certamente acquistare un telefono 5G, magari a prezzi ancora alti perché il servizio non è ancora molto diffuso, però il 5G esiste ed è attivo in alcune città d’Italia scelte dal Ministero dello Sviluppo Economico e lo sarà a breve in diversi Comuni che hanno una priorità nella disponibilità dell’attivazione del servizio. È importante chiarire che quando si parla di sperimentazione si intende una sperimentazione di tipo tecnico, che peraltro è già finita, e che serviva a capire se quello che era un sistema nuovo, una volta implementato nelle città, poteva dare effettivamente le prestazioni che ci si aspettava. Deve essere smentito con forza il fatto che si tratti di una sperimentazione di tipo sanitario: è un dubbio che i cittadini e gli amministratori non devono avere. A ciò va aggiunto che in Italia ci sono le leggi e regolamenti attuativi particolarmente stringenti in termini dei livelli massimi di esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici. Questo è un altro elemento di tutela che il legislatore, già dal ‘98, ha applicato nei confronti dei campi elettromagnetici: abbiamo dei limiti di esposizione molto più bassi di quelli che suggerisce l’Unione Europea. Nella nostra casa e in tutti i luoghi destinati a permanenza prolungata (scuole, ospedali, cliniche, ma anche parchi e gradini pubblici) il limite è di 6 Volt/metro, ben inferiore rispetto a quello suggerito dall’Ue, proprio perché l’Italia nel ‘98 prima e nuovamente nel 2003 con il Dpcm dell’8 luglio 2003 ha deciso di essere particolarmente cautelativa nei confronti dei campi elettromagnetici. Indipendentemente dal numero di antenne che ho nelle mie vicinanze, il livello totale di campo che esse potranno generare dovrà essere al di sotto della soglia indicata. Per strada invece il limite è di 20 Volt/metro”.

Quindi quali elementi può dare, in sintesi, ai sindaci?
“Proprio partendo da quest’ultima considerazione sui limiti di esposizione, a sindaci e amministratori pubblici direi che la legge italiana tutela già il cittadino molto più di quanto sia suggerito dall’Ue. È vero che i sindaci sono la massima autorità sanitaria su territorio, ma tale ruolo deve essere esercitato in caso di emergenza. Il 5G, invece, è già trattato dalla legislazione nazionale e non c’è alcuna emergenza legata a un problema sanitario del 5G. Né tanto meno si può tirare in ballo il principio di precauzione perché esso – che spesso è citato nelle ordinanze sindacali – è richiamato a mio avviso a sproposito. Questo principio prevede un elemento fondamentale, ovvero che ci sia incertezza nei risultati e che il fenomeno non sia stato studiato. Nel momento in cui l’Oms ha classificato i campi elettromagnetici in una categoria ben precisa, l’applicazione del principio di precauzione non ha più motivo di esistere perché il fenomeno è stato di fatto affrontato”.

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Un commento

  1. marco volano ha detto:

    Articolo a senso unico: un fiume di parole per tacitare ogni dissenso. Manipolatorio e tendenzioso. Chi sono le persone del vostro giornale che prendono le direttive dal Ministero della Verità?
    L’ignoranza è forza. La guerra è pace. La libertà è schiavitù.

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