“Il Piano paesaggistico nasce nel 1939 ed è basato su scala circoscrizionale. In Sicilia, al contrario, spetta di competenza alle Sovrintendenze provinciali, anche se il Piano paesaggistico regionale supera i possibili conflitti di competenza delle province. Il Piano paesaggistico provinciale prevede la concertazione e il passaggio dell’adozione e dell’approvazione, concedendo al cittadino 120 giorni per eventuali ricorsi. In più, il Piano urbanistico si deve subordinare a quello paesaggistico, facendo salvi i piani del passato. Secondo il Codice, però, il Piano deve confrontarsi con lo sviluppo del territorio salvaguardandolo, non impedendolo. Questo Piano, infatti, non può ostacolare le legittime richieste dei cittadini. In più, la nostra amministrazione non ha alcuna competenza sulle edificabilità assolute, solo l’assessorato al Territorio e Ambiente può intervenire. Il Piano deve agevolare lo sviluppo, salvaguardando le valenze territoriali, tanto che non si è sottoposti alla Vas, Valutazione ambientale strategica. Il nostro compito è di armonizzare le esigenze del territorio con le sue trasformazioni. Si può aggiungere, oltretutto, che il Codice dei Beni culturali sorge, perché è stato modificato il titolo V della Costituzione italiana. Tale modifica stabilisce pari dignità tra tutti soggetti pubblici che concorrono nell’organizzazione dello Stato”.
“Il decreto n. 12 del presidente della Regione Lombardo del dicembre 2009 ha rimodellato l’amministrazione regionale, a norma della legge 19 del 2008. Questo decreto ha previsto sia l’attivazione dei Parchi archeologici di Giardini Naxos e di Selinunte, sia la ristrutturazione dell’amministrazione. Infatti, ha vincolato l’amministrazione dei Beni culturali a ridurre le strutture periferiche da 103 a 72, con l’ulteriore vincolo di portarle a 58 entro il 2011 a come previsto dalla legge 19 del 2008. Il dipartimento dei Beni culturali ha rispettato i vincoli previsti, cercando di trasformarlo secondo le leggi regionali che si sono susseguite finora. Infatti, su richiesta dell’Ufficio legislativo e legale regionale e della Corte dei Conti, si è interpretato la Sovrintendenza come servizio, mentre le vecchie sezioni sono state considerate unità di base. Così, si sono liberati 50 servizi e alcuni sono stati trasformati in strutture indispensabili prima assenti, come il Servizio informatico interno. Inoltre, si è avuto modo di attivare altre leggi rimaste inattuate, istituendo nuovi musei. Tuttavia, per evitare di moltiplicarsi di questi ultimi a dismisura, si è pensato di trasformare quelli minori in unità operative di cintura per quelli più grandi. In questo modo, sono stati attivati i Musei provinciali, creando 26 parchi, 25 archeologici e 1 minerario, così come previsto dal decreto Granata del 2001”.
“I musei devono restare aperti al pubblico negli orari previsti. Capita, però, che si tengano riunioni o azioni negli orari di apertura, che possono benissimo essere realizzate dopo le 18 o il lunedì quando i musei sono solitamente chiusi. Il danno d’immagine, che una sgradita sorpresa di questo tipo provoca negli ignari turisti, costringe gli operatori a escludere quel museo dal percorso turistico, anche perché la giurisprudenza condanna, in questo caso, l’operatore”.
“No, perché le Sovrintendenze sono state sgravate dell’onere di gestione dato dalle aree archeologiche che ora sono divenute parchi. In questo modo, le Sovrintendenze stesse possono dedicarsi alla tutela dei Beni culturali sul territorio, senza doversi occupare di tutte le competenze come prima. Si vuole offrire più tutela e una minore dispersione di energie, concentrandole per valorizzare al meglio tutto il patrimonio”.
“I parchi sono organizzati in modo che il ricavato dei biglietti resti al suo interno e sia gestito dal direttore. Così, quest’ultimo ha un dovere di economia di bilancio, escluse le spese del personale e amministrative. In questo modo, le risorse, derivate dallo sbigliettamento, rimangono nel parco, mentre questo gettito, prima, finiva all’erario della Regione, così come accade tuttora per i musei. Il codice dei Beni culturali e del Paesaggio prevede lo stesso processo all’art. 110 anche per i musei, ma l’assessorato al Bilancio dal 2004 non l’ha realizzato. Oltretutto, il sistema dei parchi è previsto dal decreto Granata del 2001, ma l’attivazione di questi ultimi è di competenza amministrativa. Così, ogni parco, che è considerato un museo all’aperto, è stato organizzato in modo da favorire l’area culturale. Infatti, non ha alcun senso racchiudere il patrimonio culturale all’interno di ristretti confini amministrativi”.
“La densità del patrimonio artistico e culturale è la più alta tra le regioni d’Italia, per cui si potrebbe seguire l’esempio dello Stato che ha creato le direzioni regionali dei Beni culturali. Perciò, si potrebbero introdurre tre direzioni generali, definite circoscrizioni e nominate Val di Noto, Val di Mazzara e Val Demone, distribuendovi le Sovrintendenze e i Parchi. Così si potrebbero ridurre a tre gli interlocutori, ma la legge lo dovrebbe prevedere, organizzando poi il territorio in modo differente dall’attuale”.
“La legislazione attuale prevede che i sovrintendenti rispondano personalmente degli interessi passivi, quando ritardino l’esecuzione puntuale dei provvedimenti”.
“Con la legge 19 del 2008, all’assessorato al Turismo sono state sottratte molte competenze, a tal punto che gli sono stati trasferiti il teatro e il cinema. L’assessorato ai Beni culturali, al contrario, ha ricevuto il dipartimento Arte e Architettura contemporanea, che è stato smantellato a livello centrale, attribuendo le competenze alla periferia. Per questo, le Sovrintendenze hanno anche competenze sull’arte contemporanea”.
“Certamente, i borghi vanno tutelati e occorre favorirne lo sviluppo, introducendo anche delle modifiche per valorizzarli. Un esempio è offerto dalla Statua di Morgantina, che si ritiene possa essere sfruttata meglio se ospitata in ala nuova del museo piuttosto che in una chiesa restaurata. Infatti, se si ha a disposizione un milione e mezzo di euro, si può impiegarlo per valorizzare l’opera, appartenente a un culto pagano, all’interno del Museo di Aidone che è più adatto di una chiesa cristiana ancora aperta al culto, come quella di San Domenico. In questo modo, si valorizzano anche il Paese e le altre opere. Inoltre, l’affitto in chiesa sarebbe costato 48 mila euro l’anno al Fondo Edificio di Culto e avrebbe separato la statua dal percorso museale. La statua è divenuta il simbolo internazionale della legalità, ma questa valenza simbolica non è eterna”.