Questo però non significa "che i problemi siano risolti", ha avvertito Draghi. Quella in corso "è una ripresa ciclica" che da sola non può rimuovere i problemi di lungo termine dell’area euro. Problemi che invece richiedono riforme strutturali, che oggi, grazie anche alla politica monetaria, possono essere affrontati in circostanze economiche più favorevoli. Servono riforme, ha detto Draghi "per agganciare il ritorno alla crescita".
La crescita a rilento rende anche più difficile risanare i conti pubblici e ridurre i debiti in vari Paesi, mentre mina l’efficacia della politica monetaria comune.
Proprio per questo "è da quando sono presidente della Bce" che alla fine dei comunicati post Consiglio direttivo "ripeto gli appelli ad accelerare sulle riforme strutturali in Europa". Un messaggio che del resto veniva continuamente proposto anche dai predecessori di Draghi, tanto da essere menzionato "nei tre quarti delle conferenze stampa" dall’introduzione dell’euro. E che contrasta in maniera stridente con il marginale 2 per cento di interventi di esponenti della Federal Reserve, la Banca centrale americana, in cui viene menzionata la necessità di riforme.
"Se parliamo così spesso di riforme strutturali è perché siamo consapevoli che la nostra capacità di ricreare stabilità e opportunità non dipende solo dalle politiche cicliche, inclusa la politica monetaria, ma anche dalle politiche strutturali. Le due – ha concluso Draghi – sono molto interdipendenti". (askanews)