Applicabilità dell’Imu agli enti ecclesiastici - QdS

Applicabilità dell’Imu agli enti ecclesiastici

Salvatore Forastieri

Applicabilità dell’Imu agli enti ecclesiastici

martedì 07 Febbraio 2023

Corte di Giustizia tributaria accoglie ricorso: infondata la pretesa impositiva avanzata dal Comune di Palermo. Esenzione per tutti quei beni in cui si svolgono attività sanitarie-assistenziali

ROMA – La Corte di Giustizia tributaria di secondo grado della Sicilia, con le sentenze 290/2023; 292/2023; 501/2023; 502/2023 e 897/2023 qui in commento, ha accolto gli appelli formulati da un noto Ente Ecclesiastico avente sede a Palermo che svolge attività sanitaria – assistenziale ai disabili, difeso dall’Avvocato Giuseppe Giamportone, avverso le sentenze di primo grado che avevano erroneamente ritenuto fondata la pretesa impositiva da parte del Comune di Palermo in tema di Imu, annullando, di conseguenza, i cinque avvisi di accertamento emessi dal Comune di Palermo, per un totale di circa duecento mila euro, condannando, altresì, l’Ente impositore alla refusione delle spese legali in favore della parte appellante.

La Corte di secondo grado, in particolare, ha accolto l’eccezione del cosiddetto giudicato esterno formulata dalla difesa nel corso del giudizio di secondo grado. Si tratta di quel fenomeno processuale in base al quale quanto deciso in una sentenza passata in giudicato perché non più impugnabile, e quindi definitiva, possa valere con forza, appunto, di giudicato, in un altro giudizio avente analoghe o identiche questioni e svoltosi tra le stesse parti del rapporto già giudicato.

Non sempre, tuttavia, nel processo tributario questa regola può operare. Infatti, nel giudizio tributario spesso le cause hanno ad oggetto più annualità d’imposta, ma non è detto che le questioni siano le stesse e abbiano carattere di stabilità tra le diverse annualità; di conseguenza, non sempre quanto stabilito in una sentenza rispetto ad un’annualità può valere anche per le annualità successive; questo anche in virtù del principio di autonomia dei periodi d’imposta.

Come autorevolmente osservato dalla Suprema Corte di Cassazione, infatti, la sentenza del giudice tributario con la quale si annulla un avviso di accertamento per un determinato anno d’imposta fa stato, nei giudizi relativi alla stessa imposta dovuta per gli anni precedenti o successivi, ove pendenti tra le stesse parti, relativamente al contenuto ed all’entità degli obblighi del contribuente, solo per quanto attiene a quegli elementi, aventi il carattere della durevolezza, costitutivi della fattispecie che, estendendosi ad una pluralità di periodi d’imposta, assumano carattere tendenzialmente permanente.

Il giudice sarà chiamato a compiere di volta in volta una valutazione di detti elementi di durevolezza nei vari anni d’imposta, sulla base dei fatti prospettati dalle parti.

Nel caso di specie, i giudici di secondo grado hanno stabilito che quanto deciso in una precedente sentenza favorevole all’Ente, non impugnata dal Comune di Palermo e, quindi, divenuta definitiva, potesse avere valore di giudicato anche rispetto alle altre annualità per le quali pendeva il contenzioso, in virtù, appunto, del fatto che i requisiti per godere dell’esenzione Imu sono stabili nel tempo ed in mancanza di una prova contraria da parte del Comune di Palermo.

La Corte Tributaria di secondo grado, però, non si è limitata ad accogliere l’eccezione di giudicato esterno formulata dalla difesa, ma è entrata nel merito della sussistenza dei requisiti ai fini dell’esenzione Imu, accogliendo, anche in questo caso, le prospettazioni difensive.

La vicenda dell’Imu sui beni appartenenti ad Enti Ecclesiastici è nota e nel tempo ha avuto vicende alterne sulle quali non ci soffermerà in questa sede.
Il caso sottoposto ai giudici tributari di secondo grado della Sicilia ha riguardato la sottile linea di demarcazione tra attività svolta secondo i criteri della commercialità e attività non commerciale.

L’Ente vittorioso, come già osservato, svolge un’attività sanitaria assistenziale di cura dei disabili, svolta in convenzione con il Servizio Sanitario Nazionale e nel suo Statuto prevede, al contempo, il divieto di distribuire utili, con obbligo eventualmente di reinvestirli nelle attività dell’Ente medesimo o di devolverli, in caso di scioglimento dell’Ente, ad altro soggetto avente stessa natura e scopo.

Il Comune di Palermo aveva ritenuto di sottoporre a tassazione, in particolare ad Imu, i beni immobili in cui si svolgono dette attività sanitarie – assistenziali, nell’errata convinzione che l’attività avesse natura commerciale.

I giudici di secondo grado, come detto, hanno, invece, aderito alle tesi della difesa, secondo la quale, in considerazione di quanto stabilito dal decreto ministeriale 200 del 2012, l’attività svolta dall’Ente, ai fini Imu, non presentasse i requisiti di un’attività commerciale e, pertanto, non doveva essere sottoposta a tassazione.

Le sentenze in commento, oltre a consolidare l’orientamento della giurisprudenza in tema di giudicato esterno, offrono, quindi, un interessante interpretazione della normativa in tema di Imu degli Enti Ecclesiastici, contribuendo a chiarire in maniera netta e precisa quali siano i presupposti di applicazione del tributo.

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