Aborto farmacologico in day hospital, scoppiano le polemiche - QdS

Aborto farmacologico in day hospital, scoppiano le polemiche

redazione web

Aborto farmacologico in day hospital, scoppiano le polemiche

lunedì 10 Agosto 2020

Il ministro della Sanità Speranza aggiorna le linee guida su sollecitazione anche di alcune Regioni. I medici "obiettori di coscienza" e la posizione del mondo cattolico, con il quotidiano Avvenire che parla di mancata tutela delle donne. La presidente dell'Umbria Tesei, "siamo pronti ad adeguarci"

Per abortire con la pillola Ru486 non servirà più il ricovero, si potrà fare in day hospital e in tutte le regioni italiane.

Lo prevedono le nuove linee guida annunciate dal ministro della Salute, Roberto Speranza, che estendono anche il limite per la somministrazione del farmaco da sette a nove settimane.

Sostituiranno le direttive finora esistenti che risalgono al 2010.

“Siamo pronti ad adeguarci a una chiara e univoca linea del Ministero”, afferma la presidente della Regione Umbria, Donatella Tesei.

E’ stata proprio una delibera della sua giunta poche settimane fa – che aveva indicato la necessità del ricovero per l’aborto farmacologico – a far richiedere a Speranza un parere al Consiglio Superiore di Sanità (Css) ma anche a provocare una manifestazione di piazza e riaprire un dibattito in un paese dove l’obiezione dei medici resta alta.

“E’ sconcertante si parli di libertà, così le donne sono meno tutelate”, scrive l’Avvenire.

“Le evidenze scientifiche sono molto chiare – osserva Speranza – il Consiglio Superiore di Sanità e le società scientifiche hanno espresso un parere favorevole univoco. Queste nuove linee guida sono un passo avanti importante e rispettano pienamente il senso della legge 194, che è e resta una norma di civiltà nel nostro Paese”.

Il parere degli esperti del Css indica che l’aborto farmacologico potrà essere praticato fino a 63 giorni di gestazione superando la limitazione di sette settimane in vigore fino ad ora, potrà essere somministrato sia in consultorio che in ambulatorio e la donna dopo mezz’ora potrà tornare a casa. Ora si attende una piccola verifica da parte dell’Aifa, l’Agenzia Italiana del Farmaco.

L’ultimo rapporto sulla legge 194 del ministero della Salute riporta che in Italia continuano a diminuire gli aborti e il numero delle interruzioni volontarie di gravidanza (Ivg) è più che dimezzato rispetto ai 234.801 casi del 1983, anno in cui si è riscontrato il valore più alto.

L’aumento dell’uso della contraccezione d’emergenza ha inciso positivamente sulla riduzione. Mentre l’analisi dei dati sull’obiezione di coscienza evidenzia valori elevati per tutte le categorie professionali sanitarie, in particolare tra i ginecologi (69%). Le nuove linee guida del ministero della Salute dividono il mondo politico e la società civile.

Il Pd, il Movimento 5 Stelle e LeU parlano di “passo avanti di civiltà” e chiedono a “tutte le Regioni di adeguare le loro decisioni”.

“Abbiamo già chiesto al Ministero di avere il parere del Css. Come già detto qualche mese fa quando sollevammo il caso e scrivemmo una lettera a Speranza il fulcro, al di là delle polemiche, rimane la tutela della salute delle donne”, sottolinea Tesei.

La presidente di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni, giudica “irresponsabile trasformare l’aborto farmacologico in una pratica casalinga ‘fai da te'”, mentre per il senatore della Lega Simone Pillon, “il ministro sta mettendo a rischio la salute delle donne per ragioni ideologiche”.

“Le nuove linee guida sulla Ru486 aggirano la legge 194 sull’aborto”, sottolinea Scienza & Vita, l’associazione di bioetica che fa riferimento alla Cei. Mentre per il Movimento per la Vita “la donna viene lasciata sola in una situazione non esente da rischi per la salute” e Pro Vita & Famiglia parla di “un colpo di mano di Speranza”.
“Ci sono voluti dieci anni perché l’Italia cancellasse la vergogna di linee di indirizzo stilate in aperta violazione della procedura di mutuo riconoscimento grazie alla quale la RU486 è stata introdotta nel nostro paese ignorando le indicazioni già esistenti negli altri paesi europei – sottolineano l’Associazione Coscioni e Amica – ora si applichino le linee d’indirizzo per eliminare le disuguaglianze nelle varie regioni”.

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