Abuso di antibiotici, una minaccia da fermare. “Medici ospedalieri li somministrano per paura” - QdS

Abuso di antibiotici, una minaccia da fermare. “Medici ospedalieri li somministrano per paura”

redazione

Abuso di antibiotici, una minaccia da fermare. “Medici ospedalieri li somministrano per paura”

Giuseppe Bonaccorsi  |
venerdì 07 Giugno 2024

Un team di esperti si è riunito a livello regionale per tracciare linee guida da applicare nelle strutture sanitarie dell’Isola. Il prof. Cacopardo: “Non si lavora in un clima sereno, siamo davanti a una medicina difensiva che travalica i limiti”

CATANIA – Si chiama team “Antimicrobial stewardship” e studia un insieme di pratiche per promuovere un uso prudente degli antibiotici. Il team di esperti che lo compone si riunisce periodicamente da mesi per cercare di risolvere alcuni problemi inerenti all’aumento preoccupante delle problematiche batteriche e virali soprattutto negli ospedali. Un paio di giorni fa il gruppo si è riunito a livello regionale per prendere in considerazione i risultati positivi conseguiti nella lotta ai batteri resistenti negli ospedali modenesi, grazie a una serie di interventi mirati a ridurre il consumo di farmaci.

Antibiotici, combatterne l’abuso

L’obiettivo è anche cercare di smentire nei prossimi anni l’ultima ricerca previsionale pubblicata su “Lancet” che sostiene che nel 2050 nel mondo ci saranno oltre 50 milioni di morti all’anno dovuti a un uso sbagliato di antibiotici. “La Regione sta mettendo in atto delle misure per monitorare l’uso corretto degli antibiotici e omogenizzare le pratiche su tutto il territorio regionale – spiega il dott. Giuseppe Rotondo, Infettivologo dell’Asp di Agrigento -. L’utilizzo prudente degli antibiotici è un elemento fondamentale per combattere la diffusione delle resistente nei pazienti che, se non governate, potrebbero ridurre ulteriormente l’efficacia di questi farmaci ed è importante che si faccia qualcosa anche sul territorio, con corretto utilizzo di questi farmaci attraverso le prescrizioni, ma anche con una campagna rivolta agli stessi pazienti che non devono chiedere un antibiotico quando questo non è utile”.

In Sicilia 70 accessi su 100 ai pronto soccorsi trattati con antibiotici

Dai dati che sono emersi negli ospedali dell’isola su cento accessi nei pronto soccorso settanta vengono subito trattati con antibiotici. Ma il dato che emerge con maggiore pericolosità è che mediamente il 35-40% di questi pazienti non avrebbero bisogno di trattamento antibiotico. Quindi il rischio che si corre è che i pazienti che non avrebbero bisogno di antibiotici vengono innanzitutto trattati con questo target, salvo poi, andando avanti nella diagnosi, o sospendere il trattamento o cambiare la molecola. Questa prassi, che è giustificata soprattutto dalla paura dei medici di non incappare poi in denunce penali, produce effetti deleteri che hanno a che vedere con la medicina difensiva, ma che male si sposano con quelle che sono le conseguenze alla distanza di questo approccio medico inappropriato che poi è alla base dell’aumento dei batteri resistenti nei nostri ospedali.

“Deriva proprio da questo andamento – spiega il dott. Carmelo Iacobello, direttore del dipartimento Malattie infettive del Cannizzaro di Catania – la necessità di cercare di individuare il tallone di Achille attraverso il quale potere incidere. Stiamo facendo una serie di incontri periodici per alla fine dare delle indicazioni alle nostre direzioni e tracciare linee giuda sulla terapia antibiotica empirica da somministrare negli ospedali”.

“Al momento il team – spiega il dott. Vito Cavallaro, Igienista e componente della direzione di presidio del Garibaldi centro – è mirato anche alla individuazione dei casi da batteri resistenti nei vari reparti, per poi cercare di applicare gli opportuni correttivi. Siamo – ha continuato il professionista – in una situazione che non è delle migliori. Per questo il team ha l’obiettivo di individuare quelle procedure che poi dovranno essere applicate ove possibile non soltanto negli ospedali, ma diventare anche un indirizzo per la medicina del territorio dove ancora oggi il consumo di antibiotici non appropriati è molto diffuso”.

“Il tema è molto delicato e riguarda il consumo di antibiotici quando non c’è affatto bisogno. – spiega il prof. Bruno Cacopardo, ordinario di Malattie infettive all’Università di Catania e direttore del dipantimento Malattie infettive del Garibaldi Nesima -. In ospedale c’è un approccio sbagliato che si evidenzia anche nelle Rsa. Inoltre l’uso di antibiotico, ma non è una novità, è drammaticamente imponente in veterinaria dove si parla di tonnellate di antibiotici somministrati a polli ed altri animali senza alcun motivo. Bisogna, quindi, innanzitutto, trovare una soluzione per ridurre la medicina difensiva. I medici oggi quando curano un paziente appena arrivato in ospedale si difendono somministrandogli un antibiotico che poi risulta inappropriato, perché temono che un domani ci sarà un medico legale che dirà: ‘Il paziente si sarebbe potuto salvare se fosse stato somministrato un antibiotico…’. Sta tutto qui il problema che vede il medico tirato dalla giacchetta, da un lato dalla medicina legale e dall’altro da noi infettivologi che sosteniamo che è stato un male avere curato con un antibiotico inappropriato perché così il paziente ha sviluppato una antibiotico resistenza. Il nodo quindi è che non si lavora in un clima sereno e questo apre prospettive non buone per la nostra sanità perché siamo davanti a una medicina difensiva che travalica i suoi limiti e va a danneggiare il paziente”.

Necessaria una linea guida ufficiale

Il docente e gli altri componenti del team, che comprende anche farmacologi, igienisti e altri esperti, sostiene che è arrivato il momento di avere un approccio che porti a emanare linee direttive ufficiali per contrastare questo pericoloso fenomeno: “Bisogna applicare negli ospedali una procedura che noi chiamiamo ‘Stuardship’. Dentro i reparti il geriatra, il chirurgo, l’ortopedico che si rivolgono al farmacista per ottenere l’antibiotico dovranno prima passare dall’infettivologo che deve verificare se l’utilizzo è congruo alla patologia o no. è questo secondo noi l’approccio da seguire se vogliamo ridurre questa pericolosissima piaga medica”.

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