Interviene al Quotidiano di Sicilia Alessio Quaranta, direttore generale dell’Enac e presidente di Ecac
PALERMO – Anche l’industria dei voli ha deciso: il tema della sostenibilità non è più rimandabile ed entro il 2050 le compagnie aeree hanno l’obiettivo di essere carbon neutral, ovvero abbattere le emissioni di anidride carbonica fino a zero. L’aviazione oggi è responsabile di poco meno del 3% delle emissioni di CO2 a livello globale. La maggior parte di queste, circa l’84%, sono generate durante il volo e le operazioni di terra che vedono coinvolti l’aeroporto e gli spostamenti per raggiungerlo contribuiscono per il 7%. Nell’attesa di nuove motorizzazioni alimentate da carburanti green, idrogeno ed elettrico, l’alternativa è rappresentata dai Saf, Sustainable aviation fuel.
Si tratta di carburanti che possono essere prodotti da materie prime rinnovabili non basate sul petrolio tra cui, ma non solo, la parte di rifiuti alimentari e di giardino dei rifiuti solidi urbani, biomassa legnosa, grassi/oli e altre materie prime oppure su base esclusivamente sintetica. Questi prodotti, sebbene molto diversi tra loro, hanno la caratteristica comune di non necessitare di un processo di estrazione di idrocarburi dal sottosuolo, ma di riuscire a riciclare composti organici già presenti in atmosfera o in sostanze che li hanno precedente assorbiti dall’atmosfera, come nel caso delle biomasse.
“La capacità dei Saf di ridurre le emissioni rispetto all’utilizzo del kerosene tradizionale – si legge nel report realizzato da Enac, l’Ente nazionale per l’aviazione civile – varia molto a seconda della tipologia di materia prima e del processo di trasformazione: valori tipici sono nell’intorno del 70% per biocarburanti derivanti da grassi attraverso il processo Hefa (Hydroprocessed esters and fatty acids), quello ad oggi industrialmente più diffuso, e possono raggiungere il 100% nel caso di carburanti sintetici prodotti con energia rinnovabile”. A partire dal 2019, l’Enac ha istituito un “Osservatorio Nazionale sui Saf” con lo scopo di creare un tavolo tecnico partecipato da istituzioni, quali il Ministero delle Infrastrutture e il Ministero dell’Ambiente, e gli stakeholder italiani che hanno manifestato il proprio interesse verso i Saf.
A partire dal 2022, l’Enac, in sinergia con Mit, Mase e gli stakeholder partecipanti all’Osservatorio nazionale sui Saf, si è posto l’obiettivo di definire una “Roadmap per i Saf in Italia”, focalizzando l’attenzione sullo studio di possibili policy incentivanti, con un approccio coerente rispetto al contesto definito dalla “RefuelEU Aviation”. Tutto ciò in collaborazione con il Ministero delle Infrastrutture, che si avvale del contributo del Politecnico di Torino, onde realizzare un’ipotesi di strategia condivisa. Il collo dio bottiglia di questa soluzione è rappresentato dal fatto che la produzione dei Saf è ancora nelle fasi iniziali e il costo elevato. Per capire quale sia la situazione attuale, interviene al QdS Alessio Quaranta, direttore generale dell’Enac e Presidente di Ecac (European civil aviation conference).
Direttore, qual è la situazione relativa all’utilizzo del Saf da parte delle compagnie di aviazione civili?
“La discussione sulla trasformazione digitale e ambientale non è nuova. Per il settore aereonautico, negli ultimi mesi del 2022, in ambito Icao (l’Organizzazione internazionale dell’aviazione civile, ndr) sono stati presi impegni importanti rispetto al poter arrivare al 2050 con la sterilizzazione di tutte le emissioni derivanti dal trasporto aereo. Per inciso, il trasporto aereo incide nell’emissione di Co2 nell’atmosfera meno del 3% ma ciò non vuol dire che non si debba intervenire anche perché il settore sta registrando un aumento relativo al suo sviluppo stimabile intorno al 28%. Al momento la ricerca sulle nuove motorizzazioni a idrogeno o propulsioni di tipo elettrico ha ancora molta strada da fare mentre, a terra, in Italia ci sono già diversi aeroporti che stanno sperimentando l’utilizzo dell’idrogeno sia per la movimentazione sia dei mezzi a terra sia come fornitura e centrale d’interscambio per il trasporto pubblico delle autonomie territoriali circostanti l’aeroporto, ossia il trasporto urbano prevedendo stazioni di rifornimento per i mezzi che già oggi utilizzano la propulsione a idrogeno sia per la ricarica dei mezzi ad alimentazione elettrica. Vista l’attuale impossibilità di pensare, oggi, a motorizzazioni a idrogeno o elettriche, per gli aerei la strada percorribile è quella dell’utilizzo dei Saf”.
C’è però un freno dovuto sia al costo sia alla scarsa disponibilità dei Saf…
“È vero e, proprio per questo, sia a livello europeo sia alla Cop28 di Dubai abbiamo proposto di allargare il concetto di Saf, pensando quindi di utilizzare non solo quelli di produzione sintetica ma anche quelli derivati dalle biomasse, estremamente utili per il raggiungimento degli obiettivi. È evidente che con i carburanti sintetici si potrà arrivare alla completa sterilizzazione mentre con quelli derivanti dalle biomasse si può arrivare a una sterilizzazione di circa il 70-80%, dato comunque significativo. Inoltre dobbiamo valutare il fatto che i Saf sintetici, oggi hanno un costo che varia dalle tre alle sette volte il costo del carburante attualmente utilizzato, il cherosene, mentre quelli derivanti dalle biomasse hanno costi inferiori e questo potrebbe configurare un rifornimento che preveda un mix tra quelli sintetici e quelli derivanti da biomasse”.
È necessaria una conversione delle attuali motorizzazioni?
“Le attuali motorizzazioni sono perfettamente compatibili con i Saf e quindi non c’è bisogno di alcun investimento sulla motoristica. Alla Cop28 è stato fatto volare un Airbus interamente alimentato dai Saf e la Virgin volato tra Londra e New York con un mix di Saf, la strada è quindi percorribile. In Italia, inoltre, c’è già attiva da diversi anni una sperimentazione di Eni per l’utilizzo di carburanti basati sulle biomasse destinati al settore automobilistico applicabile anche al settore avio. La stessa Eni sta investendo in alcuni paesi africani in un progetto di riconversione delle terre incolte in terreni dedicati alla produzione di questi carburanti alternativi. Alcune società, ad esempio Airbus, stanno lavorando a ritmi serrati sulle motorizzazioni alimentate a idrogeno e si ritiene che potranno essere disponibili nel 2035”.
Ma la sostituzione della motorizzazione dei velivoli da parte delle compagnie aeree potrebbe creare costi eccessivi che potrebbero far procrastinare questa scelta?
“Basandosi sulla vita media degli aeroplani, che è circa 40 anni, l’ultima produzione di motori tradizionali prevede la sostituzione dei motori dopo 25-30, quindi i tempi sarebbero compatibili e si potrebbe avviare un circuito virtuoso che potrebbe permettere l’aggiornamento della flotta senza eccessivi stress economici. Oggi l’obiettivo è quello di trovare una modalità più economica dei Saf per permettere, al più presto, la transizione”.
Da cosa derivano questi alti costi di produzione?
“La produzione dei Saf sintetici è costosa e a causa, da un lato, di un processo di produzione complesso e costoso e, dall’altro, di una ancor troppo bassa produzione per permettere l’abbattimento dei costi fissi e quindi la c.d. produzione di scala. Più ragionevole, invece, è il costo di produzione dei Saf derivati da biomasse che non è troppo dissimile da quelli di produzione del cherosene. Anche in questo caso, però, il cerchio deve essere chiuso, ossia tutti paesi devono essere in grado di produrre i Saf perché, ad esempio, un volo sulla tratta Londra-New York deve essere rifornito sia in partenza sia in ritorno. Per raggiungere questo obiettivo, però, non è sufficiente lasciare una responsabilità di natura industriale ai soggetti privati ma sarà necessario un intervento dei diversi Governi perché la fase di startup è molto costosa”.
In chiusura, qual è lo stato di salute dell’aviazione civile italiana?
“Dal punto di vista del trasporto aereo possiamo dire che il comparto gode di ottima salute. Essendo un paese a grande attrattiva turistica, già a giugno 2023, unico pese europeo, avevamo già recuperato il traffico del 2019. Non abbiamo ancora i dati di chiusura del 2023 ma alcuni indicatori ci fanno capire che supereremo ampiamente il traffico pre Covid, ossia quello del 2019. Continuiamo a soffrire di una debolezza endemica e, sia da DG sia cittadino, mi auspico che si chiuda quanto prima possibile l’accordo tra ITA e Lufthansa perché è più mai importante che si rilanci la nostra compagnia aerea”.