In questi giorni alla Camera dei deputati sono in corso le audizioni sul tema del Ponte sullo Stretto
Quanto costerà il Ponte sullo Stretto di Messina? E chi lo pagherà? Alla prima domanda ha risposto nei giorni scorsi il Documento di economia e finanza: la spesa prevista è di 14,6 miliardi di euro, comprensive delle opere di connessione a terra che valgono circa la metà. “Al momento – dice ancora il Def – non esistono coperture finanziarie disponibili a legislazione vigente; pertanto, dovranno essere individuate in legge di bilancio”. Questione rinviata dunque, ma i presidenti di Sicilia e Calabria si sono portati avanti annunciando che le due Regioni contribuiranno economicamente.
I presidenti della Regione Sicilia e Calabria
“La Regione farà la propria parte in termini di contribuzione finanziaria, siamo qui per prendere degli impegni col governo e con Rfi per lo sforzo che stanno facendo”. Sono le parole del presidente Renato Schifani al cantiere del raddoppio ferroviario della Catania-Messina, in presenza del ministro Matteo Salvini. Concetto ribadito più volte pubblicamente anche in altre occasioni. Oggi è stata la volta di Roberto Occhiuto, presidente della Regione Calabria. “Il Ponte sullo Stretto non è finanziato nel Def? Non mi sembra una notizia, si sapeva che nel Documento di economia e finanza non ci sarebbero state le risorse per questa grande infrastruttura. Si tratta di risorse da reperire in legge di bilancio e poi attraverso il confronto con l’Europa. C’è la disponibilità delle due Regioni più immediatamente interessate, la Calabria e soprattutto la Sicilia, a partecipare al finanziamento di quest’opera pubblica. Per cui, c’è sicuramente la volontà di realizzarlo, bisogna solo individuare le forme di finanziamento comunitarie e italiane. Attraverso l’Europa ci sono risorse importanti, si tratta di riprogrammarle nella direzione di investire in quest’opera strategica per il nostro Paese”.
Quali sono dunque i fondi che la Calabria, “e soprattutto la Sicilia” stando alle parole di Occhiuto, destineranno al Ponte? Non viene specificato al momento, ma l’indicazione è “riprogrammare” le risorse europee e quelle nazionali indirizzate al Sud. Parliamo del Fondo di sviluppo e coesione e del Fesr 2021-2027. Quest’ultima misura vale per la sola Sicilia 5,8 miliardi ed è stata già approvata dall’Europa, mira a “migliorare la mobilità nelle aree urbane e metropolitane, attraverso la realizzazione di un sistema infrastrutturale, digitalizzato e sostenibile, sia per il traffico passeggeri che per quello delle merci”. Risorse dunque già destinate ad opere, piccole e grandi, utili a colmare il gap economico e sociale della Sicilia.
“Pedaggi molto elevati”
In questi giorni alla Camera dei deputati sono in corso le audizioni sul tema del Ponte sullo Stretto. Tra tecnici, associazioni, rappresentanti di Rfi e Anas, a prendere la parola è stato anche Ennio Cascetta, professore ordinario di Pianificazione dei sistemi di trasporto presso l’Universitas Mercatorum di Roma, nonché membro della commissione che il governo Draghi aveva nominato per valutare quale fosse la strada migliore – se il progetto a campata unica, se quello a tre campate o se il tunnel – per la realizzazione del Ponte. Premessa: Cascetta sottolinea che l’attraversamento stabile tra Sicilia e Calabria è indubbiamente utile per lo sviluppo economico e sociale dell’isola. Ma lancia un alert proprio sull’aspetto finanziario dell’opera e in particolare sui pedaggi previsti dal progetto del 2012. “Nel nuovo decreto legge sul Ponte – dice Cascetta – si parla in maniera vaga di finanziamento pubblico, di contributo delle Regioni e di pedaggi. Chiarire questo aspetto è fondante e dirimente. Il progetto del 2012 prevedeva un meccanismo di aggiudicazione della gara in project financing, e pedaggi molto elevati sia per le ferrovie che per la parte stradale”.
L’allarme dell’esperto
Pedaggi che sarebbero incompatibili con l’obiettivo di ridurre la distanza tra la Sicilia e continente. A spiegarlo è sempre il docente: “Oggi la distanza è di 3 km, ma se guardiamo ai costi e ai tempi di attraversamento, a livello di trasporti è come se la Sicilia fosse distante 200 km dalla Calabria. Se facciamo pagare pedaggi molto alti, lasceremmo la Sicilia al centro del Mediterraneo”. Tradotto: il vantaggio derivante dall’accorciamento dei tempi di percorrenza si perderebbe a causa dei costi da affrontare. Ecco perché, lancia l’allarme l’esperto, “l’aspetto finanziario è da rivalutare in questa fase. Una politica tariffaria che copre solo i costi di manutenzione – sottolinea – è compatibile con l’obiettivo, se invece i pedaggi dovranno coprire buona parte dei costi di investimento, l’obiettivo prefissato rimarrà lontano”.