Anno nuovo problemi vecchi - QdS

Anno nuovo problemi vecchi

Carlo Alberto Tregua

Anno nuovo problemi vecchi

mercoledì 03 Gennaio 2024

Guerre, debito, inefficienze

Come tutti sanno, il calendario è una convenzione, come l’orario, come gli indici di misurazione e tanti altri parametri che l’umanità nel corso dei secoli ha inventato per regolarsi.
A causa del cambiamento dei fusi orari, il capodanno non avviene nello stesso momento in ogni parte del Globo, ma è differenziato.

Perché vi parliamo di queste convenzioni? Perché ci sembra che ad esse venga data eccessiva importanza, come se il Sole sorgesse per la prima volta il primo gennaio, dopo essere tramontato per l’ultima volta il precedente 31 dicembre.
Insomma, l’umanità si crea illusioni di convenzione in convenzione, ma i problemi irrisolti dell’anno precedente rimangono, nonostante i buoni propositi.

Anno nuovo, problemi vecchi, con la conseguenza che si nutrono speranze, e forse utopie, che via via si giungerà a qualche conclusione positiva. Bisogna però restare con i piedi a terra perché l’esistenza delle persone, le loro differenze, i loro interessi comportano il nascere di crisi, guerre e situazioni problematiche, nonostante la diversità possa essere fonte di ricchezza se ben utilizzata.

Le guerre, le maledette guerre. Ve ne sono attive una quarantina nel mondo. Quelle che ci toccano più da vicino sono il conflitto russo-ucraino e il conflitto israelo-palestinese, perché il primo è al centro dell’Europa; il secondo è al centro del Mediterraneo. Il nostro Paese è al sud dell’Europa e al nord del Mediterraneo, quindi direttamente influenzabile dalle due guerre.

Papa Francesco, nell’ultimo dei suoi accorati appelli, ha detto una cosa ovvia: “Se non ci fossero le armi, non si potrebbero fare le guerre”. Dal che si deduce che i produttori di armi hanno tutto l’interesse che vi siano nuove guerre e che vengano alimentate quelle esistenti perché così aumentano il loro fatturato e i relativi utili. E perché si alimenti quest’attività guerrafondaia, utilizzano tutti i mezzi e i centri di potere per fare scoppiare i diverbi e le controversie.

Tuttavia, dobbiamo restare con i piedi a terra perché da che esiste l’umanità esistono le guerre. Occorre adoperare buonsenso e l’Etica immortale al fine di evitare l’insorgere dei conflitti.
Il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, ha detto una sacrosanta verità, maneggiando conti di ogni tipo: il problema dell’Italia non è il Mes, non è il Pnrr, ma il Debito. Esso è una montagna che grava sulle generazioni che nei decenni successivi dovranno pagarlo.
Male hanno fatto decine di governi ad aumentare continuamente questo maledetto debito, per accontentare questa o quella parte di popolazione, al fine di acquisire consensi.

È una storia vecchia che si continua a ripetere e che non ha fine perché non guarda oltre l’orizzonte, bensì si ferma a quello che accade oggi. Il giorno per giorno è il modo peggiore di governare.
Nonostante ciò, aver posto l’attenzione su questo macigno è un fatto importante perché così l’opinione pubblica può cominciare a ragionare in base al terzo comma dell’articolo 81 della Costituzione voluto da Mario Monti: “Ogni legge che importi nuovi o maggiori oneri provvede ai mezzi per farvi fronte”.
Invece, l’irresponsabilità generalizzata non viene punita e dà la sensazione che il merito sia inutile, il quale dovrebbe essere messo al primo posto di ogni atto che si compie.

Il terzo argomento (problema) che vogliamo affrontare, non per la prima volta, riguarda le inefficienze della macchina pubblica che ricadono sui/sulle cittadini/e e sulle imprese. Ne abbiamo più volte indicato le cause, ma rileviamo con disappunto che su di esse non viene posta l’attenzione di chi dovrebbe eliminarle, forse per malafede, interessi di parte e incapacità di risolvere le questioni.
Nelle Pubbliche amministrazioni del nostro Paese vi è una parte di personale diligente e capace e un’altra che invece non fa alcun riferimento al proprio dovere, dimenticando l’articolo 54 della Costituzione.
Per eliminare queste inefficienze occorrerebbe un ceto istituzionale, erroneamente chiamato politico, che rimettesse a posto tutti i meccanismi di funzionamento, retribuendo i tre milioni di dipendenti pubblici in base al merito e non a stupide tabelle che mettono sullo stesso piano capaci e incapaci, annullando il merito.

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