L’applicazione diretta delle norme dell’UE - QdS

L’applicazione diretta delle norme dell’UE

redazione

L’applicazione diretta delle norme dell’UE

Giovanni Cattarino  |
giovedì 28 Aprile 2022

Se una norma italiana contrasta con una norma dell’Ue che può essere applicata direttamente al caso concreto, il giudice dovrà applicare la norma europea

Se una norma italiana contrasta con una norma dell’Unione europea che può essere applicata direttamente al caso concreto, il giudice dovrà applicare la norma europea, senza dover rimandare la norma italiana alla Corte costituzionale perché ne dichiari l’incostituzionalità, per violazione dell’art. 117, primo comma, Cost. (che vincola il legislatore italiano al rispetto delle leggi europee). L’applicabilità immediata delle norme europee recanti un comando chiaro e incondizionato, affermata dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea e accolta anche nel nostro ordinamento, è ribadita dalla Corte costituzionale nella sent. n. 67 del 2022 (consultabile all’indirizzo www.cortecostituzionale.it).

Ma vediamo il caso portato all’attenzione della Corte costituzionale. Due cittadini extracomunitari risiedenti in Italia si erano rivolti al giudice perché l’Inps, aveva negato loro l’assegno per il nucleo familiare (d’ora in poi Anf), per il tempo in cui il coniuge e i figli erano rientrati nei Paesi d’origine. L’Istituto aveva applicato l’ art. 2, comma 6 bis del d.l. n. 69 del 1988, convertito nella legge n. 153 del 1988, recante disciplina degli Anf, che nega ai cittadini extra-comunitari l’assegno nel caso in cui il coniuge e i figli “non abbiano la residenza nel territorio della Repubblica”. Il requisito della residenza nello Stato non è invece prescritto per i componenti i nuclei familiari italiani. I giudici di primo grado e d’appello ai quali si erano rivolti i due lavoratori avevano rilevato il contrasto tra la norma interna e due direttive europee, la 2003/109/CE/ e la 2011/98/UE. Queste ultime infatti vietano agli Stati membri dell’Unione di trattare i lavoratori dei Paesi non appartenenti all’Unione diversamente dai propri nazionali per quanto riguarda le prestazioni sociali. Ritenendo che entrambe le direttive ponessero un obbligo chiaro, preciso e incondizionato di non discriminazione, i giudici hanno riconosciuto loro il c.d. “effetto diretto” e hanno imposto all’Inps la corresponsione degli Anf, anche per i periodi di assenza dei famigliari dall’Italia.

La Corte di Giustizia dell’Unione Europea alla quale la Cassazione aveva chiesto di accertare la conformità della disciplina dell’Anf con le direttive succitate, dichiarava che esse vanno interpretate come recanti un divieto per gli Stati membri di adottare in materia di prestazioni sociali, tra cui rientra la misura relativa all’Anf, norme che richiedano ai soli cittadini extra-comunitari la residenza del coniuge e dei familiari sul territorio statale, quale condizione per ottenere tali prestazioni. La Corte costituzionale, chiamata in causa dalla Cassazione perché dichiarasse l’incostituzionalità della norma applicata dall’Inps ha invece ritenuto che correttamente i giudici di merito, in presenza di una norma italiana confliggente con una norma euro-unitaria recante un obbligo incondizionato (“non discriminare i lavoratori extra- comunitari” ) avevano “disapplicato” la prima a vantaggio della norma euro-unitaria (senza “scomodare” la Corte !).

È proprio il principio del “primato” del diritto dell’UE che impone ai giudici di farne, ogniqualvolta sia possibile, un’applicazione diretta, senza dover attendere la previa rimozione della disposizione nazionale contrastante per via legislativa o attraverso il controllo di costituzionalità.

Giovanni Cattarino
già Consigliere della Corte costituzionale e Capo Ufficio Stampa

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