Approvata l'insularità in Costituzione, così "gli isolani diventano cittadini uguali” - QdS

Approvata l’insularità in Costituzione, così “gli isolani diventano cittadini uguali”

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Approvata l’insularità in Costituzione, così “gli isolani diventano cittadini uguali”

Antonio Leo  |
domenica 04 Settembre 2022

Un riconoscimento storico che va applicato subito. Ecco come, secondo Francesco Del Deo, sindaco di Forio e presidente dell’Associazione nazionale comuni isole minori (Ancim)

Dopo un lungo iter burocratico, con l’ultimo voto alla Camera del 28 luglio scorso, la riforma costituzionale dell’articolo 119 è diventata realtà e, con essa, il riconoscimento delle peculiarità delle isole e degli svantaggi derivanti dalla condizione di insularità.

Una norma, questa, che non riguarda soltanto Sicilia, Sardegna e gli arcipelaghi limitrofi, ma decine di territori sparsi lungo lo stivale in aree marittime, lacustri e fluviali.

Un’importante “fetta” di paese che, adesso, attende i fatti, ovvero misure concrete che rendano effettivi i nuovi dettami costituzionali. La prima occasione potrebbe essere rappresentata dalla prossima legge di bilancio, atto fondamentale del futuro esecutivo.

“Si tratta di un riconoscimento storico – commenta al QdS Francesco Del Deo, sindaco di Forio e presidente dell’Associazione nazionale comuni isole minori (Ancim)- perché finalmente le isole entrano nella nostra Costituzione, con le loro peculiarità e i loro svantaggi.

Un tema di cui si è iniziato a parlare negli ultimi anni, perché storicamente il Parlamento ha legiferato per il paese Italia, senza considerare la necessità di una legislazione ad hoc per le isole. In Spagna, Grecia e nei paesi scandinavi le isole sono una fonte di ricchezza economica e culturale, cosa sempre dimenticata dal nostro Parlamento. I governi che verranno, dunque, dovranno tenere in considerazione questa norma, da parte nostra ci faremo valere. Non vogliamo assistenzialismo, chiediamo di essere messi alla pari dei cittadini della terraferma”.

L’obiettivo è recuperare quel “gap di cittadinanza” che vede oggi gli isolani d’Italia cittadini di “serie B” in tutti i principali indicatori economici e sociali: dal Pil alla sanità, dai trasporti al lavoro. Si tratta di un numero imponente di persone: in totale 6 milioni e 576 mila suddivisi tra Sicili (4.789.826), Sardegna (1.573.089) e le quasi 80 isole minori più o meno popolate (213.093).

Un primo “indizio” del ritardo socio-economico di questi territori lo si può evincere andando a leggere i dati Eurostat sul Pil pro capite nelle isole dell’Unione europea citato all’intero del rapporto sui costi dell’insularità elaborato dalla Regione siciliana.

Nel 2018, a fronte di una media comunitaria di 31.047 euro, il Pil pro capite nelle Isole del Vecchio continente si è attestato su 22.157 euro, praticamente 10 mila euro in meno per abitante. Un valore a cui si avvicina la Sardegna (intorno a 20 mila euro), mentre in Sicilia si riesce a malapena a superare i 17 mila euro (la metà della media Ue).

Riescono a fare peggio in Europa solo Corfù, Creta e Lesbo.

Secondo l’analisi dell’Istituto Bruno Leoni, il costo dell’insularità per la Sardegna equivale a una “tassa” stimabile in circa 5.700 euro che grava sui cittadini sardi, dovuta principalmente “alla ridotta dimensione del mercato interno, alla distanza dal continente e alle difficoltà nella circolazione di merci e persone”. Una perdita di Pil pro capite annuo che la Regione siciliana, applicando l’analogo modello di calcolo, ha stimato in 2.123 euro.

Costi derivanti dunque principalmente dalla distanza col resto del Paese, che si aggravano ancor di più per le isole minori. “Per quanto riguarda i trasporti c’è il problema della continuità territoriale – spiega Del Deo -. Noi per fare 18 miglia (pari a 35 km), da residenti, paghiamo da 5,60 a 8,10 €, mentre su terraferma questo stesso percorso lo si fa con 1,50/2 €.

Senza dimenticare i disagi derivanti da eventuali ritardi aerei o simili, che fanno perdere le coincidenze con le isole. Ciò si traduce in varie ore o in una notte d’attesa se si perde l’ultimo traghetto. Disagi che, ovviamente, si moltiplicano in caso di condizioni meteo avverse.

I carburanti, poi, costano 40-50 centesimi in più al litro, e per questo chiediamo l’esenzione dalle accise per rendere effettiva la continuità territoriale”.

Ancor più drammatico il tema sanità, di cui il QdS si è occupato a lungo in questi mesi. Sono esempi inequivocabili quelli che fa il presidente di Ancim: “Solo in quattro isole ci sono dei piccoli presidi ospedalieri, spesso manca pure l’ambulatorio. All’Isola del Giglio, ad esempio, il medico di base va due volte a settimana per due ore, a Ventotene una volta a settimana per tre. Immaginate cosa succede ad Alicudi e Filicudi.

Serve, quindi, un riconoscimento economico per i medici che devono venire sui nostri territori. Lo stesso dicasi per i docenti e per chi lavora nel settore giustizia. A tal proposito segnalo che esistono tribunali solo nell’Isola d’Elba, ad Ischia e Lipari. Continuando sul tema sanità circa dieci anni fa vennero stanziati fondi per l’acquisto di elicotteri, così da poter trasferire i degenti anche in condizioni meteo critiche, ma non sono mai stati acquistati”.

“In nove casi su dieci – continua – Del Deo – chi ha un ictus su un territorio insulare muore o rimane in condizioni di inabilità per tutta la vita. Pensate al dramma per queste persone e per i familiari, ma anche agli oneri per il sistema sanitario, che deve garantire le pensioni di invalidità”.

La complessa questione, poi, ha anche un aspetto prettamente economico: “Negli appalti pubblici si indica un +25% per le isole, come riconoscimento dei costi più elevati. I costi sono più alti anche nella quotidianità, eppure abbiamo la stessa pressione fiscale della terraferma. Anzi, come gettito diamo molto di più”. Per tutte queste ragioni, dunque, l’impegno del presidente di Ancim è orientato al riconoscimento di uno statuto speciale per le isole minori:

“Cosa c’è di più speciale dei nostri territori? Lavoreremo con convinzione su questo tema. “Un riconoscimento che – conclude il sindaco di Forio – può rappresentare un investimento per il futuro. Si deve pensare a chi abita su un’isola tutto l’anno e non solo per le vacanze, bisogna dare serenità ai nostri giovani. Solo così permetteremo loro di restare sulle isole, di costruire qui attività professionali e carriere. In caso contrario assisteremo ad un inesorabile spopolamento”.

Antonio Leo

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